CONTENTA E ORGOGLIOSA PER QUESTO INCARICO – DI FRANCESCO VERONESI TORONTO\ aise\ - “”Sono contenta e orgogliosa per questo nuovo incarico. Metterò tutto il mio entusiasmo per questa nuova fase della mia carriera politica”. Laura Albanese è uno dei volti nuovi del governo provinciale fresco di rimpasto. Eletta per la prima volta nel 2007, con alle spalle tre vittorie alle elezioni e numerosi incarichi di prestigio al di fuori del gabinetto governativo, Albanese è pronta per il grande salto e per un ministero importante e prestigioso come quello della Cittadinanza e dell’Immigrazione. “Non me l’aspettavo - ammette al Corriere Canadese - ma ora, passato il primo momento, sono pronta a rimboccarmi le maniche e ad affrontare questo nuovo incarico””. Ad intervistarla è stato Francesco Veronesi che a Toronto dirige il “Corriere canadese”. “D. Prima di tutto, ci tolga una curiosità. Come e quando ha saputo del nuovo incarico? R. L’ho saputo nel weekend prima dell’annuncio ufficiale. Ero all’inaugurazione del Weston Farmers Market, un mercatino locale. Ho fatto un discorso di buon augurio. Quando ho finito ho guardato il telefono e mi sono accorta che c’erano state due chiamate alle quali non avevo risposto da un numero non identificato. Poi ho visto una email che diceva: “Urgente! Dove sei?”. Era l’ufficio del premier. Ho risposto, dicendo dove mi trovavo. Dopo due minuti mi squilla di nuovo il telefono: era la premier. Mi ha dato la notizia della sua intenzione di nominarmi ministro per la Cittadinanza e l’Immigrazione e vice capogruppo alla Camera. D. Qual è stata la sua prima reazione dopo aver parlato con la premier? R. Non me l’aspettavo, mi ha colto davvero di sorpresa perché sono stata eletta nove anni fa per la prima volta e ho già vissuto tre o quattro rimpasti di governo. Insomma, non pensavo che la premier mi potesse affidare questo incarico. Invece, diciamo che è andata diversamente. Quindi è stato un momento molto emozionante e gratificante. È sicuramente un grande privilegio e spero di poter fare un buon lavoro. D. Abbiamo una ragazza che è nata a Taranto, che è venuta in Canada e ha intrapreso la carriera giornalistica piena di successi e poi è entrata in politica, diventando ministro dell’Immigrazione. R. È una storia che riflette quello che qualsiasi persona può raggiungere emigrando in Canada. Le possibilità sono infinite. Ho sempre lavorato con passione, sia nella precedente carriera che in questa, ho sempre cercato di fare del mio meglio e devo dire che questa è davvero una grandissima soddisfazione. D. Con questo rimpasto c’è stato un bilanciamento del gender all’interno del governo. Cosa ne pensa? R. Secondo me, visto che ci sono più donne che entrano in politica e che intraprendono la loro carriera anche nel settore privato, occorre avere anche la loro voce nei livelli più alti, non solo nel management medio. Le decisioni possono essere più bilanciate se si ascoltano anche le istanze e le voci delle donne. E non sono una fan della “statistica”, nel senso che per forza di cose le donne debbano essere esattamente il cinquanta per cento, il quaranta o il sessanta: è invece importante avere le persone giuste al posto giusto. Conta il merito e questo non va tralasciato: non bisogna dare il posto alle donne solo perché sono donne, ma perché se lo meritano, sono capaci, hanno del talento, hanno delle idee e delle opinioni valide che possono avere un peso nei tavoli dove si prendono le decisioni. D. In questi anni la premier ha sempre avuto un occhio di riguardo per la comunità italiana e gli esponenti politici italocanadesi. R. È vero e i numeri lo dimostrano. Abbiamo numerosi deputati italocanadesi e ben cinque ministri di origine italiana: Bill Mauro, Steven Del Duca, Bob Chiarelli, David Orazietti e la sottoscritta, senza dimenticare Mario Sergio che è stato ministro degli Anziani fino alla scorsa settimana e che in tutti questi anni ha svolto un ottimo