Ius soli, come funziona la nuova legge

Cittadinanza italiana ai figli di genitori "regolari": arriva il sì della Camera. Requisiti, tempistiche, numeri e confronto con gli altri Paesi: il testo ai raggi X.

I bambini nati in Italia da genitori immigrati potranno avere la cittadinanza a prescindere da quella dei genitori, ma a determinate condizioni.
L’Italia è pronta a introdurre lo ius soli in versione soft, ossia il diritto di cittadinanza sulla base del luogo di nascita e non sulla discendenza (ius sanguinis, nda) come avvenuto finora.
Dopo l’approvazione alla Camera, il nuovo testo presentato dal Pd passa al Senato.
Un testo modificato rispetto a quello approvato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera da due emendamenti proposti da Nuovo Centrodestra e Scelta Civica.
Ma cosa cambia questa legge rispetto al passato? Eccone le novità principali, anche rispetto a ciò che accade negli altri Paesi d’Europa e del mondo.

 Il ddl è passato alla Camera con 310 sì, 66 no e 83 astenuti.

1. I requisiti: non basta la residenza legale

Il primo testo approvato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera riconosceva la cittadinanza a chi è nato in Italia da genitori stranieri in due casi: un genitore doveva essere residente legalmente in Italia da almeno cinque anni consecutivi oppure doveva esservi nato e qui resiedervi legalmente da almeno un anno prima della nascita del figlio.
Nel nuovo testo, invece, per ottenere la cittadinanza non basta la “residenza legale”, ma è necessario che almeno uno dei genitori sia in possesso (o ne abbia già fatto richiesta prima della nascita del bambino) del «permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo», per quanto riguarda i figli degli extracomunitari.


IL TEST DI CONOSCENZA DELLA LINGUA.

Riconoscimento che può essere richiesto solo da chi già possiede un permesso di soggiorno da almeno cinque anni. Inoltre la famiglia deve dimostrare di avere un reddito minimo non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, la disponibilità di alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge ed è anche necessario il superamento di un test di conoscenza della lingua italiana.
Molto discussi i criteri che, secondo alcune associazioni, “selezionerebbero” i bambini in grado di ottenere la cittadinanza in base alla capacità economica delle loro famiglie.
Ai figli dei cittadini comunitari nati in Italia, invece, ai quali non si faceva cenno nel testo approvato in Commissione, potrà essere riconosciuta la cittadinanza se la madre o il padre sono titolari del «diritto di soggiorno permanente».
L’altra condizione per ottenere la cittadinanza è la dichiarazione di volontà di un genitore da presentare al Comune di residenza del minore, a margine dell’atto di nascita.

2. I tempi: un anno per presentare la domanda

I figli di genitori stranieri che sono entrati in Italia entro il compimento dei 12 anni potranno ottenere la cittadinanza se avranno frequentato in maniera regolare «per almeno cinque anni gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale».
VIA LIBERA ENTRO SEI MESI. Gli emendamenti hanno introdotto anche una nuova condizione: che il ciclo delle scuole primarie sia superato con successo.
Se un bambino viene bocciato alle elementari dovrà aspettare per chiedere la cittadinanza. I genitori avranno un anno di tempo dall'entrata in vigore della riforma per presentare la domanda ed entro sei mesi il ministero dell’Interno dovrà dare il via libera o bocciarla per motivi di sicurezza nazionale.

3. I numeri: 127 mila stranieri in possesso dei nuovi requisiti

La riforma “salverà” anche i figli degli immigrati che hanno più di 20 anni al momento dell’approvazione della legge e che rischiavano di essere tagliati fuori.
Devono aver frequentato la scuola italiana per almeno cinque anni e chiedere la cittadinanza entro un anno dall’entrata in vigore della nuova legge.
Sono circa 127 mila gli stranieri in possesso dei nuovi requisiti.
LA POSSIBILITÀ DELLA NATURALIZZAZIONE. L’8 ottobre, poi, la Camera ha approvato una norma transitoria grazie a un emendamento presentato dalla maggioranza che introduce la possibilità della “naturalizzazione”.
I ragazzi arrivati in Italia entro i 18 anni di età potranno diventare italiani dopo sei anni di residenza regolare e dopo aver frequentato e concluso un ciclo scolastico o un percorso di istruzione e formazione professionale.
Il loro, però, non sarà un diritto acquisito, ma una “concessione”, soggetta a discrezionalità da parte dello Stato.

4. Gli altri Paesi: dal doppio ius soli allo ius sanguinis

Quello del diritto di cittadinanza è da sempre un tema molto dibattuto.
In Italia la questione fu sollevata due anni fa dall’ex ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, suscitando una valanga di polemiche ancora in corso da parte di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Fino a oggi, tra l’altro, l’Italia è stata uno dei Paesi con regole più severe, insieme alla Svizzera, dove la “naturalizzazione” è possibile solo dopo 12 anni di residenza.
Solo in Francia vige un “doppio ius soli”: la cittadinanza viene facilmente riconosciuta agli stranieri nati nel Paese se anche i genitori vi sono nati (ius soli sancito per la prima volta nel 1515), oppure può essere acquisita solo dai 18 anni in poi se si hanno genitori stranieri che però risiedono in Francia da almeno cinque anni.
In Germania la regola è lo “ius sanguinis” ma possono diventare cittadini tedeschi tutti i bambini nati da genitori extracomunitari, purché almeno uno dei due abbia un permesso di soggiorno permanente da tre anni e viva nel Paese da almeno otto.


USA, CANADA E BRASILE PIÙ SEVERI. Più morbida la Gran Bretagna: chi nasce su territorio britannico anche da un solo genitore in possesso della cittadinanza è automaticamente cittadino del Regno Unito.
La cittadinanza si acquisisce anche dopo tre anni di matrimonio con un cittadino britannico.
La tendenza europea è ben diversa da quella di altri Paesi, dove l’immigrazione è un fenomeno di portata molto superiore, come gli Stati Uniti, il Canada, ma anche il Brasile. Negli Stati Uniti, ad esempio, esiste lo “ius soli puro”: è cittadino americano chi nasce negli Usa (eccezione fatta per i figli di diplomatici stranieri) e anche chi non nasce in territorio nazionale, ma da genitori americani o di cui almeno uno è stato residente negli Stati Uniti (Luisiana Gaita)