In questa nota non vogliamo occuparci dei risultati del voto delle recenti elezioni politiche – cosa che viene fatta in altra parte del giornale – ma di alcuni aspetti della legge sul voto all’estero, di cui avevamo già parlato prima delle elezioni e che oggi vengono inevitabilmente a galla e meritano, a nostro avviso, di essere analizzati. Cominciamo dalle luci. È indubbio che essere arrivati, dopo oltre trenta anni, alla possibilità per l’emigrato di potere esercitare il proprio sacrosanto diritto di voto per eleggere propri rappresentanti nel Parlamento Italiano è una conquista di grande importanza storica e sociale oltre che politica. Ricordo perfettamente che la prima volta che ne sentii parlare fu ad un congresso della FILEF tenuto a Reggio Emilia, in una tavola rotonda alla quale presero allora parte, tra gli altri, Giuliano Paietta Responsabile dell’allora PCI per l’emigrazione, il Sottosegretario agli Esteri Fusco con delega all’emigrazione, l’On. Tremaglia responsabile all’emigrazione dell’allora MSI.

Ricordo che la maggiore preoccupazione che emerse allora, era la impossibilità di garantire la libertà del voto e la segretezza della stesso, oltre alla possibilità per tutti i partiti di potere fare la campagna elettorale. Vi erano infatti in America Latina alcune dittature che non garantivano la necessaria democraticità del voto e lo svolgimento della campagna elettorale a tutti i partiti in lizza. Le preoccupazioni di allora sono riemerse in occasione del voto per corrispondenza per il referendum e sono venute con maggiore sottolineatura fuori ora in occasione del voto politico per il rinnovo del Parlamento Italiano. Sarebbero queste alcune delle ombre, che hanno riguardato il voto all’estero, unitamente alla presenza di tre anagrafi non coincidenti tra di loro: quella dei Consolati, quella del Ministero dell’interno e quella del Ministero degli Esteri.

Sarebbe certamente meglio se l’anagrafe fosse una sola, possibilmente credibile e veritiera adeguatamente aggiornata con dati certi. Per avere un elettorato certo, a nostro parere, l’unico modo è quello di avere l’opzione al contrario ossia chiedere all’emigrato di esprimere la propria volontà di votare all’estero con apposita opzione in mancanza della quale, automaticamente è come se scegliesse di votare in Italia. In questo modo, si avrebbe una riduzione di iscritti nelle liste elettorali della circoscrizione estera, ma si avrebbe di contro la certezza di un elettorato avente diritto al voto.

Questo eliminerebbe la mancata iscrizione di parecchie persone, superando le imperfezioni delle anagrafi comunali e di quelle di altre fonti, eliminerebbe il pericolo reale di trovare iscritte persone che non hanno diritto o addirittura persone decedute che non sono state cancellate dagli elenchi per tempo. Altro problema è la segretezza del voto, a nostro parere difficile da assicurare con il voto per corrispondenza a cui l’italiano non è abituato. Anche alla luce della recente esperienza, se si pensa a quanti personaggi si sono fatti avanti per aiutare la gente a votare. Si può definire questa segretezza? Parrebbe proprio di no.

Alla luce di questa recente esperienza, complessivamente positiva per le ragioni prima dette, parecchie sono quindi le valutazioni da fare. La prima è certamente che la legge va rivista nel suo impianto, eliminando il voto per corrispondenza e, approfittando dell’elettorato certo ottenuto per opzione come prima detto, passando al voto in cabina presso seggi elettorali appositamente allestiti. Una grande riflessione, quindi a nostro avviso va aperta su questa legge per migliorarla alla luce della esperienza fatta in questa sua prima applicazione.

 

Una legge di cui Tremaglia ha preteso di essere ispiratore, e talvolta anche la sinistra ha dato avedere di credere che a lui andasse tutto il merito per averla ottenuta. Ora io non voglio certo sminuire l' impegno dell’On. Tremaglia nel portare avanti la sua ultra trentennale battaglia per i diritti degli emigrati, ma non si può nemmeno continuare a tacere sul fatto che la legge se oggi c’è è perché qualcuno ha giustamente visto che prima di tutto bisognava procedere ad una modifica costituzionale e questo qualcuno è il Presidente dell’USEF Sen. Angelo Lauricella che ha posto la propria firma sul primo disegno di legge di modifica della costituzione, unitamente alla firme, allora, dell’On. Occhetto e dell’On. D’alema. Ciò solo per amore di verità e senza nessuna polemica
Splendore dei monumenti trapanesi.