L’Assemblea Plenaria approva a larga maggioranza il documento sul voto all’estero Dopo un complesso dibattito viene approvato un testo che è frutto delle modifiche derivanti dagli interventi dei consiglieri: eliminata l’inversione dell’opzione e stralciati i collegi uninominali

ROMA – Il lungo dibattito dell’Assemblea del Cgie sulle modifiche del voto all’estero si è concluso con l’approvazione, a larga maggioranza e con soli cinque astenuti, del documento redatto dalla Commissione ‘Diritti e Partecipazione’, seppure con integrazioni anche significative basate sui contenuti esposti dai consiglieri intervenuti. Gli inviti del consigliere Norberto Lombardi (Pd), di trovare una maggioranza salda bypassando se necessario la questione dell’inversione dell’opzione, e del sottosegretario Ricardo Merlo di dare alla luce un testo da poter sottoporre al Parlamento già entro la fine dell’anno, hanno in qualche modo contribuito ad accelerare l’adozione del documento, mettendo da parte le questioni meno condivise. Su tutte si ricordano la già accennata inversione dell’opzione e l’idea del collegio uninominale: al termine della mattinata dei lavori, Paolo Da Costa si è dimesso dall’incarico di Presidente della Commissione Terza, dopo aver espresso dubbi sul concetto di “incostituzionalità” legato all’inversione dell’opzione. “Proprio ieri (nella giornata di giovedì, ndr) un costituzionalista ci ha detto che l’inversione dell’opzione non è incostituzionale”, ha commentato il consigliere. Silvana Mangione, vice segretario generale per i Paesi Anglofoni extraeuropei, ha posto all’attenzione dell’assemblea il contenuto dell’art. 48 della Costituzione per spiegare le sue contrarietà all’inversione dell’opzione. “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”, recita il suddetto articolo della nostra Carta costituzionale. “Bisogna ripartire dalla lettura dell’art. 48 della Costituzione. Si dice sempre che essa sia la più bella del mondo, forse proprio perché ha una marcia in più rispetto alle altre: non è un caso che sia entrata in vigore con principi che poi la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ha fatto propri. Spesso e volentieri tuttavia si ipotizzano soluzioni per salvarci e per mettere in sicurezza il voto, che sono però in conflitto con la Costituzione. Il voto è per tutti, è un dovere civico e può essere limitato solo in alcuni casi. Abbiamo davanti a noi una norma di legge costituzionale, ossia tassativa, e non si può limitare il voto per una scelta. Facciamo anche attenzione a scelte che potrebbero un domani dare adito a ricorsi”, ha commentato Mangione ricordando il forte impegno del costituzionalista Leopoldo Elìa che molto si spese per la causa degli elettori all’estero alla fine degli anni ’90, al fianco del Cgie. Luigi Billé (Regno Unito) ha parlato di “reciprocità, unicità, libertà, uguaglianza e segretezza del voto”, aggiungendo che a suo avviso l’inversione e il registro dei votanti si scontrano con l’art. 48 della Costituzione per cui “il diritto di voto non può essere limitato”. Giuseppe Stabile (Spagna) ha espresso una possibile soluzione sul voto all’estero. “Ho una mia personale visione, forse sarà fantapolitica o troppo innovativa, ma vuole far risparmiare molti fondi: d’altronde in Europa i rapporti tra gli Stati sono basati sulla reciprocità. Perciò ho sempre ritenuto utile che il voto possa essere svolto presso gli uffici preposti del Paese ospitante, per esempio gli uffici di Polizia, trasmettendo quindi i dati direttamente al Viminale. Il tesserino elettorale verrebbe quindi firmato, risolvendo di fatto la questione relativa alla personalità e alla sicurezza del voto”, ha illustrato Stabile. Cesare Villone (Brasile) ha posto in evidenza un altro problema, non di poco conto, soprattutto per chi risiede molto lontano. “Sia valutata la possibilità di avere termini più ampi per la ricezione e per la restituzione dei plichi, con una flessibilità ulteriore di almeno quindici giorni”, ha affermato il consigliere sottolineando anche l’eventualità di dividere lo spoglio delle schede elettorali in diverse sedi, delle quali ognuna dovrebbe occuparsi di una diversa ripartizione, con scrutatori preparati a gestire le preferenze. Rodolfo Ricci (Filef) ha voluto ricordare che dal varo della legge Tremaglia ad oggi il numero dei migrati italiani è raddoppiato: non si è detto contrario a priori all’inversione dell’opzione ma, dal suo punto di vista, essa potrebbe causare un ulteriore abbassamento di elettori, partendo dall’esperienza tutt’altro positiva delle elezioni per i Comites. “Restano poi il problema dei plichi in giro per il mondo e quello di una nuova emigrazione di difficile intercettazione: siamo di fronte a un quadro generale di precarietà. Non possiamo avere due milioni di cittadini che non si iscrivono all’Aire e che quindi non votano. Una seria riforma di lungo termine necessita di approfondire queste tematiche. Occorrono un aggiornamento dell’anagrafe e un potenziamento della rete consolare: a quel punto si può riflettere anche su una legge sull’opzione ma certamente non senza avere tempi utili e un’informazione corretta per andare al voto. Sono infine favorevole alla sperimentazione del voto elettronico e nel frattempo all’uso della blockchain”, ha commentato Ricci. Marcelo Carrara (Argentina) ha sollevato il dubbio che l’utilizzo del codice QR, quindi delle nuove tecnologie per effettuare il voto per corrispondenza, possa lasciare fuori una buona fetta elettorale di una certa generazione, ossia i più anziani e meno avvezzi all’uso di strumenti avanzati. “Senza contare – ha aggiunto Carrara - che con migliaia di iscritti all’anagrafe si avrebbero altrettante migliaia di telefonate da gestire per attivare questo codice. Sull’opzione il consigliere dell’Argentina ha evidenziato che essa già esiste per le persone temporaneamente all’estero e che nessuno ha messo in dubbio finora la sua costituzionalità. Lo spirito dell’art. 48 della Costituzione è chiaro, ma cambiando le modalità non lediamo alcun diritto e anzi miglioriamo una situazione che in passato ha dato molti problemi”, ha spiegato Carrara. Il Senatore Raffaele Fantetti, eletto nella Circoscrizione estera per l’Europa con Forza Italia, ha ricordato una sua proposta di legge e una lettera inviata al Presidente Mattarella a inizio legislatura, nella quale aveva indicato l’importanza di non parlare di queste tematiche solo a ridosso delle elezioni. A ciò si aggiunga la volontà del senatore di una Commissione bicamerale su questo tema per avere una maggiore visione d’insieme. “I cardini di una proposta coerente per gli interessi degli italiani all’estero devono ruotare attorno a concetti essenziali. In primo luogo occorre un registro degli elettori, che è fondamentale ed è perfettamente democratico in quanto già usato da altre grandi democrazie, per la necessità primaria di porre fine al sospetto dei brogli… In secondo luogo occorre che la stampa e l’invio delle schede avvengano in Italia in maniera centralizzata, con un risparmio anche di tipo economico: bisogna smetterla di far stampare a tipografie in giro per il mondo. Infine occorre un codice a barre sulle buste contenenti le schede di ritorno. Per quanto riguarda lo spoglio, sono favorevole a che ciò avvenga per esempio anche presso i consolati e non più soltanto nella sede di Castelnuovo di Porto”, ha illustrato Fantetti assicurando, come segretario della Commissione Bilancio, di voler difendere i capitoli di spesa che riguardano gli italiani all’estero. Luca Tagliaretti (NCD) ha quindi proposto la creazione di un gruppo di lavoro del Cgie, coinvolgendo centri di studi e accademie, per avere un documento in grado di illustrare, con tanto di studio di fattibilità, tutte le possibili opzione di voto. Aniello Gargiulo (Cile) ha invitato a riflettere sulla “sostenibilità futura del voto oltre che sulla messa in