(Antonina Cascio) - Tornando dai miei genitori quasi a mezzanotte, penso a Mantica, a Berlusconi, ai signori della Lega Nord e ad alcune ministre che ogni tanto vedo alla TV in ardita difesa del cavaliere. Certamente non potrei ripetere qua quello che penso, sarebbe una lista interminabile di parole che non si addicono ad una signora. Perciò le lascio alla vostra fantasia.

Mio padre, di 88 anni, emigrato, emigrante, italiano con tanta vita di argentino, ma sempre italiano, sempre col cuore fragile ,quasi spezzato, da quando è partito. Chi può capire perchè e di che è ammalato mio padre, se i medici lo trovano sano? Sono stanco, dice lui. Ma stanco di che? Non ha fatto mai brutta faccia al lavoro, ancora gli piace. E allora, che gli manca? Gli manca il suo paese, la sua gente, i cugini, i nipoti, i vicini, quelli che passano per strada e salutano e farebbero una chiacchierata con lui se si trovasse là. Gli mancano le vicine e le bambine che verrebbero a cercare la mamma e le farebbero sentire accompagnati. Quando vedo i miei due vecchi penso ai loro paesini a Messina, in Sicilia, dove le zie, i vecchi che conosco,se ne vanno a finire la loro vita, tornano all’infanzia, recuperano gli amici ed i vicini. Non hanno bisogno di un geriatrico, nè dei figli, bastano i vicini per avere una buona vecchiaia. I miei genitori qua hanno tutto,ci siamo anche le figlie, i nipoti. Ma loro non vogliono abbandonare la loro casa e noi non possiamo abbandonare le nostre. Le visite, le chiamate telefoniche non sono lo stesso che le voci ed il rumore del paese. In queste città i vicini non si parlano, non si conoscono, non ci sono. E la solitudine quella che ammala mio padre. Una solitudine che nessuno di noi può cambiare, manca la Patria. Come è successo a mio marito, che morì con la rabbia di non riavere la sua cittadinanza, perchè un funzionario del governo militare gli fece firmare senza leggere che rinunziava alla sua patria, alla sua origine. E perchè il Governo Italiano , il parlamento italiano è pieno di insensibili (non tutti per fortuna) che non sanno che cosa si prova a perdere tutto, anche il diritto a dire che sei quello che sei. Certe volte, troppe purtroppo, sento il disprezzo nella voce di tanti commentatori dell’emigrazione (quelli che credono che commentare qualcosa che ci raccontano dà lo stesso diritto che essere emigranti) nel riferirsi alla nostalgia dei migranti. Ma non pensano che la nostalgia è un gran sentimento di amore e di appartenenza. Che la nostalgia, ora che i nostri figli, che i nipoti di questi vecchi, che non arrivarono bambini e non sono cresciuti immersi in questo mare nostalgico di lacrime e sorrisi, di ricordi e di aneddoti, questi ragazzi, anche loro, capiscono e sentono la nostalgia. La patria, la terra dei nostri antenati, è sempre un bene perso che genera nostalgia. E vero che noi “giovani” ed i più giovani ancora non dobbiamo fermarci , paralizzarci in questo sentimento. Noi siamo in grado di generare una magnifica simbiosi tra i nostri paesi, d’origine e di accoglienza, che possa portare nel futuro benessere ad entrambi, alla faccia di Berlusconi e di Mantica. Per fortuna, e malgrado tante pene, ancora si può sorridere. Ancora posso sorridere pensando che forse mio padre dopo questo attacco di nostalgia, essendo com’è un emigrante, un resistente, un lottatore, un italiano ancora dopo tanto tempo e sempre, domani si sentirà meglio e tornerà alla lotta. Non glielo dico mai, ma anch’io sono stanca, anche a me pesa questa lontananza e questa solitudine ed il dolore del bene perso. Mi pesa la mancanza di democrazia e di giustizia che c’è nella mia terra. Ma so che tornerà a cambiare, che sorgerà un’altra volta una Italia forte e accogliente. Tutta la nostra e terra di resistenti, resistente anche l’Italia , dopo tante sconfitte che trasformò in vittorie. cio