(Antonina Cascio) - L’anno scorso al mio paese, Motta Camastra, la figlia di una amica di mia mamma mi raccontò che c’era stata la proposta di “cummigliare” il fiume, cioè, costruire un terrazzo di cemento sul fiume Alcantara che attraversa il paese e quanto più in alto vai, più profondo si vede, obbligando la gente a fare un gran giro per andare a certe contrade che si trovano sui monti.

 Il fiume, l’Alcantara, è uno dei più nominati della Sicilia, ha come nota turistica le sue famose gole ed ancora, nell’estate, attrae la gente fino alle sue rive e fino al complesso turistico dove si può prendere un buon gelato, ai piedi del mio stesso paese, che si affaccia al fiume . Coprire il fiume di cemento sarebbe stato un errore contro natura, rovinare il paesaggio, distruggere l’abitat di uccelli, animaletti e farfalle, anche di variegate specie di erbe, provocare una valanga nel trascorso di un violento temporale, esattamente com’è successo a paesini che sorgono sulle rive di piccoli fiumi secchi quasi tutto l’anno ma che corrono scatenati quando è stagione di piogge.L’immagine di un castello a Scaletta Zanclea, che mi accompagnò per anni all’ Ufficio Direzione della scuola dove ho preso la pensione di direttrice di scuola, mi torna alla mente da una settimana.. Un posto bello, carino, primitivo e pieno di vita, posso immaginarlo coperto di fango, immagine che mi porta alle mie esperienze di giornalista quando prima di dedicarmi alla politica dovevo coprire situazioni come questa a Mendoza, e piangere mentre entravo nelle case coperte di fango e parlavo con le donne disperate dalle perdite materiali quando no dalla vita di qualche membro della famiglia, o mentre guardavo i bambini tremando di freddo, mezzo nudi, giocando e piangendo e ridendo sul fango, con quel allegro soffio di vita tanto forte che porta i bambini a giocare in mezzo alla tragedia più terribile. In quel tempo, 30 anni fà, queste erano cose che soltanto passavano al terzo mondo ,in Sudamérica, dove si costruiva senza pesnare al futuro, senza prevvedere i disastri od il corso normale dell’acqua e del fango, coprendo canali e fiumi secchi che diventavano trappole nelle quali il potere dell’acqua si faceva notare, distruggendo tutto al suo passo dopo liberarsi, trascinando fango e pietre, persone e case, macchine e sedie, animali ed alberi, per farci capire che gli unici a soffrire in queste trappole erano le persone più umili, meno fortunate nella scelta della loro abitazione. Negoziati, brillanti furbizie dei militari ed i suoi amici, mai possibili nel primo mondo. O sì? Ancora mi domando che è successo, com’è possibile che queste cose siano successe in un paese con una cultura democratica che adesso appare come una rozza apparienza, una falsa democrazia nella quale i ricchi sono più ricchi ed i poveri ogni giorno più poveri. Ma non soltanto questo, ogni giorno i poveri aumentano; si lo sò l’immigrazione, ma anche i pensionati ed i disoccupati e fondamentalmente quelli meno fortunati. Fino a quando il popolo italiano continuerà a dare le spalle alla realtà? Fino a quando continuerà a farsi “i fatti suoi”, come ho sentito dire oggi ad un prete? Quando capirà che sono fatti di tutti?