"L'Ue pensi al futuro dei nostri figli, solo così i sacrifici sono accettabili"

Martin Schulz (ansa) BRUXELLES - "Non riusciremo a risolvere la sfida del populismo se non riusciremo a dare soluzioni ai problemi di fondo che lo alimentano. Oggi la gente non si sente inclusa, né rappresentata.

Io faccio parte della generazione post bellica. I miei genitori hanno avuto una vita molto più dura della mia e l'hanno accettata senza lamentarsi perché il governo tedesco gli ha detto: fatelo per i vostri figli. E mentre lo diceva, investiva nelle scuole, nell'educazione, nelle infrastrutture. Adesso i governi continuano a chiedere sacrifici. E perché? Per salvare le banche. Mentre i nostri figli sono disoccupati".

Martin Schulz lascia dopo cinque anni la presidenza del Parlamento europeo. Torna alla politica tedesca in vista della sfida elettorale di settembre, a fianco del suo amico Sigmar Gabriel, il leader dei socialdemocratici. Ma prima di partire ha voluto riunire un piccolo gruppo di giornalisti per parlare dell'Europa che lascia. "Un'Europa dove si parla con indifferenza in termini di miliardi di euro, mentre per la stragrande maggioranza dei nostri elettori mille euro in più o in meno sono una somma decisiva".

A conti fatti, presidente, la strategia del rigore economico è stata un errore?
"I bilanci devono essere sostenibili. Su questo non c'è dubbio. Ma non si risanano i bilanci guardando solo al lato della spesa. Occorre investire per stimolare la crescita e con la crescita le entrate fiscali. In Europa sono tutti molto veloci quando si tratta di tagliare la spesa. Ma molto lenti quando si deve allargare la base imponibile, come dimostrano le esitazioni sulla tassa per le transazioni finanziarie o la difficoltà nel tassare le multinazionali là dove fanno i profitti. Anche questo alimenta il populismo".

Ha fatto bene il leader dei liberali, Verhofstadt, a cercare di recuperare una formazione populista come i Cinquestelle portandoli nel gruppo dei liberaldemocratici?
"Penso che alcuni che sono delusi dai fallimenti del sistema possano e debbano essere recuperati. Ma non tutti sono recuperabili, come dimostra il fatto che adesso se ne vanno in ogni direzione: dai Verdi alla Le Pen".

I due gruppi principali che l'hanno eletta al Parlamento, popolari e socialisti, si stanno facendo la guerra per la sua successione. Questo disaccordo non rischia di indebolire il Parlamento e la Ue?
"Il problema della Ue non è il Parlamento. Il Parlamento vota e decide. Il problema è il Consiglio, dove il 90 per cento delle decisioni sono bloccate perché i governi non trovano un accordo. Detto questo, io spero che ci sia modo di ritornare ad una coalizione non solo tra popolari e socialisti, ma tra tutte le forze filo-europee. In politica occorre trovare compromessi. E nella politica europea il compromesso è ancora più necessario".

Il Ppe però dice che sono i socialisti ad aver rotto il patto che prevedeva l'elezione di un popolare per succedere alla sua presidenza...
"Io posso dire che, dopo le elezioni europee, ci fu un accordo anche tra i governi che prevedeva ai vertici due popolari e un socialista per la prima metà della legislatura, e due socialisti e un popolare per la seconda metà. Adesso, se il Parlamento dovesse eleggere un popolare al mio posto, avremmo una coalizione in cui un solo partito, il Ppe, occupa tutte le posizioni di vertice: Commissione, Consiglio e Parlamento".

Se non si ritrova un accordo politico, il presidente della Commissione Jean Claude Juncker risulterà indebolito?
"È presto per dirlo. Confrontiamo la Commissione Juncker con quella di Barroso. Dopo dieci anni a Bruxelles, Barroso era emarginato. Oggi mi sembra che la Commissione Juncker sia al centro della politica europea. Io avevo fatto campagna elettorale chiedendo una tassazione più equa delle grandi multinazionali e un aumento degli investimenti. Mi sembra che, proprio con la Commissione Juncker, questi due obiettivi siano stati raggiunti ".

Lei trova che la Commissione sia più forte di ieri. Può dire lo stesso dell'Europa?
"Certo che no. Ma l'Europa può essere forte solo quanto gli Stati membri che la compongono lo consentono. E vorrei fare un appello perché i governi smettano di indicare l'Europa come colpevole delle scelte che loro stessi hanno preso. Nonostante tutto, però, penso che abbiamo una chance".

Quale?
"La Brexit è stata un evento epocale, la cui portata drammatica è ancora sottovalutata. E credo che ci obblighi, su entrambe le rive della Manica, a scegliere

quale sarà il nostro futuro. La Ue ha il dovere di rifondarsi e l'opportunità di cercare un nuovo inizio. Non sono molto ottimista. Ma la possibilità è davanti a noi. Non dovremmo sprecarla".

© Lena, Leading European Newspaper Alliance