Il Servizio Anti-discriminazioni dell’ASGI ha inviato una lettera al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca lamentando i profili discriminatori della normativa nazionale in materia di borse di studio per il perfezionamento all’estero, di cui all’art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 398 (“Norme in materia di borse di studio universitarie”, pubblicata in G.U. 14.12.1989, n. 291).

Detto articolo, al comma 2, prevede, infatti, il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’accesso a tale beneficio (“Al concorso, per titoli ed esami, sono ammessi i laureati di cittadinanza italiana di età non superiore ai ventinove anni, che documentino un impegno formale di attività di perfezionamento presso istituzioni estere ed internazionali di livello universitario, con relativa indicazione dei corsi e della durata”). A tutt’oggi, non risulta che tale norma e relativa clausola di cittadinanza italiana sia stata emendata nonostante l’evidente contrasto innanzitutto con il principio di libera circolazione, uguaglianza e parità di trattamento dei cittadini di Stati membri dell’Unione europea e dei loro familiari di cui alle norme di fonte primaria e derivata del diritto dell’Unione europea ed anche con altre norme di diritto dell’Unione europea concernenti il principio di parità di trattamento a favore di talune categorie di cittadini di Stati terzi non membri dell’Unione europea. La mancata espressa abrogazione di tale clausola di cittadinanza da parte del legislatore italiano costituisce per molti Atenei italiani una fonte di confusione ed incertezza nell’applicazione del dispositivo. Dopo aver compiuto un sommario monitoraggio delle prassi in uso in diversi Atenei italiani, emerge infatti una situazione diversificata, riassumibile nelle seguenti fattispecie:

a) atenei che continuano ad applicare integralmente la clausola di cittadinanza italiana ai fini dell’accesso a tali borse di studio, escludendo dunque non solo i cittadini di Paesi terzi non membri dell’Unione europea, ma anche gli stessi cittadini di Paesi membri dell’UE e i loro familiari

 b) atenei che disapplicano la clausola di cittadinanza italiana nei confronti dei soli cittadini di altri Paesi membri dell’UE, ammettendo quest’ultimi a parità di condizioni con i cittadini italiani e senza restrizioni aggiuntive;

c) atenei che disapplicano la clausola di cittadinanza italiana nei confronti dei soli cittadini di altri Paesi membri dell’UE, ammettendo quest’ultimi al beneficio tuttavia a condizioni aggiuntive e più restrittive rispetto a quelle previste per i cittadini italiani.

Nella sua memoria, l’ASGI sottolinea come la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea abbia chiarito da lungo tempo ormai come non sia compatibile con le norme di diritto comunitario sulla libera circolazione dei lavoratori di Paesi membri e dei loro familiari, indipendentemente dalla cittadinanza di questi ultimi, e sul corrispondente principio di parità di trattamento nell’accesso ai benefici e alle prestazioni sociali e, specificamente a quelli relativi all’istruzione, una normativa nazionale che limiti tale parità di trattamento ai soli sussidi all’istruzione impartita nel Paese ospitante, escludendo invece i sussidi per la partecipazione a corsi di istruzione e perfezionamento in Paesi esteri, ivi compresa la situazione in cui il cittadino comunitario residente nel Paese ospitante o il suo familiare richiedano un sussidio per la partecipazione a corsi di istruzione nel Paese di cui possiedano la cittadinanza. Si veda in proposito la sentenza della Corte di Giustizia europea nel caso Carmina di Leo, cittadina italiana residente in Germania, contro il Land di Berlino, dd. 13.11.1990, nella causa C-308/89. Nella memoria, il servizio anti-discriminazioni dell’ASGI ritiene inoltre che la clausola di cittadinanza italiana per l’accesso al beneficio dovrebbe essere disapplicata anche per i cittadini di Paesi terzi non membri dell’UE titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti in virtù del principio di parità di trattamento contenuto nella direttiva europea n. 109/2003/CE. Infine, il servizio anti-discriminazione dell’ASGI non ritiene che vi siano fondati motivi di ragionevolezza tali da giustificare l’esclusione dal beneficio dei cittadini di Paesi terzi in generale, se regolarmente soggiornanti in Italia e che pertanto detta esclusione possa configurare una discriminazione contraria all’art. 43 del T.U. immigrazione. L’ASGI ha inviato un esposto alla Commissione europea chiedendo che questa avvii un’indagine conoscitiva finalizzata all’eventuale apertura di un procedimento d’infrazione del diritto UE contro l’Italia. Fonte: Asgi