(Daniela Di Benedetto) - Da La Voce d’Italia MADRID – “L’esercizio del voto è necessario per la democrazia. Ritengo che la poca partecipazione alle elezioni di circa 5 anni fa, l’ultima volta in cui ci fu il rinnovo dei Comites, è da attribuirsi in parte ai grossi ritardi con cui si realizzarono le elezioni.

Non aver votato per 10 anni, credo che abbia provocato nei cittadini disaffezione all’esercizio di un loro diritto. Andare a votare vuol dire affrontare una campagna elettorale, ricordare a tutti l’esistenza di questo organismo. Inoltre, vuol dire riconoscerne l’utilità. Mantenere in carica dei consiglieri, un presidente per 10 anni, raddoppiando la durata naturale del loro mandato, dimostra che non si sta considerando l’ipotesi che queste persone potrebbero stancarsi. In un certo senso, vuol dire anche delegittimarli”. Lo afferma Daniela Di Benedetto, presidentessa del Comites di Baviera. Prudente, schietta e spontanea. L’incontriamo in videoconferenza, modalità che ci permette di abbattere le lontananze, giorni dopo l’incontro telematico dei Comites europei, promosso da quelli di Parigi e di Bruxelles. In quell’occasione attrasse la nostra attenzione con le sue riflessioni ponderate e, a nostro avviso, opportune.

– Non so se si voterà l’anno prossimo – prosegue -. Comunque, se così fosse, le elezioni si fisserebbero tra aprile e dicembre. Ciò significherebbe un rinvio di almeno un anno o quasi due. Il nostro mandato potrebbe estendersi a circa 7 anni. Il Ministero ci ha chiesto di rafforzare la nostra capacità comunicativa, di essere più presenti.

– Si parla di accorpare le elezioni regionali, il primo turno delle amministrative e il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Crede possibile che il rinnovo dei Comites possa rientrare in questa “election-day”?

– Ogni scelta ha i suoi pro e i suoi contro – commenta -. Secondo me, la cosa veramente importante è che si abbia tempo sufficiente per organizzare le elezioni adeguatamente. Insomma, per creare delle squadre, per raccogliere le firme a sostegno delle liste, per fare campagna elettorale, ecc… Precisa che, a suo avviso, è eccessivo “il carico burocratico che pesa sulle spalle dei Comites, tenendo conto che è un organo costituito da volontari”.

– È qualcosa che si percepisce dal momento stesso in cui si raccolgono le sottoscrizioni per le liste – prosegue -. L’80% del tempo e delle risorse dei Comites sono impiegati a risolvere problemi puramente burocratici. Dobbiamo avere un orizzonte definito. Sapere verso dove stiamo andando. Ci deve essere trasparenza. In quanto alla metodologia del voto ritiene che esso “dipende da cosa si voglia fare”. Afferma che, “proprio giorni fa, durante l’Intercomites della Germania, è stata avanzata l’idea di utilizzare le prossime elezioni dei Comites come tavolo di sperimentazione per il voto elettronico”. Esprime i suoi dubbi sull’opportunità del momento.

– Ciò mi ha fatto capire quanto sia obsoleta l’attuale modalità di voto – sostiene Di Benedetto -. Non mi riferisco solo al voto all’estero – precisa – ma ai metodi ottocenteschi della cabina elettorale. Il voto cartaceo in cabina elettorale, qui in Germania, funziona diversamente. È spedito, più moderno, con meno lavorio di carta. Funziona. Si affianca ad un voto per posta, che pure funziona. Ecco, allora non capisco perché invece per noi il voto per corrispondenza non possa funzionare. È chiaro – puntualizza immediatamente – che un conto è votare in Europa, dove il servizio postale funziona, ed un altro farlo in aree in cui invece fa acqua. Tuttavia – aggiunge -, anche questo concetto è obsoleto. Se vogliamo guardare al futuro e vogliamo farlo in base a quello che abbiamo imparato in questo periodo, perché non impiegare tecnologie blockchain, per tutelare la sicurezza del voto? Si ridurrebbero notevolmente i costi e non si mortificherebbe l’esercizio di un diritto democratico.

In quanto ai brogli elettorali, denunciati in particolare in America Latina, considera che “è necessario eliminare qualunque forma di esposizione a questo pericolo”.