lavoro. Quindi sì, la premier riconosce il contributo dato dalla nostra comunità in tutta la provincia. D. Nelle scorse settimane abbiamo assistito alla svolta ambientalista del governo, noi al Corriere l’abbiamo definita la “rivoluzione verde”. Cosa ne pensa? R. Si tratta di una serie di provvedimenti molto importanti che avranno un’incidenza sul piano economico e sociale e un impatto sulla vita di tutti quanti. Il fatto è questo: dobbiamo contrastare l’inquinamento e quindi dobbiamo valorizzare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per raggiungere questo obiettivo. Voglio fare un esempio. Uno studio recente ha rivelato come nell’80 per cento delle città nordamericane non si possano vedere le stelle con la stessa nitidezza che si aveva in passato. Potrà sembrare una notizia che non ha un effetto sulla nostra vita quotidiana. Però è importante, perché non voglio vivere in un mondo dove non si possano nemmeno guardare le stelle. Detto questo, dobbiamo fare qualche cosa per poter preservare la nostra amata Terra. Certo, la gente si chiede se potrà permettersi i nuovi costi: il cap and trade è stato scelto proprio perché rispetto alla carbon tax offre costi più mitigati e il governo sta pensando di dare un’assistenza alle persone con i redditi medi e bassi. Ma ripeto, ho un nipotino di 18 mesi e voglio che lui possa vedere le stelle. D. Siamo a due anni esatti dal voto. Quali saranno le priorità in questi ventiquattro mesi che ci dividono dalle elezioni? R. Nelle scorse elezioni avevamo presentato una piattaforma programmatica abbastanza ambiziosa e in questi primi due anni abbiamo dovuto prendere anche delle decisioni difficili. A metà mandato non si è mai troppo popolari. Nei prossimi due anni dovremo assicurarci di aver mantenuto le promesse, prima di chiedere un nuovo mandato all’elettorato. Molto di questo tempo sarà dedicato a dare delle risposte a queste domande: “Siamo riusciti a creare posti di lavoro? Siamo riusciti a migliorare l’economia? Siamo riusciti ad aiutare i giovani a inserirsi nel mercato del lavoro?”. Nella piattaforma avevamo sottolineato la nostra intenzione a investire pesantemente nelle infrastrutture e quindi, ponti, strade, reti ferroviarie e reti di trasporto nei vari centri urbani: dovremo verificare se effettivamente ci sono stati dei miglioramenti. Anche le tematiche verdi erano nel programma. Gli elettori dovranno in sostanza vedere se abbiamo mantenuto le nostre promesse e ci giudicheranno proprio sulla base di questo. D. Toronto sta vivendo un periodo caratterizzato da numerosi episodi di violenza. John Tory ha chiesto la collaborazione dei tre livelli di governo. Cosa può fare Queen’s Park? R. Pochi giorni fa ero a una Town Hall nel mio distretto organizzata da uno dei miei consiglieri comunali, Frances Nunziata, alla quale ha partecipato anche il capo della polizia Mark Saunders. Abbiamo discusso proprio di questo tema e secondo me dovremmo cercare di riflettere su cosa stiamo facendo per affrontare l’emergenza. Sono tante le proposte sul tavolo: avere più agenti di polizia nei quartieri, modernizzare il servizio anche attraverso l’uso dei social media, app e smartphone. Detto questo, si potrebbero coinvolgere di più i giovani. Sul fronte dell’amnistia proposta a Toronto per il ritiro delle pistole, mi affido alle parole del capo della polizia: l’amnistia va bene, ma non troviamo mai in questo modo le armi realmente usate nelle sparatorie o negli omicidi. Quelle armi continuano a circolare tra i delinquenti. D. Allora quali strumenti abbiamo in mano per limitare il fenomeno? R. Io ritengo che la sicurezza inizi dalla singola persona. Se una persona vede che c’è qualcosa che non va nella sua comunità , non si deve fare i fatti suoi, perché si facilita il crimine. Serve quindi la partecipazione di tutti, così come quello di una strategia volta alla riduzione della povertà, perché è qui che il crimine trova terreno fertile”. (aise)