(di Agostino Spataro*) Il PROBLEMA- GHEDDAFI POTEVA ESSERE RISOLTO OTTO ANNI FA

L’esperienza irachena avrebbe dovuto insegnare che si parte dalla “no fly zone” per presto far degenerare l’intervento “umanitario” in una vera guerra combattuta per cielo, per mare e per terra, oltre i limiti imposti dall’Onu che in Libia è quello di impedire

alle forze di Gheddafi di usare la forza aerea per attaccare gli insorti. E’ questo il risultato di questi primi giorni dell’iniziativa militare congiunta della triade composta da Francia, Gran Bretagna e Usa che, con l’ausilio di alcuni altri Paesi, fra cui l’Italia, chissà cosa pensa di combinare in Libia. Catturare, uccidere Gheddafi, aiutare i suoi nemici a soppiantarlo o magari insediare un governo fantoccio fedele più agli interessi dei suoi sponsor che a quelli nazionali libici ? Vedremo. Intanto, osserviamo che, se la politica e la diplomazia avessero voluto, il problema- Gheddafi si sarebbe potuto risolvere già nel 2003, quando il dittatore ammise la responsabilità degli attentati a due aerei civili (Pan-Am e Uta) che provocarono la morte di diverse centinaia d’innocenti passeggeri. Per risolverla non ci sarebbe voluta una guerra, ma il deferimento del colonnello alla Corte internazionale di giustizia e, in caso di rifiuto del processo, adottare tutte le sanzioni conseguenti. Insomma, un processo severo e giusto e pubblico per rendere giustizia alle vittime e punire il/i responsabili, come impone la nostra civiltà giuridica. Invece, i capi dell' Occidente hanno dimenticato il bisogno di giustizia e, in questi 8 anni, si sono trastullati a scambiare effusioni amichevoli, perfino imbarazzanti, a realizzare affari d’oro col colonnello reo confesso. Ed ora rieccoli, sempre incollati al palcoscenico mediatico: ieri ad abbracciare Gheddafi oggi a bombardare un popolo per punire il suo aguzzino. I soliti quattro o cinque “volenterosi”, da Sarkoszy a Berlusconi, a Zapatero, da Obama a Cameron (in sostituzione rispettivamente: di Bush e di Blair) che pretendono d’interpretare e di rappresentare la volontà della comunità internazionale, dell’intera umanità. Per amore di verità, non possiamo sottacere che, in questi 8 anni, con Gheddafi hanno trattato, ad intervalli, anche esponenti del centro-sinistra italiano (da Prodi a D’Alema) i quali, tuttavia, non hanno concluso con lui accordi impegnativi.

ITALIA: MENO ENTUSIASMI E PIU’ AZIONI PER EVITARNE LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA Un pugno di superuomini “volenterosi” (quasi tutti col tacco rialzato) che hanno scatenato una guerra anomala, asimmetrica, forzando il limite del mandato sancito dalla risoluzione n. 1973 del consiglio di sicurezza dell’Onu. Gli attacchi aerei indiscriminati, eccessivi, devastanti stanno provocando terribili sofferenze alle popolazioni colpite e le dure reazioni persino dei vertici della Lega araba (oltre che della Lega nord di Bossi, si potrebbe aggiungere scherzosamente, ma non troppo). Con l’intervento delle loro micidiali macchine da guerra, che sui cieli di Libia non hanno rivali (i libici dispongono di vecchi “Mig” russi e di alcuni aerei, tecnologicamente inferiori, venduti a Gheddafi dalla Francia e compagnia briscola), i comandi dei “volenterosi” continuano a colpire, anche con centinaia di missili Cruise imbarcati su mezzi navali, obiettivi civili, impianti industriali e infrastrutture primarie che non c’entrano nulla con la “no fly zone”. Tutto ciò non può essere motivo d’orgoglio per le Autorità italiane, ma di preoccupazione visto che, per altro, il conflitto sta avvenendo con il coinvolgimento di mezzi e d’infrastrutture militari italiani e a poche centinaia di miglia dalla Sicilia e dalle altre regioni meridionali. Le nostre Autorità, invece di entusiasmarsi per i facili successi conseguiti, da altri, “per cielo, per mare e per terra”, dovrebbero ricordarsi che stiamo attaccando una ex colonia italiana, domata dalle armate di Mussolini e del generale Graziani mediante il ricorso all’uso dei gas ad iprite, agli eccidi più efferati e alle deportazioni. Dovrebbero preoccuparsi, codeste Autorità, dei possibili, devastanti effetti che l’escalation di questa guerra, ormai fuori del mandato Onu, potrebbe provocare all’Italia, alla Sicilia in particolare, in termini di sicurezza per le popolazioni e di salvaguardia dei nostri interessi nazionali, economici e politici.

