Il treno dei ragazzi di Rita ha percorso tutta l’Italia in occasione della trascorsa campagna elettorale. È stata più che un’esperienza elettorale. Un’esperienza di vita, faticosa ma anche gioiosa. E adesso tanti giovani vogliono restare in campo per contare e per partecipare.

 

Non si può facilmente descrivere l’euforia dei giovani siciliani quando a novembre Rita Borsellino vinse le primarie del centro-sinistra. Un candidato da sostenere a testa alta, che incarna tutti i valori di legalità e di etica politica che, spesso invano, noi giovani nati negli anni ‘80 e cresciuti negli anni della reazione della società civile alle stragi, abbiamo cercato nella nostra classe politica. Fu dopo questi giorni di euforia che anche noi studenti di altre città d’Italia decidemmo di dare il nostro contributo, anche da lontano, per sostenere Rita. Così nacque RitaExpress, inizialmente con un po’ di scetticismo da parte di tutti: benché quel filo che continua a legarci alla Sicilia sia molto forte, non credevamo di potere creare una mobilitazione tanto grande.

I primi comitati nacquero tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio a Bologna, Pisa, Firenze e Milano. L’obiettivo finale, e per allora molto ambizioso, era riempire un treno speciale, che partendo da Milano, raccogliesse i siciliani che vivono fuori dall’isola, per portarli a votare per Rita. I lavori cominciarono con piccole iniziative come banchetti informativi e assemblee all’università. Venne creato il sito www.ritaexpress.it, per riunire tutti i comitati e fare conoscere il movimento. Arrivammo così a Pasqua, e decidemmo di incontrarci tutti in Sicilia, dove eravamo per le elezioni politiche e per le vacanze: eravamo già in tredici città. La data delle elezioni sembrava sempre più vicina, ma le proporzioni del movimento facevano serpeggiare già un certo ottimismo. E piano piano i puntini rossi che segnalavano i nuovi comitati sull’Italia rovesciata del nostro logo si moltiplicavano.

A Bologna, dove io studio, siamo arrivati a circa 500 contatti tra studenti e lavoratori siciliani. Abbiamo organizzato “aperitivi siciliani”, incontri con personalità che si occupano di antimafia, con i ragazzi del “Comitato Addiopizzo” di Palermo, proiezioni di documentari ecc. Abbiamo organizzato banchetti informativi in occasione della festa per i cento anni della CGIL, al mercato settimanale di Casalecchio (un piccolo comune alle porte di Bologna), al concerto di Carmen Consoli, oltre che, ovviamente, all’Università e nelle piazze. Uno degli aspetti più belli, sia dal punto di vista organizzativo, sia soprattutto da quello emotivo, è stato il coinvolgimento di siciliani e non, emigrati ormai da 20-30 anni ma ancora legati indissolubilmente alla loro terra. Per quanto riguarda i non siciliani, è stata sorprendente la solidarietà che abbiamo avuto da associazioni (studentesche e non), da sindacati e partiti, ma soprattutto da gente comune che ci ha dato una mano, soprattutto all’inizio, quando eravamo molto pochi.

È stato un percorso lungo e abbastanza faticoso, soprattutto perché per molti di noi si trattava della prima esperienza “politica”, ma abbiamo avuto molte soddisfazioni. La più grande probabilmente è stata, per noi di Bologna, portare sul treno ben 200 siciliani sui 1200 provenienti da tutta Italia. Siamo così arrivati, tra qualche difficoltà e molti momenti piacevoli, al giorno della partenza, il 25 maggio. Tutti i comitati che dovevano partire da Bologna (quelli di Trento, Trieste, Venezia, Padova, Ferrara, Forlì e Ancona, oltre, ovviamente a quello di Bologna) avevano appuntamento a piazza VIII agosto (nei pressi della stazione centrale) alle 16,00; la partenza del treno (proveniente da Milano) era prevista per le 17,59.

