Serra del falco, all’origine era solo uno dei tanti feudi che facevano capo alla vasta contrea di Caltanissetta, che all’epoca si estendeva in gran parte della Sicilia arrivando fino a Mussomeli, a Naro, in val di Mazara e fino a Caccamo e Gagliano. Fino al 1405,

 la contea di Caltanissetta appartenne al regio demanio fino a quando, Re Martino, in cambio di altre terre, la donava a Sancchio Roiz de Livori, che nel 1407, in cambio delle città e terre di Augusta, la passava alla famiglia Moncada, che la trasferirono nel tempo ai loro eredi. Il feudo di Serra di Falco, nel nel 1493 venne dai Mongada venduto a Nicollò Barresio, per 2.500 fiorini, con il patto di ricompra (jus luendi). In seguito, Antonino Rizono, compra dai Mongada il jus luendi e riscatta i feudi di Serra di Falco, Tarbuna e Salina faccendoseli riconoscere per se e per i suoi eredi in perpetuo. I tre feudi e quindi anche quello di Serra di Falco, tornano in possesso dei Moncada nel 1501, che a sua volta li vende a Giovanni Luigi Di settimo, tranne Serra di Falco, che invece viene venduto ad Antonino La Rocca, discendente da antica famiglia araginese e catalana.. In seguito, sempre i Moncada ne ritornano in possesso, ricomprandolo il 25 ottobre del 1600. Il 6 giugno 1617, vennero venduti ai Graffeo che comprano, anche a soddisfazione di un debito contratto dai Mongada, le baronie ed i feudi di Serra di Falco, Salcio e Grutta di l’acqua. Il 10 settembre 1937, i Graffeo, comprando dai Mongada lo Jus luedndi, entrano nel pieno possesso delle terre, senza nessun gravame da parte di nessuno. Quindi, dopo la stima relativa alla misurazione, che risultò per i tre feudi essere di aratate 71 salme 3 e tumuli 4, i Graffeo, pagata la differenza nelle mani del notaio, ottengono definitivamente il possesso della terra, del titolo di barone del diritto di giurisdizione civile e criminale. Il 6 dicembre del 1640, Donna Maria Ventimiglia e Sarzana, nonna di Francesco Graffeo e sua amministratrice, ottine la licenza populandi, dando così ufficialmente inizio al paese di Serradifalco.Il 6 maggio 1652, il nuovo paese ed il feudo con tutte le sue pertinenze ed i privilegi concessi alla baronia nella licenza populandi, venne venduta dai Graffeo al Duca Leonardo Lo Faso, il quale fece costruire il proprio palazzo nella omonima via Duca, dpve si affacciavano nove balconi ed arrivava fino in Vicolo Maida, in Via Campanella e in Piazza Madrice. Del palazzo, non si conserva quasi nulla, tranne il nome della strada, lungo la quale sorge anche il palazzo ancora in buono stato dei Baroni Piazza, i cui discendenti sono ancora viventi, anche se non abitano più a Serradaifalco. Ultimo residente in paese della famiglia dei Baroni Piazza, è sttao il Barone Gaetano, morto qualche anno fa. Poco resta anche dele vecchio centra abitato, che originariamente si sviluppò alle spalle della chiesa San Francesco, prospiciente nella omonima piazza, che attraverso veri e propri budelli, scende fino al “bastine” di Via Crucillà. Il paese in seguito, si allargò nei quartieri Purgatorio, San Giuseppe, Immacolata, “Testa di l’acqua”, calvario. Le particolari condizioni volute sia dai Graffeo che dai Lo Faso, incentivarono i contadini a scegliere il paese come loro nuova residenza, per lavorare le terre e per vivervi. Questo determino un primo interessante processo di inurbamento del vecchio feudo. Il secondo flusso si ebbe quando si cominciarono ad aprire le miniere di zolfo, vicenda che richiamò gente da seracchi paesi vicini e che determinò un aumento della popolazione, che nel 1951, superava le 11.000 unità. Nomi come Apaforte, Marici, Rabbione est ed ovest, che poi si sono estesi a quelli di Bosco, Stintone, Dragaitu, fanno parte della storia di Serradifalco, della sua popolazione, della sua gente dedita al lavoro, che brillò anche per le battaglie contro la mafia e per la democrazia. Sulla piazza di Serradifalco, infatti, nel 1936, mentre alcuni partivano per sostenere la guerra franchista, la maggioranza scese in piazza per manifestare contro la guerra di spagna. Nel 1948, grandi e cruente battaglie segnarono la resistenza dei minatori che resistevano all’entrata della mafia nelle miniere. Altrasparatorie nel 195°, quando si procedette alla occupazione dei feudi Grotta Rossa, ed altri. Agli inizi degli anni 50, così come tutti gli altri paesi della Sicilia,Serradifalco fu fatto segno ad un grosso flusso migratorio, che portò parecchia gente sia con il contratto di lavoro, che percorrendo le articolate vie della clandestinità, a passare in Francia ed in Belgio, dove prevalentemente si trasferì nei bacini minerari di La Grande Combe in Francia e del Borinage in Belgio, o presso le industrie siderurgiche di Marnaval e Metz in Fra ancia. Dove si trasferì il grosso dell’emigrazione Serradifalchese nella prima fase, senza disdegnare altre destinazioni che la Germania o gli Stati Uniti e qualche presenza si trova anche in Argentina. In seguito, si verificarono grandi spostamenti che diedero origine alla grande comunità di Toulon in Francia, per esempio, dove la maggior parte della ristorazione è in mano alla comunità di provenienza serradifalchese. Oggi, dopo la chiusura delle miniere, Serradifalco è tornato ad essere un paese prettamente agricolo, dove ancora resistono un buon numero di pensionati della miniera. (Salvatore Augello)