I DUE MISSILI LIBICI GIUNSERO DAVVERO A LAMPEDUSA? Tutto va bene. Non c’è da preoccuparsi dell’eventuale rappresaglia libica o di atti di terrorismo imprevedibili. Francamente, questo ottimismo ci appare, a dir poco, fuori di luogo. A questo proposito due parole vanno spese sulla vicenda dei due missili che, nell’aprile del 1986, i libici avrebbero lanciato contro Lampedusa come reazione, inconsulta, al micidiale bombardamento Usa sopra Tripoli e Bendasi. Dobbiamo avere paura di una rappresaglia libica? I loro missili possono colpire la Sicilia, le altre regioni del Sud? Personalmente non ho una risposta. Prendiamo atto delle rassicurazioni delle Autorità. Quelle stesse Autorità che, però, hanno accreditato, senza idonei riscontri, l’impatto, nell’aprile del 1986, dei due missili libici sulla costa lampedusana o nelle sue immediate vicinanze. La gente, in Sicilia, si chiede: se i missili Scud arrivarono allora perché non potrebbero arrivare un quarto di secolo dopo, durante il quale la Libia avrebbe potuto acquistare nuovi sistemi missilistici, a più lunga gittata? Domanda più che pertinente alla quale dovrebbe rispondere il governo sulla base delle informative dei servizi di controspionaggio. A noi interessa rilevare talune incongruenze presenti nella vicenda del bombardamento statunitense, a cominciare dalla sua programmazione. Ricordo che, nel febbraio 1986, siamo stati ricevuti al Pentagono, quali membri di una delegazione parlamentare italiana, dal segretario di Stato alla difesa, Weinberger e dal capo degli stati maggiori amm. Crowe, ai quali posi precise domande in ordine al ventilato attacco alla Libia. Ovviamente, i nostri interlocutori smentirono categoricamente, giacché non potevano, certo, comunicare a noi la preparazione dell’operazione. L’attacco fu scatenato, a sorpresa, due mesi dopo. A 22 anni dai fatti, qualcuno ha ritenuto di svelare il segreto di un avviso preventivo di Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio, inviato a Gheddafi, tramite la rappresentanza diplomatica libica di Roma, per avvisarlo che fra il 14 e il 16 d’aprile (1986) ci sarebbe stato l’attacco aereo voluto da Reagan. Strano che il colonnello non abbia fatto tesoro di questa qualificata informazione e sia rimasto a dormire nella sua residenza abituale e subìto il micidiale bombardamento nel quale restò uccisa la figlioletta di tre anni. E ancora più strana appare la reazione di Gheddafi che, quasi per ringraziare il governo italiano della cortesia, fece scagliare due missili contro una città italiana. Ma sono davvero arrivati quei missili intorno a Lampedusa? Non lo sapremo mai con sicurezza, giacché nessuno li vide arrivare e le autorità militari non svolsero alcuna indagine per accertare la veridicità o meno di quell’evento. (continua/1)

* Agostino Spataro, giornalista e scrittore, direttore di “Informazioni dal Mediterraneo”( www.infomedi.it) già componente delle Commissioni Esteri e Difesa della Camera dei Deputati.