– Anche solo la polemica – afferma convinta – rischia di mortificare la democrazia. Sono convinta che andare verso il voto elettronico, con certe precise caratteristiche, potrebbe contribuire a ridurre problemi legati all’anagrafe e anche ad evitare l’intervento delle poste private. Senza che questo comporti un aumento del rischio di brogli. Non mi sembra che ci sia un legame tra l’uso di strumenti elettronici e la sicurezza. Ecco, secondo me, tutti i metodi sono esposti a certi rischi. Importante è prenderne atto, valutarli e creare le opportune misure di prevenzione ma anche di punizione. È difficile oggi dire, nello specifico, quali potrebbero essere questi provvedimenti. Bisogna capire effettivamente quale strumento e quali metodologie si desiderano implementare.

Comites e Covid-19

La pandemia ci ha posto di fronte ad una nuova sfida. Le istituzioni si sono dovute reinventare per rispondere alle esigenze di una società confusa, disorientata e sconcertata. Ci si è chiusi a riccio. Abbiamo apprezzato le nuove tecnologie che ci hanno permesso di uscire dall’isolamento anche se solo entrando nel mondo virtuale. Abbiamo riscoperto l’importanza di uno sguardo, di una parola, di una carezza. Lo abbiamo fatto perché è ciò che più ci è venuto a mancare in questi giorni. Anche i Comites si sono trovati a gestire una realtà inedita. È per questo che chiediamo a Di Benedetto di illustrarci quanto fatto da quello che presiede. Innanzitutto, premette che “in Germania vivono più di 800mila italiani, quasi un milione”. Sottolinea che sono numeri in crescita. Gli italiani nella Circoscrizione Consolare del Comites di Monaco di Baviera, invece, sono circa 70mila. –

La covid-19 – commenta Di Benedetto – ha messo in luce, sia in Italia sia all’estero, le eventuali “défaillance” già esistenti nella società. Ad esempio, sono emersi gli errori fatti in Italia sul fronte della sanità. Ed anche quelli legati ad alcune scelte dei nostri concittadini, nel momento in cui si sono stabiliti in Germania. Mi spiego meglio. In Germania sono stati assicurati da subito una serie di interventi economici e finanziari molto stringenti. Garantivano una copertura quasi totale dell’elemento di bisogno. Io stessa ho fatto da intermediatrice nei casi di connazionali con specifiche necessità che non sapevano a chi rivolgersi. Ecco, in questo senso probabilmente abbiamo svolto, nel nostro piccolo, un ruolo di rilievo. Tuttavia – prosegue – ci siamo scontrati anche con situazioni particolari che non permettevano l’accesso agli aiuti delle strutture locali. Ad esempio, i lavoratori in nero che, in passato, hanno accettato dei compromessi ritenuti necessari, in quel momento, per la sopravvivenza. Dopo aver sottolineato che anche in questo caso “le istituzioni e associazioni locali hanno mostrato una certa elasticità”, si è soffermata sull’importanza di avere “una posizione lavorativa trasparente”. Insomma, con un contratto regolare che permetta di usufruire di “una serie di diritti che in momenti di difficoltà diventano necessari”

– Di fronte all’emergenza come quella della covid-19 – ha rimarcato Di Benedetto-, ciò si è rivelato essenziale. Spiega che, come era nel programma presentato quando era candidata, il Comites aveva creato uno “sportello della legalità”. – Purtroppo – ammette con amarezza -, tenere in piedi uno sportello di questo tipo richiede un impegno economico costante. Si prendono in carico persone con competenze specifiche, che hanno necessità di pianificare la propria vita. Il finanziamento annuale, e la programmazione di breve termine consentita dal nostro Ministero, non permettono la prosecuzione in modo stabile di un uno strumento come questo: utile ma anche impegnativo. Dopo aver spiegato che i Comites sono strumenti di integrazione nella società ed aver sottolineato che uno dei suoi ruoli è quello di rendere i cittadini consapevoli dei propri diritti e doveri, Di Benedetto riconosce che se unicamente poche persone sono al corrente dell’esistenza dei Comites, questa potenzialità arriva ad una piccola fetta della nostra comunità. Afferma: – Sono due gli elementi che rendono difficile l’interazione con la cittadinanza. Il primo è la programmazione finanziaria annuale di breve termine. L’altra, la scarsa capacità comunicativa dei Comites. Alla fine, parliamo soltanto a chi ci conosce. E ciò ci limita moltissimo. Tornando alla situazione creatasi con la diffusione del “coronavirus” – prosegue Di Benedetto -, sulla base di queste premesse, abbiamo cercato di agevolare il più possibile la comunicazione tra le istituzioni locali tedesche e i nostri connazionali. Abbiamo pubblicato in italiano, su Facebook ed altre piattaforme di larga frequentazione, tutti i comunicati posti su canali istituzionali locali. Di questo mi sono preoccupata personalmente, chiedendo anche aiuto quando ce n’è stato bisogno. Così abbiamo raggiunto veramente tanti connazionali. Allo stesso tempo, assieme al Console Generale abbiamo tentato, una volta superati i primi giorni di confusione, di mettere in campo idee per tenere alta l’attenzione sulle categorie che noi ritenevamo fossero quelle più colpite. –

Quali?

