(Antonina Cascio) - Negli ultimi tempi, è tornato di moda un’altra volta parlare delle grandi differenze che ci sono tra donne e uomini nell’esprimere i sentimenti, nell’affrontare la vita, nell’impegnarsi per raggiungere un obbiettivo. E’ vero, le differenze ci sono. Sono tanto evidenti magari dopo cent’anni di liberazione femminile, che nemmeno vale lo sforzo parlarne.

Ci sono quelle fisiche , che non cambiarono quasi per nulla e ci sono quelle “morali” o sociali, scaturite dal frutto di migliaia di anni di civilizzazione, che purtroppo non sono riuscite a modificare nulla, malgrado la citata liberazione. Allora si parla del fatto che una donna può dare di più, ha più capacità di amare, di contenere e di accogliere nel suo cuore i sentimenti adeguati alla prosecuzione di un obbiettivo sociale, affettivo, patriottico, anche politico. Anch’io, scherzando, dico certe volte che mentre una donna può parlare al cellulare, camminare dritta per strada e mangiare una caramella, tutto ad un tempo, l’uomo fa soltanto una cosa alla volta. E possiamo allora dire che data questa limitazione, un uomo non può avere due obbiettivi presenti nella stessa situazione, o allo stesso momento. Ma credo sia una maniera di giustificare le sconfitte , una dopo l’altra, delle attività politiche degli uomini, i grandi dirigenti dell’attualità italiana, all’estero e nella penisola. Credo che noi donne, pur ancora abbastanza “machistas”, cerchiamo di provare che gli uomini, poveri eroi della modernità, fanno il meglio e danno il meglio di se stessi. Negli ultimi anni ho assistito ad una sconfitta dopo l’altra come donna italiana. I nostri dirigenti in Italia, sono il riflesso scuro del gran imbroglione che si trova alla testa con giusta e chiara ragione: nessuno lo merita più di lui quel titolo. Tra i nostri politici, salvo alcune strane e limitate eccezioni, le donne brillano per la loro assenza e quelle che brillano di presenza non fanno che farci vergognare, tutte piccole star che eseguono gli ordine del grande capo. Per amare la patria, per amare un essere umano, per amare un obbiettivo e cercare di arrivarci, ci vuole una serietà, un disinteresse per se stessi che pochi esseri umani sono capaci di sentire, di provare e di esercitare. Purtroppo, non ci vuole essere donna, nè essere uomo, ci vuole essere sensibili, essere capaci di dare e di sentire e di voler il meglio per tutti, per gli altri e non soltanto per noi stessi. La esperienza mi dice che si perde il tempo e la vita inseguendo un sogno che nessun altro capisce. Il pensiero riflessivo dei miei connazionali si ferma al fatto personale. E certe volte anch’io- se mi giudico con sincera freddezza- debbo riconoscere questo limite in me. Lo vedo dalla stanchezza e dalla disillusione che mi trascina verso l’indifferenza. Sarà una logica conseguenza?