Seduta all’ombra, nel mio piccolo bosco latinoamericano, mentre guardo la luce che trapassa il verde degli alberi, mi sfiora un venticello dolce e fresco ed il canto degli uccelli che mi passano accanto ,senza paura, mi accompagna col suo fondo musicale, penso a Domingo Faustino Sarmiento. Credo di avervi parlato di questo personaggio storico argentino che d’accordo con la sua epoca, ma pensando al futuro e prevedendone uno migliore per il suo paese,

 “importò”dall’Europa e dagli Stati Uniti un gruppo di docenti, tutte donne, che vennero a promovere l’educazione nazionale e furono quelle che col loro sforzo portarono l’argentina al settimo posto nel mondo fomentando una cultura multietnica con la possibilità che i figli degli emigrati dell’epoca frequentassero l’università. Sarmiento è un uomo affatto amato dai nazionalisti. Chissà per quale coincidenza il mio pensiero ha trovato nel suo un permanente parallelo ed è per questo che ogni tanto penso a lui mentre analizzo la realtà che mi circonda o quella più lontana. In questo caso ricordo che lui,abitando nel Cile perchè ha dovuto lasciare l’Argentina essendo com’era nemico numero uno di Juan Manuel de Rosas, “caudillo de las pampas” ( la pianura di Buenos Aires ed altre province intorno) e governatore di Buenos Aires che centralizzava tutto il potere economico che veniva dal porto e dalla dogana, ha espresso una opinione che ancora oggi nei libri e nelle scuole gli vale il titolo di “traditore”. Lui pensava che essendoci in Argentina tanto posto per tutti e così poca gente, la Patagonia, la grande estensione di terra che dal sud di Buenos Aires arriva fino alla Tierra del Fuego, potevano darla ai cileni che avevano così poca terra. Se ci pensiamo, la Patagonia è stata occupata materialmente da tanti altri emigrati e da alcuni anni in qua, anche da grandi proprietari terrieri, Perchè no, allora dei nostri vicini? Ma c’è un sentimento fortissimo di culto della proprietà tra i latinoamericani, ereditato di sicuro dalla genetica europea. Quel sentimento del”mio, per me, e solo per me”, che hanno quelli che hanno dovuto lottare e dare anche il loro sangue per un pezzettino di terra. Ma noi qui, di terra ne abbiamo tanta!, dei beni che la natura offre, tanti! Anch’io come Sarmiento penso che si potrebbe solidariamente compartire tutto questo con tanti affamati del mondo e con gli europei, chissà oggi senza essere necessaria l’emigrazione. Basterebbe solo che ci mettessimo a lavorare insieme. Ma attenti, il mio pensiero, come quello di Sarmiento al suo tempo, non è quello di un idealista che abita tra le nuvole. Io, come lui, penso che ci sono dei beni e la possibilità di utilizzarli anche per gli europei, nel nostro caso gli italiani. Ma l’Europa ha un grande debito con l’America Latina. I suoi colonizzatori venne in tempi lontani e derubarono quello che poterono, oltre che di tanti beni materiali , la derubarono anche della propria indipendenza. E giunta l’ora che l’Europa, almeno per convenienza, se non per giusta penitenza, incominci ad essere solidale con l’America Latina. Di questa alleanza solidale tra i beni naturali e quelli finanziari, tra la terra ed il capitale, è l’Italia quella che ancora, chissà per quanto tempo, ha la fortuna di avere più possibilità di sviluppo, proporzionata al rispetto che innanzi tutto saprà offrire ai suoi emigrati ed ai loro discedenti discendenti. (Antonina Cascio)