– In primo luogo – precisa – le famiglie indigenti. L’intervento più importante, comunque, è stato quello informativo perché, ripeto, le istituzioni locali sono intervenute adeguatamente. Le categorie professionali più colpite sono state, a nostro avviso, quelle inerenti al mondo della gastronomia e dell’arte. Più in generale, il “Made in Italy”. Il nostro Comites – ammette Di Benedetto – ha avuto grosse difficoltà perché tutti abbiamo subito un colpo forte. La distanza che si è interposta tra noi, tra noi e le nostre famiglie, ha avuto ricadute importanti. Quello del Comites è un lavoro di volontariato che deve confrontarsi anche con l’impegno familiare e lavorativo. Tra l’altro – aggiunge -, la pandemia ha coinciso con lo svecchiamento del nostro portale. Avevamo appena trovato la persona che ci avrebbe permesso di riaprire il nostro sportello per il cittadino. Ma ancora non avevamo formalizzato questa relazione. Tutto ciò, oggettivamente, ha reso più gravoso il nostro lavoro. Lo sportello per il cittadino ha riaperto. La persona incaricata è estremamente entusiasta e disponibile. Sono sicura che ora l’intervento del nostro Comites sarà più incisivo.

Un ruolo cruciale

Parla adagio. Scandisce le parole e, in occasioni, pone l’accento su quelle che ritiene essenziali per rendere meglio i concetti. Rare volte indugia.

– Soddisfatti di quanto fatto? Sulla scorta della vostra esperienza, come pensate che debba essere riformato il Comites per renderlo più moderno e agile?

– Sono consapevole del notevole sforzo fatto – ci dice immediatamente -. Mi riferisco ai Comites in generale. Hanno svolto un ruolo cruciale, anche nel rientro dei nostri concittadini in Italia in queste settimane di crisi. Nel caso di Monaco di Baviera, il nostro Consolato Generale ha realizzato un lavoro fondamentale. Monaco è stato uno dei pochissimi hub europei che ha consentito il rientro dei nostri concittadini da tutto il mondo. Di qua è passata una grandissima parte di chi, sorpreso in angoli sperduti della Germania, doveva rientrare in Italia. Lo sforzo compiuto dal Comites e dal Consolato Generale è stato enorme.

– Nel corso della video-conferenza tra i vari Comites europei, è stata suggerita l’eliminazione dei Consolati in Europa. Pur riconoscendo che la realtà europea è assai diversa dal quella del resto del mondo, Di Benedetto si dissocia da “prese di posizione così nette”. Dopo aver ammesso che le necessità degli italiani all’estero variano molto tra chi è in Europa e chi, invece, in altri continenti, riconosce che “la funzione operativa dei consolati, quella relativa al disbrigo delle pratiche necessarie al rilascio documenti, è molto forte”. E lo è anche in Europa.

– Non sono d’accordo nel dire che la funzione diplomatica non debba esistere – aggiunge -. Se non ci fosse stato l’intervento diplomatico, anche qui a Monaco di Baviera, non so come si sarebbe potuto gestire questo momento di crisi. In effetti, se non ci fossero stati i consolati, le ambasciate e in molti casi anche i Comites, i voli di rientro dei connazionali, bloccati dalla pandemia, non sarebbero stati organizzati. Questi potevano essere gestiti solamente dalle nostre Ambasciate, in collaborazione con la rete Consolare e l’Unità di crisi della Farnesina.

– È così – condivide -. Questo è un aspetto importantissimo. Quando tutto funziona non ce ne rendiamo conto.

Pandemia e solidarietà

Di Benedetto non dimentica l’intervento sul fronte sanitario. Ricorda che molti malati in Italia, quando le strutture sanitarie erano in crisi, sono stati accolti in ospedali tedeschi. Una manifestazione concreta di solidarietà della Germania.