La piazza piano piano si è riempita di centinaia di ragazzi gioiosi, sicuri di stare partendo per cambiare la propria terra. Sventolano bandiere della trinacria, i famosi lenzuoli bianchi con la scritta “Rita presidente” con cui in Sicilia la gente comune ha fatto la campagna elettorale dai balconi di casa. Striscioni che ci paragonano ai Mille di Garibaldi tornati di nuovo per liberare la Sicilia, e un maestoso striscione di 30 metri con quello che è stato il nostro motto in questi mesi “Non torniamo per votare, ma votiamo per tornare”. È una delle prime cose che Rita (che ci è sempre stata vicina in questo nostro percorso) ha detto di noi. E rispecchia esattamente i nostri obiettivi. Così alle 17,15 ci muoviamo in corteo verso la stazione.

Tutta Bologna ci deve vedere, perché è importante che anche chi vive altrove capisca quanto importanti siano queste elezioni per tutti gli italiani; devono capire che queste elezioni possono rappresentare davvero una svolta. E ci muoviamo, quindi cantando “Ciuri Ciuri” e sventolando le nostre bandiere. Ma non sono bandiere politiche o di partiti. La bellezza di questo movimento è stata, infatti nella spontaneità con cui esso è nato e si è sviluppato.

È cominciato da un gruppo di amici, e così è finito: in ognuna delle città i comitati, infatti sono formati da amici che si sono trovati insieme per un obiettivo comune: contribuire a cambiare la Sicilia. Ci hanno accompagnato in questo corteo tutti quelli che ci hanno aiutato: associazioni, studenti, gente comune, giornalisti, ecc. che con noi gridavano “Rita presidente”. Infine, siamo saliti sul treno, salutati dalla banchina della stazione da tutti i nostri “accompagnatori” e accolti gioiosamente dai ragazzi di Milano che erano già sul treno. È così cominciato il nostro viaggio; in realtà la partenza è stata la conclusione di un progetto, quello dei comitati di fuorisede con l’obiettivo di raccogliere persone che tornassero a votare; ha rappresentato, però anche l’inizio del ben più impegnativo lavoro in Sicilia. Il treno si è riempito durante tutta la notte, e ad ogni stazione i nuovi arrivati sono stati accolti con canti gioiosi.

Nelle prime ore della mattina abbiamo percorso la Calabria, che per noi siciliani che tornano a casa rappresenta l’inizio di un paesaggio più familiare: dai finestrini si cominciano a vedere il mare, le piante di fichi d’India e tutti quegli elementi che ricordano le campagne siciliane. Infine siamo giunti a Villa San Giovanni. Lì doveva venirci a prendere Rita, per fare il viaggio in traghetto con noi. L’abbiamo preceduta. Appena scesi dal treno, nuovamente in corteo siamo arrivati al porto con i nostri striscioni e i nostri canti per abbracciare tutti insieme la nostra candidata che scendeva dal traghetto appena arrivato da Messina. Il viaggio sul traghetto coronato dal nostro enorme striscione “Non torniamo per votare, ma votiamo per tornare”, e poi quello per tutte le stazioni della Sicilia (il treno si è diviso, metà per Palermo, metà per Siracusa) sono stati una grande, lunghissima festa. Ad ogni stazione i ragazzi che scendevano erano accolti dai comitati locali.

Io, infine, sono arrivata a Palermo. Anche lì insieme al caldo sole e all’afa della nostra terra ci hanno accolto i Comitati per Rita. Anche lì siamo usciti, fino alla piazza antistante la stazione, con i nostri striscioni, gioiosi per avere finalmente concluso il nostro viaggio. In realtà per la conclusione dovevamo aspettare la sera. Sia a Catania che a Palermo, con un impegno tale da rasentare l’ubiquità, Rita ha deciso di concludere le feste di chiusura di campagna elettorale con noi di Ritaexpress. A Palermo siamo saliti sul palco subito prima di lei per raccontare la nostra esperienza, poi lei ci ha raggiunto, e con noi ha voluto tenere il suo discorso conclusivo. A quel punto noi pensavamo che fosse davvero finita. In realtà non era così.

