Il relatore Roberto Calderoli richiama le ragioni della riforma: risparmio di spesa, ma anche funzionalità ed efficacia del Parlamento. Nel corso dell’esame l’intervento contrario alla riduzione degli eletti all’estero di Raffaele Fantetti (Fi, ripartizione Europa): “si toglie alla rappresentanza degli italiani all’estero ogni capacità d’azione”

ROMA – Il Senato ha approvato con 180 voti favorevoli, 50 contrari e nessun astenuto, il disegno di legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. Il provvedimento, sottoposto per la seconda volta al voto di Palazzo Madama, è stato illustrato da uno dei suoi promotori, Roberto Calderoli (Lega), che ha ricordato come il testo abbia ottenuto l’approvazione della Camera dei Deputati senza che vi siano state apportate modifiche ed è tornato sulle ragioni alla base della riduzione proposta – i deputati passano da 630 a 400; i senatori da 315 a 200, più cinque senatori a vita; i deputati eletti nella circoscrizione Estero passano da 12 a 8, i senatori da 6 a 4. “Innanzitutto dobbiamo essere consapevoli che non stiamo intervenendo su disposizioni scritte dai Padri costituenti, ma dai colleghi che ci hanno preceduto in questa e nell’altra Assemblea del Parlamento – spiega Calderoli, che ricorda come sin dall’origine della nostra Repubblica il numero di deputati e senatori fosse considerato elemento variabile, legato alla popolazione – l’originaria formulazione degli articoli costituzionali prevedesse un rappresentante ogni 80.000 abitanti alla Camera e uno ogni 200.000 al Senato. Solo in seguito, visto il progressivo e considerevole aumento della popolazione italiana, il numero dei parlamentari venne fissato a quello attuale. L’esponente leghista segnala che ad oggi “nessun altro grande Paese democratico ha una proporzione tra popolazione e parlamentari come la nostra”. “Detto in parole povere, l’Italia è il Paese con il più alto numero di parlamentari direttamente eletti dal popolo (945): seguono la Germania, con circa 700; la Gran Bretagna, con 650; e la Francia, con poco meno di 600. Pertanto, 400 deputati e 200 senatori, ovvero 600 parlamentari totali, è una soluzione ragionevole, che ci allinea alle democrazie occidentali. Anche se non raggiungeremo il rapporto degli Stati Uniti, ci porremo però al livello del Regno Unito o della Francia, che, con una popolazione simile alla nostra, hanno una sola Camera eletta a suffragio universale e diretto, rispettivamente con poco più e poco meno di 600 membri. Soprattutto – rileva Calderoli, - avremo istituzioni parlamentari che, senza intaccare il principio di una rappresentatività ampia, saranno ipso facto più funzionali”. Il relatore segnala anche come di conseguenza sarà necessario riformare i regolamenti di Camera e Senato: “i nuovi numeri imporranno i necessari adattamenti tecnici, ma dovranno anche essere l'occasione per andare oltre e rendere più fluide l'organizzazione e le procedure. Solo in questo modo i risparmi di spesa diventeranno anche apprezzabili in termini decisionali e porteranno un ritorno di fiducia e credibilità - rileva Calderoli, che segnala anche l’approvazione definitiva del provvedimento che sancisce la compatibilità di questa riforma con la legge elettorale. “Anche in questo passaggio si è molto dibattuto sull'esigenza di una revisione complessiva della Costituzione – sottolinea l’esponente leghista, rilevando come ciò avrebbe impedito, come già avvenuto in passato, il buon esito della riforma. “Oggi sono ancora più convinto della necessità di riproporre misure limitate e chirurgiche, come quella al nostro esame, che, sommate tra loro, determineranno una riforma complessiva – spiega Calderoli, segnalando come questo metodo abbia consentito per esempio di proseguire l’iter per giungere alla soppressione del Cnel, originariamente inserita nell’ultima riforma costituzionale, bocciata dal referendum del 4 dicembre del 2016. “L'obiettivo di questa riforma è duplice: da un lato, favorire un miglioramento delle proposte decisionali delle Camere, per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini, e, dall'altro, ottenere con questi risultati un contenimento della spesa pubblica, ovvero organi più snelli, che costano meno e funzionano in modo più efficiente – conclude Calderoli, auspicando la più ampia convergenza sul provvedimento. Nell’ambito della discussione sul disegno di legge è intervenuto sul tema della circoscrizione Estero Raffaele Fantetti (Fi, ripartizione Europa), che ha ribadito la sua contrarietà alla riduzione della rappresentanza parlamentare ivi eletta. Fantetti ha prima ricordato come sia “in atto da circa quindici anni una vera esplosione migratoria in uscita” dal nostro Paese, che ha portato il numero degli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) a 5,5 milioni, il 10% della popolazione italiana, dato che è senz’altro sottostimato – ricorda l’esponente di Forza Italia. Nello specifico, il “taglio lineare dei 33% applicato alla platea dei rappresentanti della circoscrizione Estero” dalla proposta in discussione interviene su un numero “già discriminatorio – sostiene Fantetti, - che diventerebbe quasi doppio, con effetti sulle diverse ripartizioni, in particolare in Europa, dove risiedono 3,1 milioni di italiani, che avrebbero un rappresentante al Senato della Repubblica”. L’esponente azzurro segnala infatti come gli eletti all’estero rappresentino “una platea almeno tripla di quella che rappresentano i colleghi in Italia”: “vi sfido quindi – aggiunge - a mostrarci gli effetti e i vantaggi economici di questa riforma; non vi è poi alcun effetto in termini di efficienza dei lavori parlamentari, anzi, la si perde”. “Si toglie alla rappresentanza degli italiani all’estero ogni capacità d’azione - prosegue Fantetti, criticando poi la decisione adottata in questa legislatura di “annullare l’eredità dei lavori del Comitato per le questioni degli italiani all’estero”, “l’unica istituzione presente in questo ramo del Parlamento dedicata agli italiani all'estero, che era in vigore da tre legislature” e sostituito ora con un’indagine conoscitiva sul fenomeno degli italiani all’estero. L’esponente di Forza Italia ribadisce dunque il suo voto contrario alla riforma, sottolineando come essa “violi i principi che informano l’ordinamento costituzionale italiano: il principio di rappresentanza democratica, il principio di uguaglianza tra i cittadini, il principio di ragionevolezza delle norme e il principio di proporzionalità tra mezzo e fine della rappresentanza – precisa Fantetti, sottolineando come la residenza non possa costituire elemento di discriminazione per la rappresentanza dei cittadini italiani. (Inform)