Il 25 ed il 26 giugno si è votato in Sicilia per la terza volta in pochi mesi, dopo politiche e regionali, per il referendum confermativo della legge che modificava 51 articoli della nostra attuale Costituzione. Hanno vinto i No con il 61% contro il 38% dei Si, e la riforma costituzionale voluta dal centrodestra è stata messa in soffitta. La partecipazione al voto, contro ogni previsione dettata anche dal periodo estivo e dal caldo torrido, è stata massiccia – il 53% in Italia ed il 44% in Sicilia, dove peraltro i Sì hanno raggiunto la ragguardevole quota del 70% dei votanti – nonostante il quorum non fosse necessario. Era da 11 anni che un referendum non superava la quota del 50% di aventi diritto al voto.

Questi risultati, e quelli siciliani in particolare, con queste percentuali hanno sorpreso non pochi tra i fautori del No. Perché la sorpresa? Proverò a spiegarla.

Prima considerazione: i partiti del centro sinistra non hanno fatto campagna elettorale. A Palermo, per esempio, la campagna è stata chiusa con grande spiegamento di leaders, ma in realtà non era mai stata aperta.

Seconda considerazione: l’informazione televisiva era tutta sbilanciata sugli aspetti più accattivanti della riforma costituzionale, come la riduzione del numero dei parlamentari, e poco attenta alle ragioni del No con tutte le sue sfumature.

Terza considerazione: di fronte al brutto esordio del governo Prodi con quella fraccata di ministri e sottosegretari i cittadini ed i media avevano abbondantemente storto la faccia e potevano essere tentati di mandare un pesante messaggio al governo, tanto più che c’era chi, come Berlusconi, lo invocava. Evidentemente queste considerazioni, anche se sono state fatte dagli elettori, non hanno inciso sul loro voto. Bene, ne siamo felici. Siamo di fronte ad una corroborante vittoria elettorale che obbiettivamente rafforza il governo e gli offre un terreno alto per far partire il confronto con l’opposizione, che rischia sempre più di sgretolarsi. Si è trattato di una vittoria insperata. Che deve indurre il centrosinistra a qualche riflessione e suscitare un nuovo impegno sui temi delle riforme.

La prima riflessione è che bisognerebbe finirla con un vezzo abbastanza diffuso a sinistra, ma da qualche tempo anche a destra, di giudicare gli elettori talvolta come consapevoli dei loro interessi più veri, talaltra come “incoscienti”.

La seconda considerazione è che la televisione non è un Moloc assoluto e che è troppo facile scaricare sul pur potente, ma contraddittorio, mondo dei media, le nostre insufficienze, che talora sono non solo e non tanto di comunicazione del contenuto, ma insufficienze del contenuto stesso.

La terza considerazione è che gli italiani non sono disponibili ai messaggi trasversali. Non la mandano a dire, se è il caso la dicono. L’appello di Berlusconi di votare sì al referendum per votare no al governo Prodi non è stato accolto dai suoi elettori. Ma, d’altra parte, vorrei osservare che anche la sconfitta, questa volta della sinistra, al referendum sulla fecondazione assistita per il mancato raggiungimento del quorum, non è un caso ma una vera e propria scelta degli elettori, che anche in quel caso non l’hanno mandata a dire, ma l’hanno detto con chiarezza che quella materia per la sua delicatezza, novità e complessità, non poteva essere strumentalizzata dai laicisti e dagli integralisti di tutti i tempi e non poteva essere risolta che dal Parlamento.

 

Per concludere: gli Italiani sono adulti, il governo e le forze politiche sia di maggioranza che di opposizione sapranno esserlo? Ci aspettiamo, e si aspettano in particolare gli italiani all’estero, dove, tranne che in Europa, vince il Sì con un buon 52%, un rilancio delle riforme istituzionali per farle senza inutili e ridondanti commissioni che già negli anni scorsi sono state istituite, hanno lavorato, e si sono sciolte: Il lavoro preparatorio insomma è fatto, ora ci vuole la volontà politica. Anche per conquistare parte di quel 38% di elettori che hanno votato Sì più per sfiducia nella capacità della politica di fare le riforme, e di farle condivise. Un terreno sul quale il Governo Prodi troverà un banco di prova in Parlamento e nel Paese per estendere i margini della sua asfittica maggioranza.
Veduta aerea di Cefalù.