ricostruito e porta l'iscrizione in latino: "Divo Leoni Papae Civi Patrono Populus Ajdonensis Basilicam Hanc Restituit", secondo cui Papa Leone II fu Aidonese, C'è da ammirare, nell'architettura esterna, il portale di stile barocco, formato da un arco a tutto sesto, fiancheggiato da due mezze colonne con capitelli stile corinzio, su cui poggia un architrave con dei rilievi; in corrispondenza dei capitelli vi sono due piccole cimase con due pigne a rilievo.
Chiesa di Sant'Antonio Abate
La chiesa è posta all'ingresso orientale del paese e la tradizione vuole che in origine fosse una piccola moschea, trasformata in chiesa cristiana dai Normanni: alla presunta moschea apparterrebbero il portale a sesto acuto nella parete di mezzogiorno, oggi murato, e le piccole feritoie ai suoi lati. I contrafforti laterali che racchiudono grandi aperture murate, fanno pensare, ad un edificio con pianta a croce greca, forse ad una piccola chiesa extra-urbana di epoca bizantina, ovvero ad un edificio tardo-romanico con pianta a tre absidi ("a trifoglio"), che costituirebbe un esempio raro per la Sicilia.
Al periodo normanno appartengono invece l'abside posteriore e il portale con arco a sesto acuto, in conci alternati di arenaria e pietra bianca di Comiso. La chiesa ha subìto nei secoli vari rimaneggiamenti; di epoca cinquecentesca o seicentesca è il campanile a due ordini di monofore, sormontato da una cuspide rivestita di elementi sferici policromi di gusto moresco. Un pavimento musivo, che rappresentava San Giorgio che uccide il drago, e numerosi arredi sono stati nel tempo sottratti da furti, ma si conserva un affresco, del 1581, portato in luce dagli ultimi restauri, che rappresenta la vita e le tentazioni di Sant'Antonio: il quadro centrale rappresentante il Santo, è accompagnato da otto riquadri disposti ai due lati, dove in uno stile "fumettistico" sono rappresentati episodi della sua vita illustrati da didascalie in siciliano.
Chiesa di San Michele Arcangelo
Pare che la vecchia Chiesa dedicata a S.Michele venne edificata nel 1150 d.C. e secondo gli esperti la torre composta da archi a sesto acuto è molto simile a quella coeva di S.Maria Lo Plano. Della cinquecentesca chiesa e l'annesso convento non resta oggi che il rudere della torre campanaria, in pietra bianca squadrata, con il portale d'ingresso e due ordini asimmetrici; all'interno di un'arcata è scolpita l'effigie del Santo, in veste di guerriero. Le restanti tracce della chiesa, a tre navate, e del convento sono coperte e conglobate dalle abitazioni sovrastanti.
Il convento era circondato da una fama sinistra per essere stato nel XVI secolo sede di un tribunale segreto dell'Inquisizione.
Chiesa di San Giovanni Evangelista
La chiesa fu costruita nel 1229 dai Cavalieri templari,in seguito alla concessione di Federico II Imperatore su una costruzione realizzata precedentemente dagli stessi Templari. Con la chiesa venne concesso il mulino di Chiuppi sottano con alcune rendite e la testimonianza del precettore Fra Germano da Petragnos rilevata dal Rocco Pirri conferma che in Aidone trovavano accoglienza parecchi cavalieri provenienti dalla Terrasanta. La presenza dell'Ordine è testimoniata dagli stemmi (Cipro-Rodi) che coronano il portale e dalla ripetizione della croce di Malta. Dell'originario aspetto medievale, poco è conservato. Il portale e il campanile sono costruiti con pietra locale bianca e rossa.