sicurezza”. Questa sua perplessità nasce dalla decrescita del numero di votanti che restano concentrati per lo più tra le fasce d’età più alte: quindi le nuove generazioni sono sempre meno interessate al voto. “E’ la generazione che vota meno anche per le elezioni locali, quindi ci troviamo di fronte a una bassa partecipazione civica generale. Per avere una cittadinanza formata e informata servirebbe creare anche degli schedari consolari con indirizzi mail cui inviare informazioni periodiche”, ha commentato Gargiulo parlando anche delle criticità sui tempi di ricezione e di invio dei plichi elettorali. Vincenzo Arcobelli (Usa) sarebbe favorevole allo spoglio presso ambasciate, consolati o seggi esteri, accordando molta più fiducia ai rappresentati degli italiani all’estero, e partendo dalla considerazione che già per le elezioni dei Comites si è proceduto allo spoglio presso i consolati. Perplessità sono arrivate invece sul voto telematico ed elettronico: “la grande forza numerica dell’emigrazione italiana è composta da anziani che probabilmente di computer, tablet e codici non sanno nulla; occorre quindi proseguire con il voto per corrispondenza che deve essere considerato ‘untouchable’”, ha precisato Arcobelli. Paolo Brullo (Germania) ha messo in guardia quindi sul pericolo di scollatura tra i connazionali all’estero e l’Italia. “Rappresento una collettività estera che vuole essere rispettata e vuole partecipare”, questo è stato il monito del consigliere. Fernando Marzo che ha poi sottolineato come in realtà le iscrizioni per facilitare la partecipazione al voto siano state già fatte per esempio in Belgio e abbiano riscontrato una bassa affluenza. “Vi lascio immaginare cosa potrebbe accadere se si andasse a chiedere ai nostri connazionali un’iscrizione obbligatoria per poter votare. Infine sul voto elettronico voglio ricordare che in Belgio esso è previsto nella parte nord del Paese, mentre il sud non lo considera sicuro: senza contare poi le conseguenze di un eventuale guasto tecnico durante le votazioni”, ha sottolineato Marzo. Eugenio Marino (Pd) ha evidenziato come “il Cgie sia nato prima della circoscrizione Estero, anzi forse la seconda è nata proprio grazie al primo”. Per l’esponente del Pd, il Cgie ha dato il massimo quando è stato capace di stimolare la politica, facendo politica senza essere condizionato dai partiti. “La stessa legge sul voto all’estero è nata grazie a voi: per questo dico che il Cgie deve essere autonomo. Infine ricordo che l’inversione dell’opzione non è l’iscrizione al registro. Certamente servirà un tempo adeguato se s’inserirà l’opzione, se non altro per motivi organizzativi e informativi. Anche per l’eventualità di un voto elettronico, non si pretenda un uso immediato”, ha spiegato Marino. Mariano Gazzola, vice segretario generale per l’America Latina (Argentina) ha evidenziato, come fatto anche da Carrara, che l’opzione per il voto all’estero già esiste. “Dopodiché le opinioni di ciascuno sono tali ma in ultima analisi il massimo garante sia la Corte costituzionale. Qui si sta discutendo della parola più bella al mondo, la libertà, ossia decidere di votare o non votare. Credo nell’importanza dell’informazione e di un registro aperto tutto l’anno”, ha aggiunto Gazzola rivendicando la libertà e l’autonomia decisionale del Cgie. Sempre sull’informazione e sulla conoscenza, Isabella Parisi (Germania) ha posto il dubbio sulla comprensibilità di un meccanismo come quello dell’opzione. Aldo Lamorte (Maie) ha precisato che è “molto importante coinvolgere i cittadini attraverso la rete consolare e tutte le associazioni”. Gerardo Pinto (Argentina) ha plaudito il lavoro della III Commissione Terza e quello di sintesi dei Comites, avanzando a sua volta la richiesta di poter consentire di far votare fino allo stesso giorno in cui si vota in Italia, definendosi altresì d’accordo sull’introduzione di strumenti che possano contribuire al risparmio in termini economici