Il 28 maggio i siciliani hanno votato per eleggere il presidente della Regione e per rinnovare l’Assemblea Regionale Siciliana. Alla carica di Presidente della regione erano candidati in tre: il Presidente uscente Salvatore Cuffaro, sostenuto da cinque liste (del Presidente, F.I., AN, MPA, UDC), Rita Borsellino sostenuta da quattro liste (DS, Per Rita, Margherita, Uniti per la Sicilia; la lista per Rita conteneva oltre ad un gruppo di indipendenti che si richiamano alla Borsellino anche l’UDEUR Siciliana che non ha trovato posto nella lista Uniti per la Sicilia. Quest’ultima era formata dallo SDI, Verdi, RC e dal PDCI che si sono uniti per superare lo sbarramento del 5% previsto dall’ultima legge elettorale siciliana), Nello Musumeci sostento dall’unica lista che si rifà al suo movimento autonomista di destra AS.

Infatti Musumici è uscito da AN, già alle politiche si è presentato con una lista che ha raccolto quasi quarantamila voti ed è stata quindi determinante per la sconfitta del centro destra in Italia e per l’assegnazione del premio di maggioranza alla Camera all’Unione. Ha vinto Salvatore Cuffaro con il 53% dei voti, la Borsellino ha raccolto il 42% mentre Musumeci, che questa volta non è stato determinante come per le politiche, ha raccolto quasi il 5% dei consensi. Complessivamente il consenso di Cuffaro si è ridotto rispetto a 5 anni fa del 4% circa, mentre la Borsellino ha migliorato il risultato che allora ha realizzato Leoluca Orlando del 4%. Per ciò che riguarda le liste, il CD mantiene una forza attorno al 56% con risultati differenti al suo interno: l’Aquilone (Lista del presidente supera il 5%) l’MPA ottiene un buon successo, tiene AN, flette l’UDC che risente della scissione dell’MPA di lombardo, crolla FI.

Nel centro sinistra è deludente il risultato della Lista per Rita che non raggiunge il 5% e resta esclusa dall’ARS. Evidentemente questa lista non è riuscita a catalizzare su di se la simpatia degli elettori verso il candidato Presidente. Deludente anche il risultato della lista Uniti per la Sicilia che non realizza la somma dei voti che RC, PDCI, Verdi e SDI aveva ottenuto alle politiche, supera di poco il 5% e cioè poco più di quanto aveva ottenuto la sola RC. Un discreto successo ottiene la Margherita, mentre più marcato è il successo dei DS che diventano il primo partito dell’Unione in Sicilia.

Nella distribuzione dei parlamentari il CD si assegna i 54 parlamentari previsti per la maggioranza, mentre il Centro Sinistra ottiene i 36 previsti per la minoranza; di questi 15 vanno alla Margherita, 15 ai DS, 5 alla lista Uniti Per la Sicilia e la Borsellino. Negli schieramenti ciascuno tenta di esaltare il risultato raggiunto cercando di mettere in secondo piano le proprie difficoltà. Così il CD mette in risalto la vittoria di Cuffaro e delle sue liste senza spiegare i motivi della consistente flessione sia di Cuffaro sia delle proprie liste soprattutto per FI che era scesa in campo con propositi bellicosi impegnando il suo leader più prestigioso a livello regionale, Gianfranco Miccichè. FI non spiega la dura flessione mentre si chiude nella polemica interna, si fa scudo della vittoria sulla Borsellino e sul Centro Sinistra. Nel Centro Sinistra, la Borsellino valorizza il suo risultato regionale mettendo in risalto il progresso nei confronti di Orlando, i DS e la Margherita evidenziano la propria avanzata e non affrontano il tema della sconfitta elettorale che assegna al Centro Sinistra per i prossimi cinque anni il ruolo di opposizione.

Tacciono coloro che a tutti i costi hanno voluto la lista per Rita ed hanno fallito l’obiettivo di portare una congrua delegazione nell’ARS. Si sentono, invece, le polemiche delle forze che hanno composto la lista Uniti per la Sicilia che attribuiscono il loro risultato ai limiti del fallimento alla legge elettorale che li ha costretti alla lista unitaria e che li ha trasformati in una compagine solo elettorale senza una caratterizzazione ideale e programmatica, che l’elettorato non ha apprezzato.