È stato abbastanza spontaneo ritrovarci tutti il pomeriggio di lunedì 29 maggio alla sede dei Comitati per Rita, a Palermo (così come nel resto della Sicilia), in una traversa di via dei Cantieri, per aspettare col fiato sospeso, un risultato, purtroppo non sorprendente. Tuttavia noi, chi più chi meno, chi solo per un momento, chi per tutta la campagna elettorale, ci avevamo creduto. Avevamo pensato che la Sicilia potesse cambiare davvero. Che se noi partendo da niente eravamo riusciti a muovere persone (siciliane e non), politici, partiti, associazioni, sindacati, amministrazioni locali, università, fino a creare una organizzazione così grande, forse un cambiamento era possibile. Sul tardo pomeriggio, quando purtroppo non si sperava più in un rivolgimento del risultato, ci siamo spostati tutti alla sede dei Comitati al mercato del Capo, ad aspettare Rita, che lì avrebbe tenuto una conferenza stampa.

L’abbiamo aspettata, per darle ancora una volta il nostro abbraccio, per dimostrare, nonostante tutto il nostro affetto. E lei ha ricambiato. Verso le 20,00 ha abbandonato la diretta televisiva, per accompagnarci nuovamente alla stazione: il treno è ripartito, ci ha riportato nelle città da cui eravamo partiti pieni di fiducia. Quando è arrivata alla stazione non abbiamo potuto fare a meno di chiamarla “mamma Rita”. Sempre col suo sorriso sincero sulle labbra ci ha rassicurati: ha detto che noi in realtà abbiamo vinto, perché il movimento che abbiamo messo su è davvero senza precedenti; ha detto che non dobbiamo abbandonarla, perché questi 5 anni, in cui lei sarà all’ARS saranno importantissimi per creare un’opposizione vera, radicata sul territorio, basata sulla ricerca della trasparenza; noi abbiamo un ruolo in questo progetto, che è quello di cassa di risonanza nazionale. Dobbiamo rendere ogni cosa che accade dentro l’ARS pubblica e discussa in tutta Italia. Dopo questo commovente discorso, tra lacrime e abbracci, il treno è partito. Io non sono partita, ho deciso di rimanere qualche altro giorno a casa.

 

Ma quella partenza, nella luce del tramonto palermitano, quel treno che si allontanava nella penombra sono stati davvero toccanti. Ma noi siamo convinti che non sia ancora finita. Vogliamo che la nostra esperienza, la enorme mobilitazione che si è creata non cadano nel vuoto di una sconfitta elettorale. Stiamo lavorando perché Ritaexpress diventi qualcos’altro. Non sappiamo ancora esattamente cosa. Per discuterne sul nostro sito è stato creato un forum. Ma vogliamo essere soggetti attivi in questi cinque anni dì opposizione, e non vogliamo lasciare Rita da sola. C’è stata molta amarezza in noi il giorno della sconfitta, è inutile negarlo; ma dobbiamo essere capaci di superarla, in nome di una nuova progettualità. Personalmente ho corso il rischio di cadere nella delusione per quello che infondo era un risultato che un po’ tutti avevamo ritenuto “verosimile”. Ma penso che la delusione debba lasciare il posto alla rabbia e alla progettualità.

Nel momento in cui sono salita sul treno a Bologna, un ragazzo pugliese che l’anno scorso è stato tra gli organizzatori del treno che ha sostenuto Vendola alle elezioni regionali in Puglia, e che ci ha aiutati in questi mesi ha detto: “Io sono tornato vincitore; tornate vincitori anche voi!!!”. Nel momento in cui i risultati sono stati definitivi io ho pensato a queste parole, con molta molta tristezza, quasi con vergogna. Mi sono detta che noi non ce l’avevamo fatta, che la Sicilia non aveva voluto alzare la testa verso un cambiamento. Penso che non bisogna lasciarsi andare a queste malinconie. Il cambiamento ci può essere. Quello che è necessario è radicarsi nel territorio, fare concretamente vedere e capire alla gente quante possibilità dà un nuovo modo di fare politica. Credo che sia questo quello che Ritaexpress deve diventare.