Sono le prime righe dell’allora neonato settimanale L’Eco d’Italia, giornale comunitario dell’ovest canadese. Un evento di 53 anni fa che non possiamo e non vogliamo dimenticare. Fa parte della storia degli italiani di Vancouver e della British Columbia, è un documento importante della nostra presenza in questa magnifica sponda del territorio canadese. Molti sono i testimoni di quel periodo.

Voci differenti, spesso contrastanti, frammentate e diversificate, a seconda della formazione personale, dell’esperienza migratoria, della collocazione comunitaria. Il testimone più autorevole è stato anni or sono – era il 1985, e stavamo celebrando il trentennio de L’Eco d’Italia – il co-fondatore del giornale, Pierino Mori, che arrivò a sorpresa dalla sua Emilia e mi portò in regalo una prima preziosa copia de L’Eco, quella appunto datata 25 maggio 1956. Le pagine sono oggi ingiallite e arricchiscono i reperti del Museo del Centro culturale italiano. Parlano ancora con eloquenza di quel periodo attraverso articoli, commenti, lettere, brevi notizie dall’Italia e dal mondo, utili informazioni comunitarie, pubblicità locale. Pierino Mori e Pietro Mainardi, arrivati a Montreal nel 1950, si diressero immediatamente nel Labrador «a perforare roccia per la strada del nord, la strada delle miniere». Lavorarono poi a Kitimat e da là «il passo per Vancouver è stato abbastanza breve» mi raccontò allora Mori. I due amici comprarono un camion per trasportare automobili italiane da Windsor a Vancouver. «In Ontario acquistavamo il Corriere Canadese, settimanale di lingua italiana pubblicato a Toronto. A Vancouver, in quegli anni, non arrivavano giornali italiani, se non qualche volta, quando qualcuno veniva da un viaggio. Non c’erano collegamenti aerei». Era il 1955 e concepirono l’idea di un giornale da comporre e stampare localmente: con l’autorizzazione da parte del Corriere della Sera di Milano di fotocopiare notizie nteressanti per i lettori dell’ovest canadese. Non erano e non si autonominarono “giornalisti”, eppure riuscirono a richiamare intorno al progetto persone in grado di scrivere testi in buon italiano. Loro stessi – occupati di giorno in lavori di sostentamento, e di notte a stampare il giornale utilizzando una vecchia rotativa –, ontribuirono con editoriali esemplari, davvero signifi- Pierino Mori e Pietro Mainardi ventarono dal nulla un giornale scritto con passione e idealismo, stampato di notte, e permeato di valori e impegno civile. cativi se riletti oggi con attenzione. I messaggi importanti non muoiono nel tempo!». «Allora eravamo giovani e vivevamo di ideali», mi disse Pierino Mori che manifestò fin dal suo primo articolo, intitolato “Diritto alla vita”, un carattere battagliero, permeato da profonda sensibilità sociale. Aperto e partecipe agli eventi del paese d’accoglienza, il suo è un accorato appello perché a un canadese, ingiustamente condannato alla pena di morte, venga commutata la pena. Dopo un articolato susseguirsi di considerazioni sul caso, Mori conclude: «Nessuna illusione sull’effetto di queste mie parole,