La differenza si è vista subito. E che differenza!

Nel 2013 il Parlamento si insediò senza una maggioranza definita. Dopo il generoso tentativo di Bersani di dare un governo al Paese, naufragato nella pantomima in streaming del Movimento 5Stelle,

le forze maggiori raccolsero l’appello alla responsabilità del Presidente della Repubblica e avviarono il lavoro parlamentare, facendo nascere un governo che mise subito mano all’opera di risanamento e alle riforme. Una maggioranza di responsabili, per quanto politicamente eterogenea, ha retto all’urto del passaggio all’opposizione di alcuni gruppi parlamentari, come quello di Forza Italia, e ha consentito di compiere l’intera legislatura. Nonostante alcuni fattori d’emergenza, come l’intensificarsi dei flussi migratori e gli eventi sismici in Italia centrale. L’asse sul quale ha poggiato questo assetto è stato il partito di maggioranza relativa: il Partito Democratico. Cinque anni di lavoro: un lungo tratto di strada sul cammino del risanamento, la conversione dei parametri economici da negativi a positivi, oltre 900.000 occupati in più di cui la maggioranza a tempo indeterminato, numeri record nelle esportazioni e affermazione del made in Italy nel mondo, la svolta nelle politiche degli italiani all’estero, riforme di civiltà come le Unioni civili, il Dopo di noi, il Fine vita e numerose altre. Si è ricostruita, inoltre, l’immagine internazionale del Paese, riconosciuto, dopo anni imbarazzanti, come un partner dignitoso e affidabile. Oggi, di fronte a drammatiche necessità, come il lavoro ai giovani, il contrasto al disagio sociale, la costruzione di una governance a livello europeo dei flussi di immigrazione e lo spegnimento di focolai di guerra in aree di interesse strategico, i partiti premiati dagli elettori hanno consumato due mesi contendendosi la presidenza del consiglio e cercando di scegliere in campi altrui i partner preferenziali. Dopo aver paralizzato il Paese e congelato le attese, ora l’unico accordo che riescono a trovare è quello di precipitare gli italiani in nuove elezioni, senza rafforzare, per altro, i coefficienti di stabilità della legge elettorale. Chi, come gli italiani all’estero, guarda da lontano alla situazione italiana, con spirito di appartenenza ma senza faziosità, rabbia e partigianeria, ha già espresso con chiarezza, anche mediante il voto, il suo orientamento a favore di un paese stabile, rinnovato, con una classe dirigente competente e credibile, attivo e autorevole nelle relazioni internazionali. Non è un caso che il Partito Democratico sia stato riconosciuto dalla maggioranza degli elettori come il riferimento più coerente rispetto a questa idea di Paese. Gli italiani all’estero, anche in questo difficile passaggio sapranno essere un valore aggiunto, aiutando l’Italia. Essi sapranno giudicare questo tradimento degli interessi profondi del Paese e l’assurda pretesa di sacrificare una legislatura sull’altare degli interessi di alcuni partiti e delle ambizioni di leader improvvisati e irresponsabili. Gli eletti all’estero del PD: Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro