Il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri sera il decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. Da quello che leggiamo, e su cui torneremo dettagliatamente,

il testo penalizza non solo gli immigrati in Italia, ma anche e soprattutto gli italiani all’estero. Vediamo in che modo: a) esclude i nostri connazionali dall’aumento delle pensioni minime perché richiede 10 anni di residenza in Italia di cui due continuativi al momento della presentazione della domanda, requisito questo che i nostri emigrati ovviamente non possono far valere; b) per lo stesso motivo, e cioè due anni continuativi di residenza in Italia al momento della presentazione della domanda, preclude la possibilità di richiedere il reddito di cittadinanza ai nostri giovani andati a cercare lavoro all’estero – e che si sono iscritti all’AIRE - i quali dovessero decidere di rientrare in Italia; c) rende praticamente impossibile uscire con la Quota 100 ai nostri lavoratori che risiedono all’estero perché la pensione anticipata verrà erogata solo a chi smette di lavorare definitivamente, e questo vincolo non può essere rispettato da coloro i quali debbono comunque continuare a lavorare all’estero perché il piccolo pro-rata percepito dall’Italia non consentirebbe loro di sopravvivere; d) il vincolo dei due anni impedirà inoltre a tutti i nostri anziani emigrati che dovessero tornare in Italia da zone disagiate come il Venezuela e altre Paesi dell'America Latina con reddito o pensioni molto basse, di ottenere la pensione di cittadinanza sempre per il motivo dei due anni prima della presentazione della domanda. Un Decreto, insomma, certamente non pensato per gli italiani all’estero e che ignora totalmente la tutela dei loro diritti sociali e previdenziali.