Chiesa ed ex convento di San Domenico
La costruzione del complesso monumentale fu iniziata nel 1419 per volontà del beato fra Vincenzo da Pistoia,su progetto dell'architetto aidonese Vincenzo Di Luca. Il tempio fu dedicato a san Vincenzo Ferreri, come si rileva dall'iscrizione posta sulla facciata, che recita: «in questo tempio o sommo Dio sono giunto angosciato con clemente bontà accogli i voti delle mie preghiere e fondi qui sempre una copiosa benedizione per i meriti di san Vincenzo a cui fu dedicato». In questa chiesa si venerava la reliquia della spina del Signore. Il tempio è notevole per la facciata bianca a punta di diamante, che è molto rara in edifici religiosi, ma si trova soprattutto in edifici politici come Lo Seri Pinto di Sciacca, e il Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Ai lati della facciata sorgono due alti e slanciati cantonali in pietra arenaria (provenienti dalla contrada montagna), in cui si trova lo stile plateresco diffusosi dalla Catalogna nella seconda metà del Quattrocento. I cantonali culminano in un timpano ribassato, scandito da metope e triglifi. Molto bello e accurato e il portale, ai cui lati sorgono due lesene in cui si trova di nuovo lo stile plateresco.Le lesene culminano con un capitello corinzio abbellito da volti di angeli. La chiesa è a navata unica, completata da un'abside. Gli architetti quando restaurarono la chiesa dopo il terremoto del 1693, lasciarono la parete destra in pietra viva e l'altra con stucchi settecenteschi. Nell'abside si trovano poche tracce di un rosone quattrocentesco. Ai lati dell'abside sorgono due cantonali (sempre in pietra arenaria) che terminano con un capitello corinzio.
Il convento sorto a ridosso della chiesa visse per 4 secoli un'intensa vita religiosa, fino alla scomparsa dei domenicani da Aidone. Successivamente fu adibito a scuola elementare maschile fino a quanto non fu abbandonato e crollò.[12]
Chiesa e chiostro di Sant'Anna
Secondo la tradizione la chiesa era originariamente una moschea. La forma attuale risale tuttavia al XVII secolo, sebbene i muri sul lato occidentale siano probabilmente il resto di un edificio più antico. Nel 1623 fu iniziata la costruzione dell'adiacente convento di Santa Maria del Gesù da parte dei Padri osservanti e contemporaneamente la chiesa fu ingrandita ed arricchita, anche per merito di ricche elargizioni da parte di notabili locali. Nel 1660 la chiesa rinnovata venne riaperta al culto e intanto i Padri osservanti nel 1640 avevano ceduto il posto ai Padri riformati i quali dedicarono la chiesa a Santa Rosalia: nella tradizione popolare rimase tuttavia l'antica denominazione. Del convento dei Padri riformati non restano che i ruderi del chiostro, con il porticato con arcate sagomate da mattoni in cotto e poggianti su esili colonne in stile dorico.
La chiesa, ad una sola navata, presenta l'interno semplice e disadorno, ma è arricchita dall'altare centrale barocco, decorato con tarsie marmoree in bicromia, bianche e nere, e dall'altare laterale di Sant'Anna, copia del primo con una più economica decorazione pittorica. Accanto all'altare principale dedicato al nobile Joseph Savina morto il 1655 con lo stemma della sua casata imparentata con la famiglia Colonna. Accanto c'è il quadro di S.Francesco da Paola dei F.lli Vaccaro di Caltagirone. Secondo l'ipotesi di Umberto Digrazia la tela di Sant'Anna - S.Gioacchino - S.Giuseppe con la Madonna(raffigurante S.Rosalia) con il Bambino Gesù " del 1632 , posta sull'altare di Sant'Anna è un'opera di Pietro Novelli il Monrealese , con il suo autoritratto a destra. All'interno della chiesa si conservano altre tele, un'acquasantiera cinquecentesca di scuola gaginiana, e, nella sacrestia, un armadio intarsiato, opera di frà Innocenzo da Petralia. La chiesa ospita inoltre il Crocefisso in legno di frate Umile Pintorno da Petralia, del 1635, capolavoro di questo artista.
