Presentata a Roma l’opera in cinque volumi di Simone Varisco sulla storia della pastorale migratoria UCEI/Migrantes, intitolata “Impronte e scie. 50 anni di Migrantes e migranti” Gli interventi del segretario generale della Conferenza episcopale italiana Nunzio Galantino,

del vescovo ausiliare di Roma e presidente della CEMI e della Fondazione Migrantes Guerino Di Tora, dell’arcivescovo di Ferrara-Comacchio e già direttore generale Migrantes Gian Carlo Perego e di mons. Silvano Ridolfi, ultimo direttore dell’UCEI

ROMA - Presso la Fondazione Migrantes, è stata presentata l’opera che racconta la storia della pastorale migratoria. Cinque volumi dal titolo “Impronte e scie. 50 anni di Migrantes e migranti”, edizione Tau, che portano la firma di Simone Varisco. Una edizione speciale per celebrare una doppia ricorrenza, i cinquant’anni dell’UCEI (Ufficio Centrale Emigrazione Italiana) da cui è derivato l’attuale organismo della Conferenza Episcopale Italiana, la Fondazione Migrantes che compie 30 anni. I volumi, raccolti in un cofanetto, rappresentano i settori di competenza della UCEI/Migrantes, in tema di pastorale, ad eccezione del primo che è stato denominato “istituzionale”, il secondo è dedicato all’emigrazione italiana, il terzo ai Rom e Sinti, il quarto ai Circensi e fieranti, il quinto agli Immigrati e ai profughi. I cinquant’anni di attività della pastorale migratoria partendo dall’istituzione dell’UCEI e arrivando alla Fondazione Migrantes, sono stati documentati in un excursus approfondito che va dai documenti di ufficio fino alle nuove forme di comunicazione come i tweet di papa Francesco. Una storia ricucita non solo facendo riferimento agli archivi ma anche e soprattutto attraverso le pubblicazioni che si sono susseguite. Dieci anni fa veniva pubblicato il “Quaderno N. 55 “Ventennale della Migrantes (1987-2007)”, in cui si documentava l’assistenza pastorale della Chiesa ai migranti. Aggiungendoci un altro decennio, Simone Varisco con questa ricerca documenta l’assistenza pastorale della Chiesa italiana verso una mobilità umana dai confini molto estesi. Alla presentazione sono intervenuti, oltre all’autore, mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana; mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare di Roma e presidente della CEMI e della Fondazione Migrantes; mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e già direttore generale Migrantes e mons. Silvano Ridolfi, ultimo direttore dell’UCEI, considerato la memoria viva della pastorale migratoria in Italia. I relatori sono stati presentati e coordinati da don Giovanni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes, che nel salutare e dare il benvenuto a tutti ha definito l’incontro una “condivisione di ideali, un incontro di famiglia”. Il dibattito A prendere la parola per primo monsignor Di Tora, che prima di entrare nell’argomento ha letto il messaggio di saluto inviatogli dal Segretario Generale del Cgie Michele Schiavone, impossibilitato a intervenire personalmente. “Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero – si legge nel messaggio - è grato alla vostra Fondazione per l’impegno, le attenzioni, la cura ed in particolare per gli importanti studi di ricerca e statistici, con i quali segue le nostre comunità nel mondo. Da sempre sentiamo vicini l’opera, la voce autorevole e il soft power con i quali vi rivolgete al nostro Paese per far conoscere e rappresentare storie ed esperienze di vita vissute oltre confine”. “Ci impegniamo a coinvolgere nei nostri lavori – continua il messaggio - una delegazione di nostri rappresentanti che vi segnaleremo nei nostri prossimi incontri. (…) Ci farebbe enorme piacere continuare questa nostra viva collaborazione anche in altre forme ed in altri contesti”. “Vorrei semplicemente ricordare – ha poi affermato mons. Di Tora - che la storia è maestra di vita, e quindi chi non ha passato non ha futuro. Voler ricordare quello che è stato tutta una storia significa renderci conto, capire ciò che siamo oggi e tutto quello che è stato realizzato per portarci a questa situazione. Ma non semplicemente per guardare al passato ma per poter andare avanti. Sappiamo tutti quanto che il discorso delle migrazioni è un fatto problematico e epocale. È la cifra con la quale possiamo leggere la storia di oggi”. Per il direttore della Fondazione Migrantes è un qual cosa che cambierà la geopolitica mondiale, quindi ha ribadito “è nostro compito di pensare questa realtà delle migrazioni non più come un fenomeno emergenziale soprattutto nell’accoglienza e nell’integrazione, ma poterlo presentare come una realtà culturale. Qualche cosa che deve poter dare un’antropologia nuova. Un modo nuovo di vedere i rapporti sociali, non considerare unicamente la globalizzazione come un fenomeno delle merci monetario, ma portarlo ad una realtà dell’antropologia”. A