Il Presidente del Bundestag tedesco e quello dell’Assemblea Nazionale francese hanno fatto un appello affinché al più presto si riaprano i confini tra gli Stati europei e si ripristini la mobilità interna alla UE sancita dal trattato di Schengen.

È un appello da condividere totalmente e da considerare, anzi, un importante riferimento per l’azione internazionale dell’Italia e degli altri Paesi dell’Unione. Già alla fine di marzo, nell’appello “Insieme | Together — A Call For European Solidarity In Difficult Times” promosso da me e dal collega Lars Castellucci, e sottoscritto da 126 parlamentari di 28 paesi europei, dicevamo: “Tra le restrizioni adottate c’è anche quella della chiusura dei confini all’interno dell’Europa. Chiediamo che sia solo un aspetto temporaneo di una serie di misure volte a ridurre i possibili contatti. Sarebbe un errore credere, che gli stati nazionali siano in grado di affrontare da soli le sfide globali che abbiamo davanti. È vero piuttosto il contrario”. Una risposta di solidarietà e impegno comune è già venuta dagli accordi in fase avanzata sulle misure europee di contrasto alle conseguenze sanitarie, sociali ed economiche della pandemia, misure di cui soprattutto gli stati più esposti, come il nostro, possono e si devono servire. Senza anacronistiche pregiudiziali ideologiche e politicistiche. Tuttavia, la condizione di una compiuta ed efficace risposta comune è la libertà di movimento nell’area dell’Unione e dello spazio economico europeo. Lo dico con convinzione politica ed ideale, ma anche con partecipazione umana ed esistenziale, essendo io espressione diretta di quella mobilità di lavoro che ha portato mio padre, al pari di milioni di altri lavoratori italiani, ad insediarsi in Germania e a costituire la propria famiglia. La mobilità peraltro è anche la dimensione culturale ed etica delle nuove generazioni, ad iniziare dalla generazione Erasmus che ha costituito a livello europeo una rete diffusa e penetrante. La mobilità tra gli stati europei è stata il migliore frutto della loro storia recente ed è quindi anche la migliore premessa per il futuro delle nuove generazioni.