“Cambalache”: Questo il nome di un tango argentino. Ma anche una parola comune del “lunfardo”,dialetto di Buenos Aires nato nei quartieri bassi dove abitavano gli immigranti, sopratutto italiani, vicini al fiume color di leone (Rìo de La Plata), quello che sembra quasi un mare e nel quale sono andati a finire tanti “desaparecidos” nei voli della morte.

 Cambalache è un sito dove tutto è insieme, un miscuglio, dove ci può essere un libro di un grande scrittore, accanto ad un pezzo di fagnatura vecchia, o vicini tutte due ad un vestito antico e ad unmazzo di fiori di plastica. Cambalache si chiamava a piccoli negozi,ripostigli dove si vendeva di tutto, cose di valore e cose senza nessun valore.Ancora ce ne sono a Buenos Aires e sono di grande atrattivo per i turisti che trovano lì pezzi di storia dei secoli 19 e 20. Ma cambalache ha un’altro senso, ancora più profondo .Enrique Santos Discepolo, Discepolìn come lo chiamavano gli amici fece in questo tango una straordinaria descrizione della vita nelle grande città del SecoloXX e tanto può applicarsi a Buenos Aires come a New York. Purtroppo, mantiene la sua vigenza nel secolo XXI, in maniera spaventosa e impattante, più ancora se facciamo l’analisi degli ultimi mesi. Mettete tutto insieme il sorriso di Berlusconi, bianco e tondo, con la scarpa che vola verso Bush, un’immagine dei giovani italiani riuniti a Roma, una sconcassata barca che arriva in Lampedusa con piedi ammucchiati di tanti esseri affamati e senza quasi nessuna speranza, la testa nera di Obama, ma con la cravatta e la camicia bianca, Madonna, la cantante, che cade sullo scenario, la gente che urla, un pullman lungo e grande quanto un camion, accantoad una bicicletta, un bambino che corre, un bambino che piange di fame, una banca chiusa, gli operatori delle borse (Tokio,New York,Londra), con la testa sulle braccia incrociate,cercate una rosa e sommate al tutto un contenitore pieno di rifiuti. Allora, chissà, capirete cos’è un cambalache. Perchè ve ne parlo? Ho letto oggi in un giornale argentino, che Esteban Caselli, senatore eletto dagli emigrati, argentino, rappresentante del Popolo della Libertà,(chè volete¡, anche qua la gente sbaglia, siamo essere umani, cioè imperfetti), stà preparando un partito in Argentina perchè vuole candidarsi come presidente in questo paese.Il partito si chiamerà qui El Pueblo de la Libertad e Caselli, continua ad essere fedele al suo mentore, Carlos Menem, che lo fece ambasciatore( diciamolo, è giusto dirlo , questa è una carica che in Argentina non si dà ai tanto amici, delle volte si fà per mandere lontano la persona e levarsi un peso di addosso). Logicamente, dietro questo ammiratore di Berlusconi, tanto per arrivare persino a copiare il nome del partito ( o rubare?), ci deve essere qualcuno che qualche soldo ce l’ha. A marzo, lui che soltanto appariva con l’emigrazione quando c’era la TV ed altri mezzi, che il suo cognome italiano le ha servito per essere trattato come auropeo dapertutto, ma mai l’abbiamo visto impegnarsi veramente nel lavoro della colletività, tappezzò la città di Buenos Aires con la sua immagine.E, questa, tante volte ripetuta, ebbe il risultato desiderato. Ebbe una grande collaborazione, quella dei partiti di centrosinistra e delle associzioni, che non hanno dato battaglia, non hanno segnato una presenza forte , sicura, convincente, a Buenos Aires. Speriamo che la storia non si ripeta, e sul serio sarebbe un cambalache l’Argentina tutta se una carriera politica del genere avesse alcuna probabilità in questo contesto. Intanto, Caselli lavora in Italia, è pagato dal Governo Italiano, cioè da noi italiani del mondo(tutti), ma fà campagna in Argentina e per il momento non ha intenzione di lasciar la sua carica. “.................................................el que no afana es un gil”. Antonina Cascio