– Anche in Baviera sono stati presi in cura concittadini che, in Italia, non avevano trovato posto in terapia intensiva – afferma per poi sottolineare scandendo le parole:

– Ed è avvenuto proprio nel momento in cui la Germania stava entrando nel momento algido della pandemia. Non si sapeva ancora quali sarebbero stati i risvolti immediatamente successivi. Senza un’amicizia tra i due paesi, coltivata dalle istituzioni diplomatiche, questo non sarebbe accaduto. Ma torniamo ai Comites. Per rispondere alla sua domanda: cosa avremmo potuto fare di più e se siamo soddisfatti. No, non siamo soddisfatti. Avremmo sicuramente potuto fare di più. Ci sono aspetti sui quali bisogna lavorare, però a bocce ferme. Non in situazioni di crisi. Credo che, per la definizione dei prossimi Comites, è necessario chiarire il loro ruolo. Non solo. Devono essere anche chiare le linee guida sulla collaborazione con i Consolati e l’accreditamento presso le istituzioni locali. Sono aspetti che vanno precisati a monte.

– Come immagina i Comites del futuro? Sappiamo che qualunque istituzione, per quanto valida e necessaria, dipende poi da chi la gestisce.

– La gestione dei Comites dipende da chi si candida. Ed anche da chi li vota – afferma categorica -. Purtroppo… anzi no, per fortuna… Voglio cambiare la prospettiva. Questo periodo di crisi ci ha messo di fronte ad alcune scelte, ed anche alla ratificazione di alcuni punti critici sui quali ci siamo confrontati in passato. Per esempio, il fatto di non poterci incontrare personalmente, ci ha obbligato a farlo in modo virtuale. È una pratica che noi, come Comites di Monaco di Baviera, avevamo già inserito nel nostro statuto. Spero possa mantenersi per il futuro. I Comites sono dei piccoli organismi molto centralizzati. Hanno sede nella capitale della regione nella quale esistono, che spesso è estremamente ampia. Per una riunione di un paio d’ore, un membro del Comites deve percorrere diverse centinaia di chilometri. Non credo che sia necessario. Considero l’incontro virtuale su piattaforme online un’ottima alternativa. Potevamo farlo anche prima. Riduce i costi e ci permette una maggiore incisività sui territori. Ci permette anche di incontrarci più spesso. Sottolinea, poi, l’importanza che ha per i Comites il poter spendere su capitoli diversi da quelli fino ad oggi previsti. Lo considera un notevole passo in avanti. Altro aspetto al quale Di Benedetto da molta importanza è il coordinamento con i consolati. Questo, a suo avviso, “non deve essere una scelta del singolo”.

– Ci dovrebbe essere maggiore partecipazione, una maggiore presenza dei Comites all’interno dei consolati – ritiene -. Abbiamo pensato di creare un canale diretto tra il nostro collaboratore dello sportello del cittadino e il consolato. So che ci sono consolati, anche in Germania, in cui funziona in maniera permanente uno sportello per il cittadino organizzato da loro stessi.

Giovani e Comites

Per concludere, affrontiamo il tema “Giovani”. Come coinvolgerli nelle attività dei Comites? Come avvicinarli ai problemi della nostra Comunità? Lo chiediamo a Di Benedetto che ammette che “il contatto con le seconde generazioni e le successive è troppo labile” – Andrebbe rafforzato – afferma -.

L’anno scorso – racconta Di Benedetto – è stata organizzata la conferenza per i giovani a Palermo. Allora si pose il problema della ricerca dei candidati ad assistervi. Alcuni Comites hanno avuto difficoltà a trovare questi giovani. Noi questo problema non l’abbiamo avuto. La scelta è avvenuta in modo assai naturale, frutto di un percorso che avevamo avviato già da tempo. Tra le iniziative del Comites di Baviera, orientate ai giovani, evidenzia la collaborazione con la Ludwig Maximilian Universitat e con l’unica scuola bilingue italo-tedesca della Baviera. Sottolinea, non senza orgoglio:

– Una delle nostre attività, negli ultimi anni, è stata la pubblicazione della biografia bilingue, italiano e tedesco, di un sopravvissuto nei campi di concentramento di Dachau e Flossenburg. Ne parlo perché questa pubblicazione ha richiamato l’attenzione dell’Ufficio per la Qualità dell’Insegnamento in Baviera. È stato deciso che diventasse libro di testo per l’insegnamento dell’italiano, assieme a schede di lavoro preparate da insegnanti. Ritengo che avvicinare all’Italia i ragazzi di origine italiana e anche quelli tedeschi con interesse per l’italiano, abbia una grande importanza. Il rapporto con il nostro paese è andato scemando negli ultimi anni. Lo abbiamo visto dalle statistiche. La lingua spagnola e quella francese la fanno un po’ da padrone. Ci dobbiamo impegnare di più. È quanto stiamo facendo con dei tavoli di lavoro ad hoc.(Mauro Bafile-La Voce d’Italia, redazione di Madrid/Inform)