Chiesa di Maria Santissima delle Grazie
La chiesa è situata accanto a quella di Sant'Antonio Abate, all'ingresso orientale del paese; deve la sua nascita al leggendario ritrovamento nel 1618 di un'immagine della Madonna, che allatta il Bambino, dipinta su una lastra di pietra. L'icona, raffigurante la Madonna delle Grazie, secondo le recenti acquisizioni documentarie reperite da Susanna Sportaro, è assimilabile al dipinto, che il pittore Pietro Antonio Novelli (Monreale 1568+1625), padre del più famoso Pietro, detto il Monrealese, dipinse, su lastra di ardesia, per il Convento degli Agostiniani Scalzi di Caltanissetta.[13]
Conserva all'interno un altare barocco, in legno intarsiato, in cui è incastonata la teca, con l'immagine ritenuta sacra, chiusa da due sportelli su cui sono dipinte le immagini di San Leone e San Lorenzo. Su un altare laterale si ammira un pregevole dipinto che raffigura il Corteo delle Sante Vergini siciliane, datato 1642.
Chiesa di San Marco
Fuori dal centro abitato, nella zona Scalazza, in direzione del Baccarato, si trova la chiesa con l'"Ospidale" annesso, fondata nel 1140, da alcuni cavalieri templari di ritorno dalla Terrasanta. L'esterno ricorda la Commenda dei cavalieri di san Giovanni della vicina Piazza Armerina.
Convento e chiesa dei Cappuccini
Oggi sede del Museo archeologico regionale, risale ai primi decenni del "600(1612-18). Il complesso, dalle linee sobrie e chiuse, quasi severe, era dedicato a San Francesco d'Assisi.
La chiesa è a navata unica, con due cappelle sul lato sud, e conserva arredi e dipinti secenteschi. L'altare centrale, con ciborio di legno intarsiato, è sormontato da un trittico ottocentesco rappresentante al centro la Natività. Negli altarini laterali, con casserizi in legno intarsiato di marca umbro-toscana, sono conservate due statue, una delle quali, in terracotta, rappresenta la Madonna delle Grazie. Nelle cappelle sono esposti: un reliquiario a forma di croce e il busto ligneo dell'Ecce Homo, attribuito a fra' Umile da Petralia. Dalla seconda cappella si accede ad una cripta e ad un antico sottopassaggio che la tradizione vuole sia collegato, attraverso un complesso sistema di cunicoli, agli altri conventi aidonesi. Il chiostro si presenta porticato su un solo lato e da questo si accede al Museo archeologico regionale dei reperti archeologici di Morgantina. All'interno c'è un affresco a medaglione nel quale è stata ritratta S.Isabella del Portogallo la figlia di re Pietro III d'Aragona che lasciò la corona per diventare terziaria dell'Ordine Francescano.. Infine c'è una pregevole statua lignea che raffigura il santo Fra Felice da Nicosia.
Museo archeologico regionale
Il museo archeologico di Aidone è ospitato nella convento dei Cappuccini annesso all'omonima chiesa. È stato inaugurato nell'estate del 1984 e custodisce i reperti di oltre trent'anni di scavi a Morgantina, ordinati secondo criteri cronologici e tematici.
Nelle tre sale sono presenti materiali della preistoria e della protostoria della città, provenienti dal villaggio castellucciano: asce di pietra basaltica levigata, minuscoli fuseruoli e frammenti di ceramica lavorata senza l'uso del tornio, con essenziale decorazione lineare incisa. Alla successiva città sicula, della prima età del ferro, appartiene invece, la ceramica acroma in forme carenate, d'impasto rosso e marrone, che trova riscontri nella cultura di Ausonio a Lipari.
I reperti esposti appartenenti ad periodo che va dal IX alla metà del V secolo a.C. testimoniano la coesistenza delle culture sicula e greca nella cittadina: (antefisse degli edifici religiosi, “pithoi” "piumati", un'arula domestica su cui è raffigurato un cinghiale, un “kernos” a tre coppette ed il grande cratere di Eutimide, con scene di simposio e amazzonomachia, usato per banchetti pubblici).
I reperti di epoca classica ed ellenistica, fino alla distruzione della città (211 a.C.), consistono prevalentemente di terrecotte provenienti dalle necropoli e dai santuari urbani di Demetra e Persefone, tra cui diversi busti di quest'ultima, a cui si aggiungono una grande lucerna a "vernice nera" con tre beccucci ed un piatto da pesce, di provenienza forse siracusana. Il Museo
Una statua in pietra calcarea,senza testa, molto probabilmente della dea Demetra ritrovata nel santuario centrale nel 1955 ha fornito il materiale per dimostrare che la famosa AFRODITE (VENERE) del Paul Getty Museum di Malibu (USA) proviene propria da Morgantina.
