La crisi di governo causata da Salvini tra un selfie e un mojito ha aperto una voragine nella già dissestata situazione politica italiana, nella quale il Paese ha corso il serio rischio di precipitare, con conseguenze di non poco conto, forse pesanti.

Sarebbero stati messi in discussione la tempestiva approvazione di un bilancio chiamato a risanare le finanze di dissennate politiche populistiche, l'interlocuzione attiva con i nuovi dirigenti degli organismi europei fin dall'avvio della nuova legislatura, soprattutto l'adozione delle misure atte a scongiurare l'aumento dell'IVA, che avrebbe determinato aumento dei prezzi, restrizione dei consumi e stagnazione dell'economia. In più, precipitare l'Italia verso le elezioni avrebbe significato quasi certamente consegnarla all'estrema destra, in particolare a quel Salvini che ha diviso e incattivito gli italiani, perseguitato per motivi propagandistici gli ultimi della terra a prezzo anche della loro vita, tra un bacio al Crocifisso e una dedica al Cuore immacolato di Maria, chiesto al "popolo" "pieni poteri" e fatto appello alle piazze come metodo di lotta politica. Troppo, francamente troppo per un Paese che ha conosciuto il fascismo. Con un corretto ricorso agli strumenti che la Costituzione offre, e non con una manovra di palazzo, come la destra va dicendo, si è potuto evitare e questo è un bene non per noi, ma per la democrazia. La decisione, faticosa, non semplice, ma necessaria, di aprire un rapporto con un movimento così articolato, liquido sul piano dei principi e aggressivo nella prassi politica, per quanto ci riguarda come democratici, è stato solo il frutto di un atto di responsabilità nazionale. Un profilo intorno al quale nessuno ci deve insegnare niente. Sempre per senso di responsabilità non mi soffermo sulle dichiarazioni e posizioni di volta in volta assunte da Di Maio né sull'abnorme peso attribuito alla consultazione sulla piattaforma Rousseau in una democrazia rappresentativa che riserva alla convergenza dei gruppi parlamentari, e solo a loro, la possibilità di costituire un governo. Certo nessuno, nemmeno Conte, può far finta di niente sulle cose abnormi fatte dal governo giallo-verde in questi 14 mesi. In particolare i decreti Sicurezza pesano come macigni, sicché deve essere chiaro che sul piano dei diritti umani e di quelli civili c'è un serio restauro da fare. Guardiamo, comunque, alle cose positive, alle risposte che i cittadini si aspettano. Da questo punto di vista, devo dire che i passaggi del programma a base dell'accordo sono soddisfacenti, più convincenti del quadro politico perché danno un'idea di consapevolezza sia delle urgenze sociali da affrontare sia delle prospettive da aprire. Tanto per fare degli esempi, il taglio del cuneo fiscale risponde all'esigenza di alleggerire il carico fiscale, ma partendo da chi lavora e ha salari e stipendi talvolta al limite delle necessità primarie. Ma ci sono alcuni punti che mi convincono particolarmente. Il primo - lo dico con consapevolezza di insegnante - è la detassazione per i figli delle famiglie meno abbienti dall'asilo all'università. Un atto di giustizia sociale e un incremento alla formazione in un Paese che ha uno dei più alti indici di abbandono scolastico e dei più bassi indici di laureati. Il secondo è l'attenzione per i giovani, per il loro lavoro ma anche per la loro vita, aiutandoli a costruire una pensione dignitosa se oggi non hanno la possibilità di lavorare e fare versamenti adeguati; aiutando in pari tempo a rientrare chi è andato all'estero per lavoro, se lo desidera. Il terzo è la lotta contro ogni forma di disuguaglianza, sociale, territoriale e di genere. Il quarto è il Green New Deal, un grande piano orientato alla protezione dell'ambiente, allo sviluppo delle rinnovabili e alla protezione del territorio, che di per se' è una grande risorsa. Bene, mettiamo in campo dunque la responsabilità che gli elettori ci hanno affidato e andiamo avanti. Non sarà facile, voglio essere onesta con me stessa e con gli altri. Le distanze tra noi e i 5Stelle sul piano delle idealità, della cultura politica e della prassi democratica fino a ieri sono state ampie e non si può pensare che dall'oggi al domani si accorcino d'incanto. Ma la democrazia è fatta così: di confronto, di concorrenza e anche di incontro. Questa volta le necessità del Paese ci chiedono di fare ogni sforzo per far prevalere le ragioni dell'incontro. Da questo punto di vista, mi auguro che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha creduto alla strada di un programma condiviso, ricopra il suo ruolo assicurando che questo percorso si realizzi pienamente. Per quanto mi riguarda, la bussola che mi darà costantemente la direzione è quella dei diritti: umani, sociali, civili. Lungo questa strada camminerò con lealtà verso il nuovo governo e verso la nuova maggioranza, mettendo al primo posto, sempre, gli interessi di tutti.