Da queste prime reazioni, il dibattito post elettorale appare povero e non all’altezza delle sfide che attendono la Sicilia. Oggi la Sicilia deve affrontare una crisi di credibilità dovuta al fallimento dei primi cinque anni di presidenza Cuffaro che malgrado gli enormi mezzi finanziari a disposizione compresa agenda 2000, non ha prodotto alcun processo di crescita dei settori produttivi, anzi in questi 5 anni, la crisi economica dell’Isola si è aggravata ed alcuni settori, esempio l’agricoltura, sono precipitati nella crisi più profonda, mentre sono ripresi i flussi migratori verso il nord e verso l’estero.
Il Banco dei Pegni, storico edificio palermitano.

Ciò è più grave perché avviene alla vigilia dell’apertura del mercato unico mediterraneo prevista per il 2010, alla quale la Regione non è preparata. Crisi di credibilità dovuta anche ai guai giudiziarii del Presidente che per la gravità dei capi d’imputazione, pesano sul buon nome della Sicilia. La Sicilia deve anche recuperare un rapporto con lo Stato che mette in discussione ogni giorno le sue prerogative attribuitegli dallo statuto dell’autonomia.

La Sicilia deve rimodernare la sua macchina burocratica e dare impulso ai suoi poteri democratici, in primo luogo agli Enti Locali che vanno forniti di mezzi adeguati. Deve recuperare la legalità rispetto all’abusivismo dilagante non solo nell’edilizia, deve liberarsi della piovra mafiosa che soffoca tutti i settori della sua vita civile e produttiva. Per questi motivi il dibattito elettorale ci è apparso al di sotto della necessità e quello post elettorale ci appare ancora meno adeguato. Il centro destra impegnato nelle manovre che precedono la formazione del Governo non appare impegnato a mettere su un programma efficace e ad impegnare l’opposizione in una proficua opposizione, in uno scontro che sia anche alla luce del sole un incontro, per aprire una fase nuova in piena discontinuità con il passato più recente.

Il centro sinistra dovrebbe risparmiarsi ogni auto celebrazione per un risultato insufficiente a vincere e a cambiare la Sicilia. Avremmo preferito una cattiva vittoria (come quella nazionale) ad una bella ed onorevole sconfitta. Va garantita una opposizione unitaria e forte a contatto con la gente, promuovendo battaglie comprensibili alla gente stessa. Il centro sinistra deve ricomporre il quadro politico unitario messo in crisi dal risultato elettorale che ha penalizzato forze storiche come quelle che stavano nella lista Uniti per la Sicilia e nella lista Borsellino. Bisognerà inventare qualche cosa, forse un tavolo unitario e permanente dell’Unione che consenta la partecipazione di tutte le forze alla elaborazione politica dell’Unione in Sicilia.

La candidatura della Borsellino è stata una risorsa importante per il centro sinistra. Rita ha dato visibilità all’unione e dignità alla campagna elettorale, si è spesa oltre le sue forze fisiche ed il risultato raggiunto premia la sua battaglia. Tuttavia è opportuno porsi alcune domande che non possono essere eluse e che non riguardano solo la candidata alla presidenza, ma tutto il centro sinistra e cioè come costruire una politica unitaria superando le divisioni accumulate. Infatti, alla candidatura “Borsellino” si è arrivati dopo le primarie in cui la stessa ha trionfato sul candidato della margherita Ferdinando Latteri, ma soprattutto alla sua proposta si è giunti dopo un gioco snervante tra i piccoli partiti, i DS e la Margherita che si è chiuso con la proposta di Rita nata tra i piccoli partiti, accettata dai DS ed alla fine da tutti dopo le primarie.

Lo strascico di queste manovre ha pesato sulla campagna elettorale come ha pesato la formazione della lista del Presidente Composta in gran parte da dissidenti dei partiti coalizzati, dall’UDEUR e da indipendenti che alla fine ha finito per non portare alcun valore aggiunto alla maggioranza ed ha impedito alla Borsellino d’intercettare in maniera più consistente il voto disgiunto di coloro che nel centro destra non gradivano la candidatura Cuffaro. La lista per Rita ha rischiato anche di spaccare la coalizione quando al suo interno ha cominciato ad aleggiare l’ombra dell’antipolitica che volle farsi forza politica per cambiare i rapporti di potere dentro la coalizione. Da questi risultati si dovrebbero trarre opportune lezioni per il futuro per portare l’Unione ad una proficua gestione del ruolo che Rita deve assolvere nell’ARS. Non solo come Rita Borsellino ma come leader di tutta l’Unione e come voce di quelle forze escluse dall’ARS. Con la speranza che non si ripetono gli stessi errori. Oggi la Sicilia vive un periodo difficile in un contesto pesante per l’Europa e soprattutto per l’Italia dato che parte da un livello più arretrato, per questo è necessaria tanta responsabilità nella maggioranza e nelle forze di opposizione.