La Fiat rappresenta per la Sicilia e i siciliani un riferimento per le aspirazioni di industrializzazione e sviluppo della Regione. Quando fù impiantata nel 1970, sulla spinta delle grandi lotte operaie del tempo che tra le principali rivendicazioni poneva lo sviluppo del Mezzogiorno, si chiamava SicilFiat, in quanto la Regione Sicilia, tramite la Sofis (l’ente di finanziamento alle industrie) deteneva il 40% delle azioni, ma la partecipazione della Regione non durò molto e si esaurì nel 1977. All’inizio con soli 350 addetti, si produceva la “500” e nel ’74 le linee montavano la “126”, quattro anni dopo entra la produzione della Panda e il numero degli addetti cresce e si attesta sopra 1.500. Il successo del modello impone il terzo turno di lavoro e a metà degli anni ‘80 i dipendenti arrivano a 3.200, senza contare l’indotto. Nel 1993 però, arriva la prima ristrutturazione con migliaia di lavoratori in cassa integrazione a zero ore che porterà a un taglio drastico dei posti di lavoro. Un’altra ristrutturazione arriva a luglio 2002 e decreta l’espulsione dalla fabbrica di 223 lavoratori, ma grazie alle lotte dei lavoratori e alla forte cassa di risonanza politica e sociale creata intorno, la Fiat di Termini è sopravvissuta ad oggi, al pesante piano di ristrutturazione presentato dalla nuova classe dirigente, che intendeva chiudere lo stabilimento. Oggi l’impianto si estende su una superficie di oltre 400 mila metri quadri, di cui 160.000 coperti, e vi lavorano 1.500 tra operai e impiegati e altri 700 fanno parte dell’indotto. Però, senza una sana e decisa politica territoriale che crei strumenti per attrarre nuovi investimenti che puntino a prospettive di sviluppo e riduzione dei costi, si rischia per l’esile e fragile apparato industriale dell’auto, una nuova drastica riduzione, che potrebbe indurre migliaia di lavoratori con le loro famiglie gettate nella disoccupazione e nella disperazione, a una nuova spinta ad emigrare. I concessionari siciliani, hanno preso coscienza di ciò, ed è proprio per questo che è stata la Sicilia a dare i natali, nel dicembre 2004, al Consorzio Servizi Auto (CSA), presieduto da Pietro Quattrocchi, responsabile commerciale delle aree sud per Fiat Auto. Il Consorzio, con sede a Catania in Via La Spezia 3, raggruppa ben 23 concessionarie del gruppo Fiat sparse per l’isola e 8 in una parte della Calabria: le due regioni serbatoio delle vendite di vetture. Dal detto “l’unione fa la forza”, i concessionari hanno deciso di mettersi insieme per meglio affrontare i problemi della categoria e rendere il marchio Fiat assolutamente competitivo. Bisogna, insomma spiega Quattrocchi, far venire fuori l’immagine della Fiat come made in Italy che rappresenta il valore aggiunto delle produzioni. Nel mese di maggio a Taormina, dirigenti Fiat e ingegneri si sono seduti attorno ad un tavolo per discutere delle nuove sfide del Consorzio: obiettivo primario è sicuramente quello di ridurre i costi, migliorare i marchi, puntare all’innovazione e allo stile. Il Consorzio, puntando su un maggiore potere contrattuale che chiaramente assume dall’unione dei vari concessionari, mira a ridurre i costi del materiale di consumo da quelli che possono sembrare più banali, ma che incidono fortemente sul bilancio, (si pensi ad esempio che si ha uno sciupio di carta pari a 70.000,00 _ circa l’anno) alle spese più rilevanti, come quelle per il trasporto delle macchine. In questo senso nasce il bisogno di migliorare la logistica; le macchine arrivano in Sicilia attraverso il treno. Il Consorzio, invece, auspica a soluzioni più veloci ed economiche, come ad esempio le autostrade del mare. Per questo sono necessari gli interporti già presenti a Termini Imerese e a Catania, ma non si esclude che in futuro siano necessarie altre strutture. Attraverso le autostrade del mare i concessionari riuscirebbero a ricevere le auto in tempi più brevi e gli interporti servirebbero anche per la fase di stoccaggio.
|
|
Senza contare che la costruzione di questi interporti e le fasi di messa a punto delle auto nel piazzale comune a tutti i concessionari (si parla di circa 6000 auto) fornirebbero nuovi posti di lavoro. Altro tema è quello della demolizione delle vecchie auto. A breve entrerà in vigore la legge 209 che stabilisce il riciclo dei pezzi delle auto demolite. Per questo il Consorzio Servizi Auto sta lavorando in coppia con il Fise, l’associazione degli autodemolitori, per assicurare tempi più brevi per la demolizione. Molti, dunque gli ambiti su cui il Consorzio intende operare e già i primi risultati sono stati raggiunti; infatti si è calcolato che solo in un anno si è riusciti ad avere un risparmio sui costi dei materiali di consumo del 15%-20% circa. | La magica macchina d’epoca “Fiat Topolino”. |