seguire è stato letto il messaggio del Prefetto Mario Papa. Nel testo si fa riferimento alla “dignità dell’essere umano che si trova a viaggiare per necessità o per volontà, che deve sempre, sopra ogni cosa essere preservata e sostenuta. L’accoglienza fraterna riservata dalle comunità cristiane ai migranti rappresenta – continua il messaggio - esempio e stimolo affinché la società civile comprenda e valorizzi l’identità dei migranti, in un clima di pacifica convivenza e nel pieno rispetto dei diritti della persona”. E’ poi intervento l’autore del libro Simone Varisco che ha spiegato il perché della realizzazione dell’opera, in un anno e mezzo di lavoro, la scelta del titolo, dei colori e dell’immagine in copertina e la suddivisione in volumi che in totale raccolgono 920 pagine e 124 foto. Varisco si è soffermato sull’importanza delle fonti che raccontano la storia dell’UCEI, sul passaggio alla Fondazione Migrantes e sui papi che con i loro documenti hanno dato un apporto alla storia della pastorale. “I volumi – ricorda Varisco –non sono esclusivamente di storia, non è un amarcord”, in questo lavoro c’è “la volontà di individuare nel passato, nella storia elementi di stimoli con l’attualità”. Gli argomenti trattati: il primo volume, definito istituzionale, ripercorre le vicende storiche ed istituzionali, vi si trovano riferimenti a mons. Giovanni Battista Scalabrini e mons. Geremia Bonomelli, pionieri nell’assumersi la responsabilità sulla pastorale migratoria da parte dell’episcopato italiano attraverso l’UCEI, gli interventi pontifici di Paolo VI e Giovanni Paolo II, fino a giungere alle tematiche adottate in tema di migrazioni da Benedetto XVI e Papa Francesco. Nel secondo volume si parla di emigrazione italiana che ha caratterizzato diversi periodi della storia del nostro Paese, approfondendo l’importanza della pastorale migratoria. Si sottolineano gli aspetti umani del fenomeno nell’esperienza di sacerdoti, suore e laici, un apporto prezioso al fianco dei connazionali emigrati. Nel terzo volume si legge che l’attenzione pastorale della Chiesa verso i Rom e i Sinti rappresenta un percorso lungo, articolato e complesso, spesso fatto di incontri, di relazioni, di occasioni non programmabili, ma altrettanto ricche di fascino evangelico. Un percorso non privo di strappi e divergenze, ma comunque un cammino. Il volume ripercorre la storia della pastorale di Rom e Sinti attraverso l’esperienza dell’Opera per l’assistenza spirituale dei nomadi in Italia (OASNI) e della Fondazione Migrantes. Il quarto volume è dedicato ai Circensi, fieranti e lunaparkisti protagonisti dello spettacolo viaggiante in Italia e nel mondo. Il volume si sofferma sulle difficoltà che questo settore affronta e ripercorrere la storia della pastorale dei circhi e dello spettacolo viaggiante, dall’inizio con don Dino Torreggiani fino ad oggi con la Fondazione Migrantes. Il quinto volume è dedicato all’immigrazione straniera presente in Italia da oltre quarant’anni. Analizza i mutamenti intercorsi in quasi 50 anni nella pastorale della mobilità attraverso l’UCEI prima e poi la Fondazione Migrantes, particolare attenzione è prestata ai profughi, agli studenti stranieri, ai minori e alle donne. Un Paese che accoglie ma allo stesso tempo è tornato a essere fortemente proiettato verso la migrazione. A seguire l’intervento di monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes dal 2009 fino al 2017 quando è stato nominato vescovo della diocesi di Ferrara Comacchio. Il vescovo fa riferimento all’attenzione della Chiesa in Italia alla mobilità di oggi. Ha ricordato che sono 198 le diverse nazionalità presenti in Italia con cinque milioni di persone nelle comunità e città. Per il prelato “le migrazioni sono un segno dei tempi, non solo da leggere ma da scrutare, bisogna andare a fondo”. Ha poi ha ricordato le quattro passioni della Migrantes. La prima è quella per la conoscenza, a seguire la passione per l’accoglienza, poi la passione per l’accompagnamento e infine la passione per la dignità dei migranti. “L’impegno della Migrantes - ha detto riferendosi all’interesse per la conoscenza - è stato volto a far sì che l’azione pastorale della Chiesa fosse aggiornata sulle migrazioni e sulla mobilità umana”. Ciò è stato possibile anche “con la nascita di strumenti come il Dossier e il Rapporto ”. Ma oltre allo studio del fenomeno sociale, ha ricordato Perego, non è mancata “una ricerca di studio e un contributo importante per quanto riguarda le leggi” come la Foschi o la Bossi-Fini. Passando alla passione per l’accoglienza Perego ha spiegato che la “Migrantes ha aiutato la Chiesa ad avere un volto accogliente, avere una Chiesa in cammino per una santità ospitale”. C’è la necessità, ha detto, di “educare le comunità sul tema dell’incontro e di costruire un percorso di attenzione all’altro”. Passando alla terza