Aurora Bompressi*

Perché studiare l’ Italiano?

Perché la lingua italiana continua a vivere una fase di espansione, i motivi stanno, a mio avviso, nella condizione di “lingua identitaria”, cioè di una lingua capace di veicolare un sistema di valori sentito dagli stranieri come alternativo a quelli della globalizzazione, come lingua paradigmatica di localizzazione. Allora si spiega il numero ancora crescente di corsi e di studenti nel mondo

 (conseguenza anche di una fase espansiva del generale mercato mondiale delle lingue), la lingua italiana è la seconda lingua della comunicazione sociale: non c’è strada del mondo che non ospiti insegne commerciali, scritte in lingua italiana. La lingua italiana, infine, apre strada all’ economia italiana nel mondo: la precede, con la sua capacità di evocare valori di eccellenza, e ne subisce le vicende. Questo si nota quando negli ultimi anni sono diminuite in presenza grandi imprese multinazionali italiane. Dove le imprese sono uscite dai sistemi economici locali, si è avuta anche una diminuzione di corsi e studenti. La lingua italiana è un bene da difendere, un bene prezioso e sempre molto richiesto all’estero. Gli ultimi studi confermano che questa lingua ha sempre più estimatori e studiosi nel mondo. Un buon risultato per una lingua così complessa e difficile come la nostra. Un traguardo da raggiungere e difendere con ogni mezzo possibile. Per quanto riguarda la situazione dell’ italiano nel mondo, un punto cruciale è costituito dagli Istituti Italiani di cultura: sono troppo fragili, poco sostenuti a livello di risorse; hanno difficoltà a diffondere le buone pratiche che invece molti di loro sono in grado di produrre; sono oggetto di pressioni che vogliono trasformarli in uffici commerciali; necessitano di una legge che li metta in condizione di sostenere la competizione con le altre lingue, che vede coinvolto anche il sistema lingua-cultura- società. Soprattutto, però, a mio avviso, manca un solida industria culturale della lingua italiana, che è ancora embrionale rispetto a quella di altre lingue (inglese, francese, tedesco, spagnolo, e nei prossimi anni anche cinese). Una tale industria darebbe speranza a tanti giovani laureati, intellettuali costretti a modificare il loro profilo prefessionale e progetto di vita. “ L’ Italia è sempre stata una sorgente inesauribile di Cultura e di Sapere. Il nostro patrimonio culturale deve essere messo al servizio delle altre nazioni per riuscire a creare un dialogo equo tra le differenti culture che abitano il mondo. Il Ministero degli Esteri ha deciso di incaricarsi della diffusione del “sapere italiano” all’ estero. A tale scopo ha rinforzato la sua capillare rete di punti di diffusione: le Ambasciate e i Consolati sono presenti in 128 paesi, 93 Istituti di Cultura in 61 paesi, 1300 docenti presso 289 scuole italiane all’estero, 257 lettori di italiano presso le Università di 81 paesi, 24 addetti scientifici presso le nostre Ambasciate e 145 missioni archeologiche in 50 paesi. Tutti questi strumenti permettono di trasmettere la vitalità della nostra cultura: ogni anno si organizzano più di 5000 manifestazioni culturali (mostre, eventi, concerti, rassegne cinematografiche, ecc), oltre 100.000 studenti nel mondo studiano l’italiano e numerosi studiosi italiani danno il loro fondamentale contributo all’evoluzione del Sapere Universale”. ( da èItalia, anno III, n.15). Con tutti questi dati offerti dal Ministero degli Esteri, c`è ancora da domandarsi perché studiare l’ Italiano?. A mio avviso, se tutte le regioni, le associazioni e le scuole interessate a questa diffusione, ci mettiamo a pubblicizzare nei media l’importanza di questa lingua come mezzo di veicolizzazione di cultura e sapere, forse riusciremmo a imporla anche dove non ci siano discendenti di terza o quarta generazione.

*Aurora Bomprezzi Prof.ssa di italiano