IL MIO RICORDO DI PIO LA TORRE di Salvatore Augello

36 anni fa, con l’ennesimo delitto efferato, la mafia toglieva la vita al segretario regionale del PCI Pio La Torre ed il suo autista Rosario di Salvo. Era un venerdì, l’ultimo di aprile quel giorno, il 30 aprile del 1982, quando una telefonata dell’arganista mi raggiunse all’interno della miniera Gessolungo,

dove, essendo di primo turno, ero in servizio a visitare le varie lavorazioni ed i cantieri. L’arganista mi comunicò che era successo qualche cosa di grave a Palermo, pare avessero sparato ad un dirigente comunista. Mi precipitai subito all’esterno, raggiunsi gli uffici e telefonai alla federazione comunista di Caltanissetta per sapere cosa era successo. La notizia che mi diedero mi fece cascare in uno stato di confusione e di costernazione totale, avevano ucciso Pio La Torre assieme al suo accompagnatore autista Rosario Do Salvo. Mi accasciai su una sedia, mi sentivo come se avessi ricevuto una mazzata. Davanti agli occhi mi scorrevano come un film le varie vicende che mi ricordavano Pio La Torre. Al di la di quello che sapevo e che avevo letto su Pio La Torre, il suo impegno nella lotta per la tgerra alla testa del movimento dei contadini, il suo arresto, la galera, la segreteria generale della CGIL, la sua prima esperienza di segretario regionale del PCI nel 1962, quando Emanuele Macaluso venne chiamato a Roma, la sua esperienza all’ARS dal 1963 al 1971. Le battaglie in commissione antimafia, la sua proposta di legge che mirava ad aggredire i patrimoni dei mafiosi, proposta che divenne legge dopo la sua uccisione. Ma fu nell’ultimo periodo che si concentrarono i miei ricordi, che partivano dal congresso regionale del PCI tenuto a Palermo al teatro biondo nel settembre del 1981. In quella veste, dopo l’investitura ufficiale nella nuova responsabilità, continuò a viso aperto ad attaccare Vito Ciancimino, Giovanni Gioia, Salvo Lima e tanti altri politici e mafiosi di rango, puntando i suoi sforzi e quelli dell’intero partito, oltre alla mobilitazione generale dell’opinione pubblica sulla battaglia contro la base missilistica della NATO che si voleva realizzare a Comiso, cosa che alla fine si fece. I lunghi e ripetuti cortei di popolo a Comiso, i comizi, i concerti di gruppi rivoluzionari come gli Intillimani, i dibattiti per la pace, lo sforzo per tenere la Sicilia fuori da una guerra nucleare. Tutti ricordi che erano strettamente legati alla mia militanza politica, ma principalmente al dirigente che con il suo esempio seppe condurre tutto il partito in una lotta senza quartiere alla mafia, quella legata ai feudi e quella legata alle nuove strade che la malavita da tempo aveva intrapreso, senza preoccuparsi di lastricare le strade di Palermo di vittime eccellenti. Indimenticabile per me sono stati i funerali della grande vittima e del suo autista, che si tennero a Palermo in una piazza Politeama gremita di folla dove oltre centomila persone puntavano gli sguardi puntati sul palco gremito di personalità come il presidente della regione Salvo D’Acquisto, il presidente Pertini, Spadolini, Iotti, e tanti dirigenti del PCI accorsi ad onorare Pio La torre e la commemorazione che ne fece Enrico Berlinguer con accanto il giovani Luigi Colajanni che sarebbe subentrato nella carica di segretario regionale. Quello che poi seguì, fu lo sforzo non di celebrare il dirigente, ma di ricordare il battagliero dirigente che si era sforzato riuscendoci, di fare uscire dai confini della Sicilia la lotta alla mafia in un periodo di recrudescenza del fenomeno mafioso. Il ricordo commosso all’assemblea della cooperativa Unicop di cui ero presidente, riunita per approvare il bilancio, l’intervento in consiglio comunale a Serradifalco di cui ero capogruppo, il comizio unitario in piazza, le riunioni in sezione, tutta una serie di iniziative intese a proiettare in avanti, nel ricordo di un uomo come Pio La Torre la lotta e la politica del PCI nel mio piccolo. Da Allora, non si fermò il disegno criminale della mafia che continuò ad insanguinare le strade della Sicilia con il sangue di politici di ogni colore, giudici, servitori dello stato, ufficiali e dirigenti delle forze dell’ordine, giornalisti, imprenditori, familiari di pentiti, Falcone, Borsellino, e tanti altri facenti parte di una interminabile lista. Ma la legge così detta Rognoni – La Torre, cominciò a dare i suoi frutti ed ancora oggi, in un momento meno cruento, non è possibile non ricordare persone come La Torre, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, che hanno impresso un’accelerazione alla lotta alla mafia, pagando con il bene più alto: la propria vita immolata sull’altare dello Stato e della legalità. Salvatore Augello