(Aurora Bomprezzi) Come insegnante d’italiano sento un grande dolore, un’angoscia che mi supera, perché quando leggo che in Usa, si sono raddoppiati gli iscritti ai corsi di italiano nelle Università statunitensi, che in Alaska sono sorte nuove cattedre, che in Puerto Rico, a Hanoi ( in Vietnam), a Quito (Ecuador), sono aumentati considerevolmente il numero di studenti per i corsi di Italiano; che a Parigi 34 mila studenti si sono iscritti ai corsi di italiano,
 che nei paesi scandinavi e in quelli dell’Europa orientale sono aumentate anche le domande per questi corsi, che il governo voglia fare “un taglio del 66% alle risorse che sono destinate all’esteroâ€, non si capisce e non si può digerire questa decisione della Finanziaria. Se l’italiano è diventata la lingua del “sapereâ€, se è passata da essere il dialetto dei muratori, dei camerieri e dei mafiosi ad essere una lingua identificata come quella del “sapere†questo è un successo inaspettato. Non si potrebbe approfittarne invece di buttarlo in aria?. Il successo dei prodotti italiani, cibo e moda, principalmente favoriscono l’idea dell’italiano come lingua di cultura e di stile, perché non trarne profitto? Ci sono esami internazionali che danno una certificazione del livello di lingua e che sono riconosciuti nel mondo del lavoro, come per esempio CELI, CILS, PLIDA ecc, a che cosa serviranno nel futuro se l’insegnamento della lingua torna indietro all’estero e solo si può studiare l’italiano in Italia? Qualcuno si è posto questa domanda? Mi piacerebbe sapere perché questi esami che sono tanto difficili, che sono graduati in diversi livelli : A1: primo grado o elementare (o di base); A2: secondo grado o progredito; B1: terzo grado o intermedio; B2: intermedio avanzato; C1: quarto grado o avanzato; C2: Quinto grado o superiore (o autonomo); nei diversi gradi di apprendimento della LS, e in special modo nei primi tre, l’insegnamento linguistico e culturale si fonde e si confonde con quello comunicativo; nel quarto e nel quinto grado si introducono nuove discipline, quali la letteratura italiana, le istituzioni di storia dell’arte, la storia contemporanea, il linguaggio commerciale ed economico, ecc. Questi livelli stabiliti dal Quadro Europeo Comune di Riferimento per l’apprendimento /insegnamento delle lingue e la valutazione†a che cosa serviranno? benché si offrano certificazioni delle Università italiane come quella di Perugia, Siena, Roma e la Dante Alighieri di Roma, che cosa faranno se la lingua non potrà insegnarsi più all’estero per mancanza di “risorseâ€? Si perderanno tutte le “risorse†che in passato si sono investite per la preparazione di insegnanti, specialisti, materiali, e tante altre cose che si sono dovute fare per impostare queste certificazioni? Qualcuno l’ha pensato? Mi angoscia, sì non posso non dirlo, sono molti anni che mi dedico all’insegnamento e vedere questa situazione e non poter far niente oltre che lamentarmi e cercare di far sentire la mia protesta, mi fa pensare che avevano ragione i miei parenti italiani quando mi dicevano “che cosa farai con questa laurea?, insegnando una lingua che solo si parla in Italia?â€.