(di Antinina Cascio) - Non è frequente festeggiare il Bicentennario in paesi come i nostri paesi-mi riferisco all’Argentina e all’Italia-tanto antichi ma tanto giovani politicamente parlando. Certamente, qui in Argentina, siamo avanzati in 50 anni di storia “legale” o politica, il che non significa che siamo avanzati economicamente o culturalmente dall’Italia. Ma nemmeno significa il contrario.

Chè cosa voglio esprimere con queste parole che sembrano voler giocare con la realtà per farla meno dura? Direi che tanto l’Argentina come l’Italia sono paesi costruiti sull’altalena dei sogni e delle proposte incompiute e che dondolano da una o l’altra parte creando ogni tanto una apparente bonanza e sicurezza sociale ma tornando poco dopo alla precarietà economica, sociale, educativa, politica, insomma. Duecento, centocinquant’anni, non sono niente nella storia dell’umanità ma possono spartire la storia in due: prima e dopo...Prima dell’industralizzazione e dopo della destruzione delle ricchezze regionali e nazionali... In questa occasione del bicentennario l’Argentina si è inclinata verso la parte di un governo democratico, con tutti i suoi difetti e le sue mancanze di serietà e di giustizia, preferibile all’epoca di neoliberalismo spietato che soffre l’Italia. Cioè: io sono felice che il bicentennario ci trovi sotto il governo della Kirchner e non su quello di Menem ( e le comparazioni sulla situazione italiana le lascio a voi che del premier ne sapete più di mè). Questa “cosa”, questo successo del bicentennario mi ha colpita appena arrivata a Buenos Aires dopo un mese tra la Sicilia e Roma. Dunque, non volendo fare un cambio troppo violento da Roma a Mendoza, mi sono fermata un paio di giorni alla capitale argentina. Là ho visto i preparativi alla Avenida 9 de Julio per le feste del Bicentennario. Una lunga fila di stands uno dietro l’altro, rappresentando alle provincie di tutta l’Argentina (Mendoza ancora non c’era- a 8 giorni delle feste del 25 Maggio-tanto per far onore alla fama del suo attuale governo che potrebbe dirsi assomigli ad una Tartaruga tra le rocce nel suo andamento). Naturalmente stiamo parlando di Buenos Aires, con la sua aria di grande e cosmopolita città europea: il Teatro Colón finalmente ripulito e ristaurato, tanto bello di farmi l’impressione di vederlo per la prima volta, la bianchissima ed alta torre del Obelisco circondata di fiori e centinaia di metri di falsa ferrovia dove una antica macchina a carbone farà il suo passaggio ornamentale, tutto accompagnato di bandiere e standardi celesti e bianchi, i colori della Bandiera Nazionale. Da due giorni sono a Mendoza. Anche qui una tiepida aria di bicentennario incomincia a far tremolare le bandiere: le bandiere dei venditori ambulanti che le vendono di plastica per aderire alla macchina o per sventolare davanti alle finestre, le bandiere che con strapazzo e vernice bianca e del colore del mare, umili pittori disegnano sui muri abbandonati. Viene da ridere –o da piangere- guardando il color albiceleste della ringhiera di cemento in rovine, del ponte tra la città ed il dipartimento di Las Heras, che imbianchini inesperti, impiegati del Municipio, pitturavano oggi. I 150 anni dell’Unità d’Italia, saranno festeggiati allo stesso modo? Io spero di no, ma la realtà mi assale e mi fà intravedere i rossoverdi e bianco dei ponti, ringhiere, bandiere e bandierini distribuiti nei migliaia di municipi ed il folgore e le luci della grande capitale romana.Sommato a tutto questo, purtroppo, il vostro “Menem” col suo sorriso libidinoso guardando di traverso le ragazzine con le gonnicelle tricolori sul palcoscenico¡ Almeno da noi la presidente non ritaglierà le lunghe gonne delle ballerine folkloriche¡