Un intreccio tra festa e teatro esiste, com'è noto, sempre e dovunque, ma è soprattutto in Sicilia durante la Settimana Santa, ch’esso si rivela con la più straripante e invasiva evidenza. A Pasqua ogni siciliano si sente, non solo spettatore, ma un attore prima dolente e poi esultante per un mistero che è la sua stessa esistenza. I rituali della Pasqua in Sicilia, lungo lo spazio temporale che va dalle Domenica delle Palme fino al Venerdì Santo e alla Domenica di Resurrezione, si presentano come una sequenza narrativa della Commemorazione religiosa cristiana ma anche come richiamo a una ritualità simbolica precristiana dove la Pasqua è la sintesi di rinnovamento, di transito, da una fase di morte della Natura (l’inverno) a una fase di vita e di risveglio (la primavera) secondo un passaggio che, già in ottica paganeggiante, si esplicitava con la morte e la rinascita della Divinità. Nei rituali durante la Settimana di Passione o Settimana Santa, si commemora il travaglio, il Calvario di Gesù, mentre la Domenica di Pasqua è un giorno di grande festa per celebrare il Cristo Risorto.

Pur nella semplicità temporale contrassegnata da pochi giorni di calendario, le manifestazioni rituali e celebrative sono complesse e articolate. La Sicilia diviene un grande palcoscenico commovente e partecipato di scenografie della gioia e del dolore: il Bene che sconfigge il Male, l’Angelo che sconfigge il Diavolo, la Vita che sconfigge la Morte. Si comincia con la Domenica delle Palme. Ci sono paesi nei quali questo momento viene ricordato con una grande processione delle antiche confraternite che con grandi foglie di palma intrecciati ad arte e rami di ulivo, stendardi e le tradizionali casacche con le effigi dei Santi Protettori accompagnano un Gesù giovinetto che fa il suo ingresso a Gerusalemme.

Come le ben 15 confraternite che animano la Settimana Santa ad Enna costituite da oltre duemila confrati incappucciati che, il Venerdì Santo, in ordine e in assoluto silenzio, precedono le Vare del Cristo Morto e dell’Addolorata, che percorreranno tutta la città. Nel corso della settimana si svolgono sia le processioni, sia le Sacre Rappresentazioni. Ogni città, ogni paese, ogni quartiere, il Venerdì Santo è in lutto. A Sortino è anche l’orario a imporre la sofferenza: la processioni, una delle più coinvolgenti della Sicilia, esce alle 4 del mattino, rischiarata da falò lungo tutta la strada.

A Palermo, in orari decisamente più umani, sfilano una mezza dozzina di piccole processioni organizzate da altrettante confraternite che trasportano il peso fisico delle vare stando letteralmente abbracciati a due a due. Il passaggio dal dolore e morte del Venerdì (pathos) al trionfo (catharsis) della Domenica di pasqua è improvviso e travolgente. Il Cristo risorto a Scicli è chiamato Omo vivo u’ Gioia, la gioia per antonomasia, il suo passaggio scatena per tutto il paese una vera e propria frenesia collettiva.

 

A Ribera si corre a precipizio per strada fra le trionfanti note della banda musicale, a San Biagio Platani, la Resurrezione viene festeggiata con la Festa degli Archi, fantasiose decorazioni ottenute con materiali esclusivamente naturali (canne, frutta, fiori, pasta) fra i quali il pane riveste un ruolo fondamentale. Lu Sugnuri di li fasci di Pietraperzia e la Festa degli Schietti di Terrasini ci offrono due diverse e in un certo senso complementari maniere di interpretare il passaggio dal dolore alla gioia in chiave vegetale. In queste cerimonie l’albero è simbolo della rigenerazione del tempo, della resurrezione della vegetazione, metafora del ritorno ciclico della primavera. A Pietraperzia all’imbrunire del Venerdì Santo, viene portato fuori dalla chiesa il grande albero, una grande asta di legno alla cui sommità, in un cerchio di ferro vengono annodate delle strisce di lino bianco, lunghe 36 m, che ogni anno i fedeli annodano per sciogliere il loro voto a Cristo. Le lunghe strisce, alcune ricamate a mano, sembrano quasi le fila tirate da una grande e muta regia teatrale, e il suggestivo cono bianco delle fasce, quasi un ballo in versione funebre pronto a girare fino a notte inoltrata allargandosi e stringendosi,


La Passione rappresentata.

per adattarsi alle vie del paese che va percorrendo. Suggestiva anche al gara di sollevamento dell’albero fra gli scapoli (schietti) di Terrasini; una vera e propria apologia della forza e dell’eros, ennesima espressione del tradizionale maschismo dei popoli mediterranei.

Molto diffuso, la Domenica, è l’incontro tra la Madonna e il Figlio Risorto, una singolare processione che si svolge in molte città. A Modica, ad esempio, si celebra la Maronna vasa vasa, Due processioni partono entrambe dalla Chiesa di Santa Maria di Betlem, una con il simulacro del "Cristo Redento", l’altra con il simulacro della Madonna Addolorata. Le due processioni percorrono le vie cittadine ma con itinerari diversi e, intorno a mezzogiorno, confluiscono in Piazza Municipio dove avviene ù ‘ncontru, l’incontro, tra la Madre e il Figlio, e la vasata (il bacio e l’abbraccio tra i due).

