(Antonina Cascio) Essere italiani all’estero è stato sempre difficile. La vita ci ha insegnato sopratutto agli emigrati nei paesi più limitati economicamente, chiamiamoli del “terzo mondo”, a sopravvivere e tirare avanti sempre in attesa di un tempo migliore. Abbiamo passato il tempo lontano , quello quando l’Italia ci mandava le canzoni ed il cinema, veramente speciali e ricche espressione artistiche, e noi mandavamo i pacchi alla famiglia, riempiti con grande sacrificio e con i soldi nascosti nelle fodere delle gonne che la mamma cuciva per le zie, o dei pantaloni per i fratelli. Tutto sommato, sebbene ci costava lo sforzo di vari mesi (tre o quattro volte l’anno, cioè dell’anno intero) era veramente un piacere veder partire quel pacco che ci dava gioia di pensare al sorriso di chi li apriva. Dopo sono venuti gli anni della risorsa. Siamo diventati “sudacas” con il disprezzo proveniente dal fatto di capire che questa non è l’America, che siamo finiti in un paese che assomiglia troppo all’Italia del dopoguerra, l’Italia che tutti vogliono dimenticare. Noi, sempre a lavorare (o/e a studiare), gli italiani all’estero, vedendo come alcuni più facciatosta e più interessati e più preparati per farlo, leccavano i piedi di consoli e cancellieri, gli stessi consoli e cancellieri che cacciavano dai consolati gli italiani bisognosi, quelli che la storia sociale del paese aveva castigato di più. Furono questi stessi che s’impadronirono delle associazioni nate negli anni settanta in Sicilia, in Italia , perchè erano sempre a portata di mano quando uno dei dirigenti veniva da queste parti ad offrire la partecipazione. Fu il tempo nel quale tutti avevamo tanto da fare, sopratutto in Argentina, sopravvivere senza cadere sotto le mani dell’esercito e dei suoi seguaci, ad esempio. Poco aiuto venne in quel tempo dall’Italia e dalle associazioni i cui rappresentanti si agevolano l’esistenza viaggiando in Italia gratuitamente, compravano là proprietà, o mettevano in uso quelle che avevano lasciato, dimenticate quasi già, e facevano da tramite per ottenere  ricche pensioni che stranamente andavano a finire a quelli che non avevano lavorato mai, ne là ne qua. E principalmente, nascondevano informazioni alla collettività, riservando per se stessi la conoscenza di qualsiasi agevolazione o aiuto che il governo italiano istituiva attraverso leggi sconosciute alla maggioranza.Fu il tempo nel quale molta gente onesta si allontanò dalle associazioni e la poca che  restò dentro fu sistematicamente maltrattata da dirigenti che ancora oggi esternano un trattamento da “padroni” e ci fanno vergognare.Da alcuni anni, la situazione è incominciata a cambiare. I più vecchi siamo stanchi di tanto egoismo e mancanza di solidarietà. I giovani , quelli intelligenti, non si avvicinano a questi personaggi.Sorgono gruppi che s’informano, che informano i  connazionali, che lavorano a squadra.In Sicilia ad esempio, è nato il 20 gennaio il Coordinamento delle Associazioni Regionali che si occupano dei siciliani all’estero.E vero che ancora deve organizzarsi. Ma noi speriamo che uno dei primi progetti di questo coordinamento sia quello di proporre una serie di corsi o conferenze o convegni nei quali si prepari i dirigenti del futuro con un criterio solidale, aperto, intelligente, cercando a poco a poco di prescindere dai “non servizi” di questi dirigenti dei quali parlavo prima, quelli che quasi hanno distrutto un bellissimo tessuto di organizzazioni che hanno dato all’Italia tanta forza all’estero. E grande la responsabilità di questi dirigenti, abituati a chinarsi davanti al potere di turno per ricevere qualche gratificazione personale, almeno due colpetti sulla spalla, sui tagli che il Governo Italiano ha fatto a noi emigrati, agli italiani all’estero. Altra sarebbe la situazione se questa rete di associazioni sarebbe in  grado di reagire e di agire, facendo ul lavoro di squadra, in maniera unitaria e solidale.