LONDRA Nell’Archivio di Stato britannico di Kew Garden, studiosi e familiari di molti partigiani potranno consultare le schede individuali che sono rimaste secretate in base ai regolamenti che prevedono tra i settanta e i cento anni di chiusura dagli eventi se non ci sono richieste speciali sotto il Freedom of Information Act,

la legge sulla trasparenza varata in Inghilterra nel 2000. Si sa che al seguito delle Forze Alleate anglo-americane che sbarcarono in Sicilia nel luglio del 1943 c’erano agenti di corpi speciali chiamati rispettivamente SOE (Special Operation Executive) eOSS (Office of Strategic Services). Questi agenti avevano il compito di reclutare antifascisti italiani disposti a farsi addestrare per essere infiltrati oltre le linee nemiche. I principali obiettivi elaborati nel tempo erano tre: montare operazioni di sabotaggio con esplosivi, specie per far saltare ponti e linee ferroviarie; stabilire collegamenti tramite l’uso di radio ricetrasmittenti con membri del Comitato Nazionale di Liberazione e partigiani al Nord; prestare assistenza ai prigionieri fuggiti dai campi di internamento. Erano operazioni clandestine eseguite con partigiani del Sud d’Italia che rischiavano la vita se catturati dai tedeschi e dai fascisti. Giunti a Napoli all’inizio di ottobre del ‘43, gli agenti britannici del SOE capeggiati da Malcolm Munthe, Max Salvadori e Adolphus Cooper reclutavano uomini e donne che venivano addestrati nel castello di Ischia all’uso di esplosivi, forniti di falsi documenti e incaricati di portare avanti operazioni di infiltrazione usando la Corsica per arrivare in Liguria. Lo storico Alfio Bernabei ha recentemente ottenuto accesso alla scheda intestata a Maddalena o Maria Cerasuolo di Napoli che avrebbe dovuto rimanere chiusa fino al 2021. In questa scheda marcata “ Secret” vengono citate le due principali operazioni a cui la giovane partigiana ventitreenne prese parte, denominate “Hillside II” e “Kelvin”, con la descrizione di un tentato sbarco in Liguria sotto il fuoco delle mitragliatrici. “Simili cartelle intestate a individui possono essere consultate, anche se alcune portano il top secret fino al 2030 e oltre” ha detto Bernabei. “Basta fare domanda al National Archives di Londra a Kew fornendo il certificato di morte del partigiano o della partigiana e citare il Freedom of Information Act 2000. Il motivo del segreto non è più tanto dovuto al mantenimento del silenzio sul tipo di missioni clandestine eseguite dai partigiani, ma il fatto che gli Inglesi promettevano alle reclute fornite di identità false l’assoluto riserbo sui loro veri nomi per proteggere le loro famiglie in caso di cattura. Dozzine di cartelle rimangono da aprire. A molti parenti di partigiani farà piacere sapere l’esatto contenuto delle operazioni nelle quali i loro cari presero parte e nelle quali alcuni persero la vita”. (aise)