A Comiso avviene una celebrazione analoga chiamata "A Paci". In provincia di Caltanissetta è da ricordare anche la processione del Cristo Risorto e dei Sanpauluna di San Cataldo. Questi ultimi sono dei giganti di cartapesta raffiguranti gli undici Apostoli e sono stati inseriti nel catalogo europeo dei giganti di cartapesta e si tratta di una tradizione, anch’essa, risalente al periodo della dominazione spagnola. In alcuni riti di Pasqua compaiono le maschere della Morte e dei Demoni come, per fare solo uno dei tanti esempi, nelle celebrazioni di Prizzi. La Domenica di Resurrezione due processioni, quella con la statua dell’Addolorata e quella con Gesù Cristo si dispongono a un capo e all’altro della via principale.

Accanto a quest’ultima si trovano due angeli con la spada in mano. Ma al momento dell’incontro tra la Madonna e Cristo due diavoli che indossano tute rosse e una maschera di latta e la Morte con una tuta gialla cominciano ad agitarsi correndo da una statua all’altra. Il tentativo di impedire l’incontro tra la Madre e il Figlio è detto "abballu di li diavuli". Ad un certo punto gli Angeli colpiscono i diavoli con la spada, le forze del Male devono arrendersi a quelle del Bene, la Madre lascerà cadere il mantello nero, simbolo del suo lutto, e tutto finirà con la Resurrezione che ristabilisce l’ordine in un mondo temporaneamente sconvolto. Sebbene caricata di un’altra simbologia, ancora più evidente risulta il significato di rappresentazione dell’insorgenza del demoniaco nella maschera pasquale del "giudeo" a San Fratello.

Il Giovedì e il Venerdì precedenti la Pasqua le strade di San Fratello sembrano ripercorse dall’agitazione e dal tripudio dei giorni di carnevale. Salti, corse, rumore di catene e squilli di trombe annunciano la presenza dei "giudei" che sono contadini e pastori vestiti in un abbigliamento che vuole alludere agli uccisori di Cristo. Al di sopra del cappuccio i Giudei portano un elmetto su cui sono dipinti motivi tratti dalla simbologia cristiana o da quella popolare, come croci, pesci, cuori intrecciati, corni rossi oppure brevi frasi. Si ha una mistione di sacro e di profano che non sorprende se si riflette sul valore sacrale dell’eros nelle società arcaiche. Molti elementi del costume dei giudei denunciano chiaramente il significato demoniaco del mascheramento. Anche ad Adrano, in provincia di Catania, la Domenica di Pasqua, si effettua "La diavolata", una rappresentazione sacra d'origine medievale.

Pasqua a tavola: sotto il segno dell’ariete.

Si usa cucinare l’agnello in diverse ricette che variano da città a città, offrire e mangiare le uova che sono al centro di cosmogonie che spiegano l’origine del mondo. Secondo antiche interpretazioni l’uovo è l’immagine e il modello della Totalità (l’uovo cosmico si separa in due metà per dare origine al Cielo, albume, e alla Terra, tuorlo,) simbolo del rinnovamento della natura, illustra come nessun altro il mito della creazione periodica e si presta massimamente ad assurgere a simbolo della festa denominata un tempo “Pasqua dell’uovo”. Le pecorelle di pasta reale sono diventate un classico così come le uova colorate.

Tra le famose pecorelle siciliane di pasta di mandorle si distinguono quelle di Aragona, ripiene di pistacchio; quelle di Erice hanno invece cedrata all’interno, uniche in Sicilia, sono bidimensionali e appiattite sul fianco. Si preparano i cosiddetti pupi ccù l’ova, panierini di pasta di pane che contengono, immersi o affioranti, delle uova colorate. Le forme di questi dolci casalinghi sono tantissime e spesso curiose così come i nomi con i quali vengono indicati. Su tutti i dolciumi, su tutta la pasticceria spopola, con le sue baroccheggianti volute di zuccata, la cassata, divenuta quasi un mito e famosa in tutto il mondo.

 

La Cassata costituiva, almeno fino all’epoca in cui veniva preparata solo per Pasqua, il punto di arrivo per una completa e appagante celebrazione delle festività. Si preparano cassate di ogni forma e dimensioni tutte gonfie di ricotta addolcita, decorata e farcita di frutta candita e marmellata di albicocca, il tutto ricoperto da glassa colorata. L’origine di questa prelibatezza, la regina fra i dolci siciliani, è araba: il quas’at era una specie di zuccotto di tuma fresca dolcificato con zucchero. L’attuale cassata, la sua fisionomia e il suo gusto, si deve, a quanto pare, alle suore del Monastero di Valverde di Palermo che, intorno alla metà del 1700, modificarono, in parte, la ricetta araba, aggiungendo il pan di spagna e la glassa colorata.