Di recente in una sala sono stati collocati alcuni reperti delle Terme Nord di c.da Agnese (dedicato ad AFRODITE e/o a CIBELE) progettato dal geniale ARCHIMEDE con una volta a sesto acuto composta da tubuli in terracotta vuoti,adatti a sostenere il peso e la spinta laterale.
Nell'ex sacrestia del convento sono esposti gli oggetti d'uso comune domestico, agricolo e religioso, che offrono un quadro della vita quotidiana degli abitanti della città (oggetti d'uso comune, stoviglie da cucina, giocattoli per bambini, ninnoli femminili, attrezzi per l'agricoltura).
Biblioteca comunale
La biblioteca comunale di Aidone, è ospitata nei locali dell'ex convento dei Carmelitani, molto vicino alla Piazza Cordova; è dedicata a Gaetano Scovazzo(Aidone 1782-Palermo 1868) , Ministro del Regno delle Due Sicilie nel 1848, il quale nel 1868 legò i suoi 9600 volumi al Comune che gli aveva dato i natali perché costituisse una biblioteca a lui intestata. L'edificio che ospita la Biblioteca, in origine era un convento annesso alla chiesa della Madonna Del Carmelo; ora è occupato quasi per intero dalla Biblioteca ma fino a qualche decennio fa oltre alla biblioteca era sede delle Scuole femminile e poi della Scuola Media "F. Cordova". Oltre ai preziosi manoscritti, ai due incunaboli ed a numerose cinquecentine, conserva una divisa di C. Benso Conte di Cavour,che lo stesso aveva regalato all'amico Filippo Cordova; poi altre divise di Cordova e Scovazzo.
Nel 1934 vi si contavano oltre 15.000 volumi provenienti da varie donazioni, infatti nell'anno di fondazione l'esempio dello Scovazzo era stato subito emulato dal Reverendo Francesco Ranfaldi, che legò alla biblioteca i suoi 800 libri, tra cui si trovavano le copie manoscritte dei Capibrevi di Giovanni Luca Barberi. Vi confluirono inoltre 1500 volumi, provenienti dalle librerie dei Domenicani, dei Cappuccini e dei Padri Riformati, in seguito alla soppressione delle congregazioni e all'abbandono dei conventi; e i 1700 libri che avevano costituito la biblioteca popolare circolante fondata nel 1884 da alcuni benemeriti cittadini. Ad arricchire ancora di più la biblioteca intervennero le donazioni del Commendatore Domenico Minolfi e l'intera biblioteca privata di Filippo Cordova che era stata ereditata dal Dottore Teodoro Siebs. In tal modo essa è venuta in possesso di opere di gran pregio, oltre ai preziosi manoscritti, conserva circa trecento cinquecentine e cinque incunaboli, i più antichi dei quali risalgono al 1493; sono due opuscoli di Alberto Magno il "De duabus sapientiis et de recapitulatione omnium librorum astronomiae", in tutto 12 pagine, e il "De natura ac immortalitate animi cum commento compendioso", in tutto 81 pagine, entrambi stampati a Norimberga da Gaspare Hochfever nel 1493. Questo ricco patrimonio è stato lasciato per decenni in stato di abbandono, costretto in stanze piccole e umide; nei vari trasferimenti molti tra i volumi più antichi sono rimasti confinati in casse di legno. Solo le operazioni di recupero eseguite nei locali dell'ex Scuola Elementare Femminile, poi Scuola Media, hanno permesso finalmente di portare alla luce, sottoponendoli ai dovuti restauri, quasi tutti i volumi conservati, ma molti ormai erano stati irrimediabilmente distrutti dall'umido, le muffe e i topi. Oggi finalmente è possibile consultarli agevolmente e vi si contano oltre 30.000 volumi.(continua/3)