passione, quella per l’accompagnamento, ha affermato “significa prendere per mano chi è in cammino, educando la comunità a non lasciare nessuno fuori dalla porta delle Chiese. Perché l’accompagnamento chiede alla Chiesa di stare in città, ma anche in periferia”. Sulla quarta passione, “l’impegno per salvaguardare la tutela della dignità della persona, della famiglia”, Perego ha ricordato l’impegno per i ricongiungimenti famigliari, aspetto per il quale ha precisato “l’Italia è al penultimo posto per i tempi, visto che ci vogliono 8 anni”. Il vescovo ha anche fatto riferimento al Concilio Vaticano II, alla costituzione pastorale Gaudium et spes. Argomento che ha trattato nella presentazione del volume. Scrive infatti “documento a me caro, segna un momento decisivo nella storia della Chiesa, così come nella cura pastorale dei migranti e degli itineranti. È significativo, infatti, che l’evento, per la prima volta realmente universale grazie alla partecipazione di vescovi provenienti da ogni continente, da realtà ecclesiali di antica evangelizzazione così come dalle giovani Chiese, abbia riletto con occhi nuovi anche il fenomeno della mobilità umana. Se ne delinea una Chiesa che cammina con gli uomini, pellegrinante, in grado di intessere una relazione nuova con il mondo, facendo sue le attese e le speranze anche della “moltissima gente, spinta per varie ragioni ad emigrare”. E’ poi intervenuto Monsignor Silvano Ridolfi che ha evidenziato come l’incarico di ripercorrere la storia della pastorale della mobilità in Italia attraverso l’UCEI prima e la Fondazione Migrantes poi, gli fu affidato nel 2016 durante la direzione generale di mons. Gian Carlo Perego. “Non poteva sfuggire, allora, - ha affermato Ridolfi - il singolare sopraggiungere di date e di appuntamenti storici”. Ridolfi ha inoltre ricordato gli oltre 50 anni passati dalla creazione dell’Ufficio centrale per l’emigrazione italiana e del suo Bollettino, uscito per la prima volta nel 1965, e poi i 40 anni dalla pubblicazione del primo numero, nel 1979, della rivista Migranti-press. Ricordata anche l’istituzione nel 1987 della Fondazione Migrantes e del Servizio Migranti, dal 1970. “eredi, questi ultimi – spiega Ridolfi - rispettivamente del primo organismo tecnico-esecutivo della Conferenza episcopale italiana in tema di pastorale migratoria, l’UCEI, e del suo principale organo di informazione”. “Come sempre accade – ha aggiunto Ridolfi - il tentativo di rinchiudere la storia umana entro parametri eccessivamente rigidi si è presto rivelato impossibile. La volontà di celebrare nel 2017 i 30 anni della Migrantes nazionale e i 50 anni di Servizio Migranti e del suo predecessore, infatti, si è scontrata con la necessità di comprendere in questa storia anche il biennio 1965-1966. Al contempo, la tentazione di stilare una cronaca che si dipanasse senza soluzione di continuità dal principio al presente ha dovuto fare i conti con la suddivisione (storica ed organizzativa, ma anche profondamente reale) dell’UCEI e della Fondazione Migrantes in diversi settori di competenza : emigrazione italiana all’estero, rom e sinti, circensi e migranti e spettacolo viaggiante, immigrazione estera in Italia e apostolato dell’aria e del mare”. Così nasce e matura l’dea di fare un cofanetto che potesse salvaguardare l’unitarietà della storia dell’Ucei e della Migrantes ma, continua, “che riflettesse anche la specificità di ogni settore della mobilità umana”. Mezzo secolo di storia e di pastorale che si dipanano dalle numerose e preziose fonti di archivio fino ad arrivare ai tweet di papa Bergoglio. Con il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Nunzio Galantino si è conclusa la presentazione. Alla domanda rivolta dal coordinatore don Giovanni De Robertis su cosa chiedere per oggi alla Chiesa difronte al tema della mobilità, monsignor Galantino ha risposto: “la situazione che oggi stiamo vivendo domanda una attenzione costante a tutto ciò che riguarda i flussi di mobilità che cambiano, attenzione a ciò che riguarda la mobilità in tema di popoli interessati, di percorsi sempre nuovi che si aprono”. “Certi politici – ha aggiunto Galatino - oggi ci hanno costretti a pensare alle migrazioni come ad un tema che riguarda il Mediterraneo. Ma non è così. E molte volte noi, nella nostra azione, ci siamo fatti condizionare da questo”. Ha poi fatto riferimento al Vangelo, “è la parola di Dio che ci apre all’accoglienza, non è questione di strategie, c’è bisogno anche di strategie, ma queste vengono dopo, dopo l’interiorizzazione della parola di Dio, degli appelli che ci vengono dalla Santa sede e dalla stragrande maggioranza dei vescovi. Prima ci dobbiamo sentire coinvolti”. Concludendo ha affernato “ la Migrantes ha un ruolo importante … quello che facciamo per i migranti lo facciamo perché siamo credenti”. (Nicoletta Di Benedetto - Inform)