Quanti hanno attaccato le liste boccate volute dall’attuale legge elettorale in vigore, rischiano di avere fatto una guerra contro i mulini a vento, poiché sembra che i partiti italiani abbiano preso gusto ad espropriare l’elettore anche del diritto di scegliere il proprio rappresentante nelle istituzioni. Quanto tempo è passato dalla campagna elettorale imperniata sulle riforme e su quella elettorale in particolare, ritenuta ineludibile? Abbastanza per rimettere tutto in discussione, per capire alla fine, che tra una scusa e l’altra, tra una rottura e l’altra, questa riforma potrebbe essere stata bloccata ad arte e per motivi non certo nobili. Oggi l’Italia ha un parlamento che non è più quell’organo elettivo di cui parla la costituzione, ma è diventato un organo di nomina, o, se si vuole, di investitura divina, visto che la scelta di deputati e senatori viene fatta a tavolino ed ogni candidato occupa nella lista un post0, non più in ordine alfabetico o con capolista e poi ordine alfabetico, come usava una volta. No, oggi si entra in lista e si occupa un posto in ordine alla scelta delle segreterie dei partiti, che a monte scelgono chi deve essere eletto e chi non deve. Nessun ruolo ha l’elettore nella scelta del proprio rappresentante, poiché, bontà loro, ci hanno lasciato solo la possibilità di scegliere la lista da votare, al resto hanno pensato gli altri. D’altro canto, la possibilità di potere nominare a tavolino chi deve essere eletto, fa comodo a tutti, visto che le grandi tensioni interne che ci sono negli schieramenti politici rendono pressoché impossibile eleggere chi si vuole, se la parola torna all’elettore, il quale sarebbe in questo modo libero di scegliere. Solo all’estero è stata possibile questa libertà di scelta, quindi si può affermare, che gli unici parlamentari eletti veramente dagli elettori, sono i rappresentanti dell’emigrazione. Si, può essere che ci sia qualche cosa che non è andata per il verso giusto all’estero, è pure vero che quella legge va rivista e vanno presi alcuni accorgimenti, ma resta ancora la più democratica, se si vuole, visto che è la sola che consente ancora la preferenza e quindi permette all’elettore di contare. La cosa, voglio dire le liste bloccate, sono così piaciute, che oggi Berlusconi le vorrebbe adottare anche per le europee. Di riforma elettorale, quindi si parla, ma solo, per modificare la legge elettorale per le europee che ancora prevede la preferenza e quindi consente all’elettore di contare. Che fine ha fatto dunque la famosa riforma elettorale che sta all’origine di tutti i mali, che ha più di una volta richiesto l’intervento di Napoletano, che è stato il cavallo di battagli della recente campagna elettorale? Evidentemente oggi altre sono le priorità del Presidente del consiglio, occupato a liberarsi dei suoi processi, non si parla più di diminuire la povertà in Italia, non si parla più di una politica di riforme vera, non si parla più di diminuire le tasse. E’ rimasta solo l’abolizione dell’ICI, a carico del Meridione, i pesanti tagli all’emigrazione, il ridimensionamento della rete consolare, già inadeguata. Vogliamo sperare, che l’opposizione, il PD, non cada nella rete tesa da Berlusconi in materia di legge elettorale, approfittando pure per risolvere le tensioni interne che ci sono e che sarebbe sbagliato negare. Troppe sono le differenze di sensibilità presenti nel PD, tante che frenano anche la stessa azione di un partito di opposizione, che dovrebbe ripigliare i necessari contatti con il paese e con i suoi problemi, con i bisogni della gente, invece di discutere all’infinito, invece di cerare sempre e solo di mediare. Oggi occorre chiarezza nella politica, nelle posizioni, nelle scelte ed alla minaccia di Berlusconi che vuole presentare un disegno di legge per modificare la legge elettorale europea, introducendo le liste bloccate, il PD deve rispondere subito e con chiarezza di no e mettere in atto azioni concrete per sventare questo ennesimo attacco alla democrazia, che andrebbe ancora ad aggiungersi a misure che servono solo a mascherare una dittatura di fatto, ammantata di pseudo democrazia.