Cari Amici,

scrivo a pochi giorni dalla conclusione della campagna elettorale per il referendum “si o no” alla riforma costituzionale voluta dal passato (finalmente) governo Berlusconi e dai suoi della Casa della Libertà. Una campagna elettorale confusa e contraddittoria e tuttavia di tenace difesa della legge di riforma da parte di Forza Italia e della Lega che, pur riconoscendo l’esigenza di un ulteriore intervento correttivo a più larga maggioranza parlamentare , tuttavia si sono trincerati sull’argomento… correggere si, ma dopo l’approvazione. Cioè mai. Ma ciò che richiamo alla vostra attenzione è la dichiarazione di Bossi che apre una gravissima questione democratica e che suona pressappoco così: se non passa la legge e vincono i “no” si apre la necessità di perseguire altre strade. Una aperta minaccia di non rispetto della decisione referendaria e di secessione.

Una dichiarazione che ha suscitato vivaci proteste anche all’interno della CdL e sopratutto nell’UDC compreso Casini ed in AN con Fini. Ed è stata questa dichiarazione di Bossi a farmi riflettere su questa campagna referendaria in Sicilia, e a scrivere questa lettera. Io ho vissuto giovanissimo studente la tragedia della lotta sicilianista del dopoguerra. La passione per la nascita di uno stato siciliano, il dramma della scissione dall’Italia, il percorrere vie diverse per realizzare lo storico sogno autonomista di libertà e di autogoverno della Sicilia. Ma in quel periodo così tragico e turbolento che portò lutti, arresti, confino politico, conflitti gravi non si perse mai la speranza di una democratica soluzione del problema autonomistico siciliano. Non la perse Finocchiaro Aprile, leader dei sicilianisti, non la persero i partiti siciliani dal PCI alla DC dai Socialisti ai Liberali e si trovarono sempre soluzioni, anche politicamente sofferte, dal Commissariamento alla Commissione Statuto: ricordiamo alcuni nomi da De Gasperi a Togliatti, da Aldisio ad Alessi a Li Causi. Sono nomi e momenti di lotta e di trattativa che mi vengono in mente e che cito a casaccio solo per dire che la lotta per l’Autonomia Siciliana, per aspra per quanto possa essere stata, non perse mai il suo ancoraggio democratico.

Da qui lo Statuto Siciliano che entrò addirittura a far parte della Costituzione Italiana, la nascita del Parlamento Siciliano, l’ARS, con le sue guarentigie, i poteri autonomi del Governo Regionale Siciliano. Come questi poi siano stati amministrati e gestiti è un altro discorso e nulla toglie all’impegno politico, alle lotte ed alle decisioni prese in quegli anni ed ai risultati costituzionali ottenuti. Ultima riflessione. In questa campagna referendaria a me pare sia mancato non solo l’entusiasmo e la passione di allora, il valore della nostra locale esperienza, il riferimento storico, ma anche la passione per una ripresa del dialogo tra le forze poltiche sul valore dell’autonomia e sui suoi odierni limiti, la ripresa di un tentativo di aggiornamento dello Statuto votato dall’Ars pochi mesi fa e perdutosi per strada tra Camera e Senato nella passata legislatura.

 

Io credo che questa campagna referendaria sia stata una occasione perduta per la Sicilia.- Secondo me è stato un limite della sinistra, come lo è stato per la Borsellino e la sua Officina. Non parliamo poi di tutti i movimenti che si richiamano all’Autonomia a cominciare da quello di Lombardo che di tutto si sono occupati fuorché dello Statuto e dell’Autonomia stessa e per i quali come giudizio politico si possono ricordare i versi dell’Aretino “ di tutto disser mal fuorché di Cristo scusandosi col dir non lo conosco”. Tanti affettuosi saluti, e che Dio ce la mandi buona,

gigi vayola


Veduta di Cefalù.