(Antonina Cascio) - Difficile le tappe di crisi alla mia etá. Non é che sia vecchia, niente affatto. Nemmeno che mi senta vecchia. Io ho forze per far tanto lavoro ancora! Ma , come dire? E’ difficile spiegarlo. Quello che mi risulta difficile é aspettare. Io vorrei che la gente reagisse presto alle situazioni, non ho piú tempo da perdere. Per mé é sempre questo, il presente, l’ora di mettersi al lavoro e non sopporto le limitazioni.

Quelle del corpo a dura esperienza personale inevitabili. Ma le altre, quelle della gente che non capisce, che non si muove, che non reagisce... impossibili di sopportare! Invece un periodo di crisi porta con sé durissime prove. A volte penso che ho lavorato per tanti anni inutilmente, che non ci sará nessuno che approfitti del mio lavoro. In questi giorni di crisi mondiale, di crisi italiana e di crisi dell’emigrazione italiana in Argentina, il tutto sommato alla mia crisi di salute, ho dovuto riflettere profondamente sul mio lavoro. Pochi giorni fá un medico che ancora crede che la vecchiaia non lo raggiungerà mai (ed invece ha una differenza con mé di piú di 15 anni!) mi ha chiesto perché continuare a lavorare, io, una donna che ha lavorato giá per ben 47 anni minimo, (ne ho soltanto 65 , non sono arrivata in America con Cristoforo Colombo ,come direbbe mio figlio). Mi sono offesa al primo momento. Ma riflettendoci , mettendomi nelle vesti di uno che é giá stanco e vorrebbe andare in pensione e che per altro pensa che chissá se ci arrivi, ha ragione. Ma non dal mio punto di vista. Io sento che ancora posso essere utile alla societá – specialmente a quella italo-argentina- e credo che é meglio morire in piedi, come diceva nel suo libro Alejando Casona (Los ärboles mueren de pie). E allora cosa fare? Prima di tutto andiamo al tema del per ché lavorare. Certamente quando si lavora in politica onestamente, e sopratutto alla politica dell’emigrazione, onestamente, ripeto, si cerca la proiezione verso il futuro. A chi sará utile il mio lavoro? Perdurerá? Mi sto rispondendo con grande fatica e profonda riflessione: il mio lavoro é utile. Oggi. E stato utile , ieri. Se io non lavoreró piú , visto il lavoro fatto dal Governo Berlusconi verso l’emigrazione, sopratutto verso quella di America Latina, questo oggi sparirá, con tristezza la gente ricorderá di essere italiana ma non ne parlerá piú e poco a poco sotterrerá questa idea nel profondo incoscente. Sono l’unica io a mantenere questo oggi? No, questo é un presente che tanti lottatori portiamo avanti e porteremo ancora, cercando di salvare qualcosa del vecchio e reticolato sistema Italia che cercheremo di mettere in atto al piú presto possibile. Certamente, ci sono giorni nei quali mi siedo a guardare lontano anche guardando la TV, se qualcuno segue il mio sguardo attentamente vedrá la tristezza di capire che la gente ha perso l’entusiasmo e l’interesse per Italia. Ma mi domando dopo un pezzo di paralisi- un ora, un giorno a volte- come farebbe la gente a non perdere l’interesse se io stessa mi sento tradita e distrutta dalle conseguenze di tale politica? La gente che mi é attorno, no ha lo stesso diritto che mi prendo io? Purtroppo questa sará una lunga convalescenza durante la quale poche volte intravvedremo il futuro. Ma il futuro ci sará. Essendoci un oggi, no c’é dubbio che ci sará un futuro. Cercheró, un passo alla volta, di avanzare verso questo futuro che senza dubbio saranno altri a godersi. Io nel frattempo mi godo il presente! Me lo godo perché é anche l’inizio del futuro¡.