Finchè non arriva la notte, alla RAI non possiamo vedere in Argentina oltre che qualche fumetto di diverso ordine o qualche vecchio film. Perciò,ancora non so troppo di come è continuato questo romanzo a fumetti del capo dello stato Berlusconi Videla e le sue pretese che alcuni soltanto per propria iniziativa, sanno interpretare degnamente, come si corrisponde con un dittatore. Quello con uno sguardo deve farsi capire, ci mancherebbe! Tra un sonnellino e l’altro,

 mi sono goduta la notte passata tutta la farsa che montano i politici del pdl e le frasi schiaccianti e chiarissime di Di Pietro, il quale, poveretto, non mi simpatizzava affatto,bensì che sapevo e capivo ch’era uno dei pochi a saltare contro il cavaliere ogni volta che ci voleva (ad ogni momento diciamolo), e adesso non soltanto mi risulta simpatico, ma mi fa ridere di soddisfazione. Oggi leggo anche sul sito USEF che finalmente in Parlamento hanno battezzato Berlusconi come se lo merita, che a dir la verità, se Videla fosse morto (dio lo perdoni per il ritardo, perchè noi argentini non lo perdoniamo) io crederei alla reincarnazione. Insomma, non dimentichiamo il povero Menem che ha anche lui il diritto di essere ricordato come un gran figlio...di sua mamma e fratello di Berlusconi. La mia più grande contentezza è stata la decisione degli operai della Motorola ed anche quella degli studenti di Milano nel rispondere con la totale sicurezza delle loro convinzioni sulla relazione che c’è tra l’università, la scuola, l’educazione e la società, dunque anche gli operai. Mi sono sentita finalmente felice di capire che l’Italia tutta è in crisi, perchè certamente è quello che ci vuole per fermare questo padrone feudale alle porte del suo castello ed evitare che faccia più danno. Le crisi fanno riflettere la gente, fanno capire i dittatori che non è mica tanto facile minare la volontà di una popolazione Fanno scattare la molla della reazione in difesa della democrazia. Riflettendo su quello detto o ,meglio, su quello sentito mentre non dormivo, mi viene da sorridere quando ricordo che alcuni giornalisti considerano,anche in Italia, come in Argentina, che data la loro vicinanza col potere politico il loro stipendio è giustificato, ma non quello dei parlamentari. A me sembra giusto che ognuno abbia lo stipendio che merita, purtroppo io non prendo quello che merito e nemmeno quello che per legge mi tocca. Ma riguardo i parlamentari preferirei pagare di più a condizioni che facessero il loro lavoro in maniera indipendente e democratica. Non pagherei nessuno stipendio al cavaliere bensì penso che ne abbia uno e abbastanza alto, credo che nel suo caso dovrebbe essere lui a pagare allo Stato tutto quello che ha rovinato. E mi domanderei come si paghino certi lussi alcuni funzionari ufficiali, come alcun console che ha un segretario personale, o qualche cancelliere che può pagare il pranzo ad un gruppo di veri fannulloni della collettività, di quelli che s’iscrivono alla lista dei reduci di guerra (che di guerra ne hanno conosciuta soltanto una della quale per decoro non parlerò in questo articolo), e di quelli che conformano federazioni che non rappresentano altro che la voglia di partecipare ai pranzi gratuiti. “Eppur si muove” rispose Galileo. E sì, cavaliere, dopo sette mesi l’Italia si risveglia e si muove! Speriamo che anche all’estero suoni il campanello della democrazia . Intanto, questa notte, vedrò di non addormentarmi presto. Come quando ero ragazza ed in questo paese (ve l’ho detto che sono in Argentina?) la gente reagiva ed i giovani con i cartelloni andavamo per le strade,stanchi ed impauriti ma felici di partecipare, adesso voglio partecipare da lontano, ma con il cuore tra la folla di ragazzi e di operai e di docenti e d’impiegati d’Alitalia,come quella che ho visto alla RAI, tanto chiara e sicura di se stessa, malgrado le ore che quel povero giornalista ha perso per andare da Roma a Milano. Peccato che non ci debba andare a piedi, tanto lui il lavoro ce l’ha, e lo stipendio alto se lo merita (o dovrebbe chissà guadagnarselo strada facendo e toccando da vicino la realtà del suo paese). (Antonina Cascio.)