e all’eliminazione dei dubbi, nel voto per corrispondenza. Il deputato Massimo Ungaro (Pd), eletto nella ripartizione Europa, è intervenuto per chiarire e precisare che la proposta del suo partito non prevede il voto elettronico, che per esempio è stato già usato ma poi ritirato da Paesi come la Francia. “La blockchain non è il voto elettronico. L’elezione dei Comites ha dimostrato un calo nella partecipazione: la mia paura è che l’inversione e l’iscrizione al registro possano far diminuire ulteriormente l’affluenza”, ha aggiunto Ungaro. Silvana Mangione è tornata sul punto in conclusione dei lavori. L’opzione potrebbe produrre pericoli ancora più gravi di quelli raccontati alla fine di ogni elezione. Se per votare devi dire ‘sì voglio votare’ allora diventi davvero un cittadino di serie B. La prova dei Comites ci ha dimostrato che perfino per quanto riguarda la rappresentanza che hai sotto casa, come lo sono appunto i Comites, la gente non ha capito cosa fosse l’opzione. Sulla sicurezza e sulla stampa in Italia siamo tutti d’accordo così come sul codice a barre che ci dica chi ha votato. Sul voto elettronico ricordo che questa ipotesi venne avviata con il Governo Monti ma poi non se fece nulla. La nostra funzione di Cgie è quella di un organismo consultivo, conoscitivo, propositivo e programmatico”, ha puntualizzato Mangione. Michele Schiavone, segretario generale del Cgie, ha chiuso i lavori riassumendo quanto dibattuto. Ha espresso preoccupazione per l’eventualità della riduzione del numero di rappresentanti parlamentari: attualmente il numero è di diciotto ossia dodici alla Camera e sei al Senato. Parlando di una riduzione complessiva a seicento parlamentari, a quel punto il rischio sarebbe di avere per i cittadini all’estero una rappresentanza ridotta a dodici, ossia otto alla Camera e quattro al Senato. “Già il numero di diciotto parlamentari è fittizio rispetto alle reali proporzioni ma ad oggi garantisce comunque una soggettività agli oltre 5 milioni di italiani iscritti all’Aire. Il ‘Rosatellum bis’ ha consentito l’elezione nella nostra Circoscrizione anche a chi risiede in Italia: l’intero Cgie richiede l’abolizione di quella norma per tornare ad avere un’effettiva rappresentanza di chi vive all’estero, in mancanza tra l’altro di una reciprocità. Ritengo che ci siano diritti universali che vanno garantiti a tutti: per la sicurezza del voto auspico un rapporto tra Maeci e Ministero dell’Interno per far coincidere le anagrafi e aggiornarle periodicamente perché non è pensabile verificarle sempre a pochi giorni dal voto per capire chi può parteciparvi. Da questo punto di vista credo che serva la dotazione di uffici elettorali ministeriali permanenti”, ha commentato Schiavone parlando poi dello spoglio. “Lo scrutinio a Castelnuovo di Porto è un’operazione mastodontica: diecimila persone che partecipano a uno scrutinio in uno stesso posto è un qualcosa di eccessivo e spesso è anche mancata la dovuta preparazione, ricevendo i risultati definitivi addirittura dopo un mese dalla chiusura dei seggi. Dunque ad oggi il voto per corrispondenza resta la modalità principale. Ciò detto si potrà magari sperimentare gradualmente la partecipazione con il voto elettronico. Le proposte migliorative sul voto per corrispondenza devono avere come obiettivo una sensibile riduzione di schede nulle per problemi di tagliando, che ammontano a circa il 10%; dobbiamo puntare a quegli elementi che incentivino e valorizzino la partecipazione: è una proposta buona quella dell’introduzione del codice a barre o del codice QR. Riteniamo infine non più accettabile l’ipotesi di incarichi multipli, ossia di persone che si presentano come parlamentari in Paesi diversi”, ha concluso Schiavone prima di mettere ai voti il documento della Commissione Terza, che è stato appunto approvato e modificato, eliminando l’inversione dell’opzione e stralciando la proposta dei collegi uninominali. (Simone Sperduto/Inform)