In attesa di una nuova riforma pensionistica che questo Governo ha annunciato di voler introdurre nel 2022 (e di eventuali importanti modifiche del sistema) rimarranno più o meno invariati i requisiti, per i prossimi anni, per maturare – anche tramite il meccanismo della totalizzazione in regime internazionale -

il diritto alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata italiane per i nostri connazionali residenti all’estero. I requisiti restano stabili: per la pensione di vecchiaia, sia per le donne che per gli uomini, 67 anni di età anagrafica fino al 2024 e 20 anni di contributi (maturabili in convenzione), mentre invece per la pensione anticipata a qualunque età anagrafica ci vorranno 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne fino al 2026. Lo ha confermato e stabilito un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo cui, a decorrere dal gennaio 2023, i requisiti di pensionamento non saranno ulteriormente incrementati. Se da una parte l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia fissata a 67 anni in Italia è tra le più alte in Europa e forse nel mondo occidentale dall’altra bisogna però considerare che, come indicano i dati dell’OCSE, l’Italia non è in realtà la più esigente per età effettiva di pensionamento: infatti tra il 2013 e il 2018 le lavoratrici italiane sono andate in pensione ad una media effettiva di 61 anni e 5 mesi, contro una media Ocse di 63 anni e 7 mesi; nello stesso periodo gli uomini sono andati in pensione ad una media effettiva di 63 anni e 3 mesi a fronte di una media Ocse pari a 65 anni e 4 mesi. Questo accade perché il nostro sistema ha previsto nel corso degli anni, oltre alla pensione di vecchiaia, canali di pensionamento anticipato, tra i quali la pensione di anzianità che prescinde dall’età anagrafica e premia chi ha versato più contributi e poi negli ultimi anni una serie di alternative che hanno consentito di anticipare (ma non per tutti ovviamente) la pensione rispetto all’età pensionabile (e di ovviare alle evidenti rigidità della Riforma Monti-Fornero), come ad esempio Quota 100, Opzione donna, l’Ape sociale ed altre. Sarebbe auspicabile come sostengono molti detrattori del sistema pensionistico attuale che queste misure estemporanee e non strutturali siano abolite una volta per tutte e si introduca invece con la prossima riforma un sistema di flessibilità “ragionata” che dia la possibilità alle persone di scegliere autonomamente la data di uscita dal lavoro a seconda delle proprie esigenze e dei propri bisogni e consenta quindi la facoltà di anticipare o ritardare l’uscita dal mercato del lavoro senza vincoli particolari se non un ricalcolo dell’importo della pensione, accanto ovviamente ad interventi – come chiedono i sindacati - che comunque riconoscano il lavoro di cura e quello delle donne, i lavori gravosi, aiutino i disoccupati con età avanzata e le categorie fragili e infine offrano una prospettiva previdenziale ai giovani e al lavoro povero, e tutelino il potere d'acquisto delle pensioni. Giova ricordare infine che dal primo gennaio 2022 aumenteranno, anche se di poco, gli importi delle pensioni. Infatti la perequazione definitiva per il 2021 è pari a +1,7% da applicarsi dal 1° gennaio 2022 sulla base degli incrementi dell’indice dei prezzi al consumo accertati dall’Istat. Gli aumenti si applicano anche ai prorata italiani delle pensioni in regime internazionale.