Non c’è santo giorno che la polemica sul Ponte dello stretto di Messina non compaia sui giornali siciliani e nazionali. È questa polemica diventata una specie di sport mattutino e quotidiano a cui i lettori sono invitati a partecipare, volenti o nolenti. In questo numero di Emigrazione partecipiamo anche noi, secondo le nostre conoscenze ed informazioni, e diciamo la nostra in piena libertà. Noi siamo contrari al Ponte per una serie di ragioni che ci sembrano dirimenti e che per comodità di lettura e necessità di spazio ne elenchiamo solo alcune alcune:

1.La spesa da affrontare ed i tempi di realizzazione dell’opera sono così lunghi che le ipotesi che si avanzano sembrano, almeno secondo come vanno le cose in Sicilia e nel nostro paese, pura fantasia: circa da 8 a 12 miliardi di vecchie lire e almeno 10 anni di tempo. Una spesa enorme, anche se affrontata, come si dice, per buona parte da privati, con tempi così lunghi di realizzo da fare correre il rischio di avere alla fine un’opera obsoleta se si tiene conto delle tecnologie sempre più avanzate nel settore dei trasporti.- Ancora, un tale impiego di denaro e di tempo non potrebbe non comportare tariffe particolarmente costose e, quindi, pesanti e gravose per le aziende siciliane. L’esempio del tunnel sottomarino della Manica tra Francia e Gran Bretagna docet. Sul piano delle convenienze economiche generali e sui costi d’uso del manufatto e di manutenzione non mi risultano studi particolari e convincenti. A me sembra reale il rischio di ritrovarci fra parecchi e parecchi anni con un Ponte bello da vedersi, costoso da usarsi e quasi inutile strumento di sviluppo.

2.Il retroterra del Ponte su cui per decenni si sono cimentati in spese ed in chiacchiere Governi, Partiti, Sindacati, Associazioni varie e via discorrendo, senza parlare della Mafia, certamente la più beneficata, e che oggi fanno della Sicilia e della Calabria le regioni meno servite per il trasporto di persone e cose. Fate mente locale alle ferrovie siciliane ancora a binario unico, alle strade statali, ai porti, a tutte le infrastrutture ed ai mezzi per il trasporto nelle due regioni e pensate alle ore necessarie per raggiungere Messina, vale a dire lo Stretto, vale a dire il Ponte. Con il ponte si accorcerà di 20 minuti circa il tempo di traghettamento tra Messina e Reggio, si pagherà un sacco di soldi di pedaggio, ma i tempi del viaggio delle merci e delle persone, a parità di condizioni di quelle odierne, sarà di un risparmio pari si e no a mezz’ora su non meno di quattro cinque ore e più per chi viene da Ragusa o da Trapani. Un risparmio di tempo ridicolo ed il tutto fra dieci anni e a suon di diecine di miliardi: vale la pena? Il punto vero della questione non è il Ponte ed il traghettamento dello stretto, ma la rete delle infrastrutture dei trasporti in Sicilia ed in Calabria.- E questo sì è necessaria ed urgente.

3.Gli ottimisti parlano ed auspicano interventi massicci per risolvere il problema delle infrastrutture del trasporto in Sicilia ed in Calabra, pensano ad interventi paralleli e si spingono a sostenere che negli anni di costruzione del Ponte si possa intervenire almeno su strade e ferrovie. A fine percorso si potranno avere il Ponte, le autostrade perfette e le ferrovie almeno con il doppio binario.- Tanto, si dice, la spesa per il ponte graverà soprattutto sui privati e quella per le infrastrutture sullo stato. Io ritengo che questi sono oltre che ottimisti anche sognatori. In modo più realistico la ipotesi che si può fare è quella della viabilità stradale e ferroviaria e con gli attuali chiari di luna finanziari questo sarebbe il massimo. Mobilitarsi almeno su questa scelta significherebbe dare concretezza ad un programma realizzabile in tempi medi, coinvolgere le comunità locali, creare occupazione diffusa, sostenere in concreto l’economia.

4.Per la realizzazione del ponte, tanto per finire, ci sono problemi assai dispendiosi di riassetto del territorio, di economia locale, di trasferimento di famiglie e di consenso civile. A prescindere dalle riserve negative – assai difficili da superare – dei Verdi, della Sinistra, delle Università e dei tanti pareri contrari di studiosi e tecnici di fama locali e non, si pensi allo sfollamento del territorio assai popolato delle zone necessarie per costruire i pilastri, al costo economico politico e sociale di un tale trasferimento di gente che dovrà avvenire da subito per avviare i cantieri, alle attività economiche locali da eliminare e da ricompensare, ai terreni e fabbricati da espropriare. Si tratta di costi economici e sociali che avranno bisogno di tempi burocratici e finanziari certamente lunghi per essere soddisfatti. Non credo sia possibile risolverli in tempi brevi e a pronta cassa.

5.Ultimo argomento. Una attività di tale natura che si protrarrà nel tempo per anni sommuoverà attività, interessi, lavori e quindi appalti, finanziamenti, compensi: pensate alla goduria della mafia e della ‘ndrangheta che già si stanno muovendo per mobilitare consensi, per gli appalti, per i finanziamenti. Non credo debba spendere molte parole per dare l’idea dell’interesse mafioso per una opera di tanta spesa. E non credo – mi si perdoni il cattivo pensiero – che siano molti ad essere interessati ad evitare infiltrazioni criminali. Questi sono solo cinque motivi per suscitare perplessità, specie in un momento di difficoltà economiche per il Paese e per la Comunità Europea. Noi ci rendiamo perfettamente conto del valore dell’opera, la riteniamo tuttavia impraticabile oggi come oggi impraticabile. Sull’argomento avremo occasione di ulteriori interventi.