Nel contesto globale l’Italia di oggi, arricchita dalla presenza nelle istituzioni repubblicane dei 18 rappresentanti eletti all’estero, può contare sul contributo di diversi milioni di cittadini italiani e loro discendenti che vivono e lavorano in ogni parte del mondo. Una larga fetta di popolazione che, sia nel Partito, come in Parlamento e nel Paese,

deve trovare la giusta collocazione e le strutture adatte per partecipare realmente e attivamente alla vita politica, al processo di integrazione dei nuovi migranti in Italia e di internazionalizzazione del Paese all’estero. Occorre cambiare l’inadeguata e anacronistica percezione della presenza italiana nel mondo tra le istituzioni e nella politica nazionale. Bisogna farlo sul versante delle politiche di intervento verso le realtà di origine italiana nel mondo, che da tempo hanno subito una loro autonoma evoluzione sul piano dell’avanzata integrazione nei Paesi di residenza e con l’accresciuto numero di generazioni d’origine, che non hanno un legame diretto con l’Italia, ma con la quale vogliono comunque mantenere moderne forme di collegamento. Così come va affrontato concretamente e seriamente il fenomeno delle nuove mobilità. Il tutto in una visione progressista e complessa delle migrazioni come strumento dinamico delle relazioni globali e per una politica fondata sui valori della convivenza e della solidarietà verso gli immigrati in Italia, per il cui successo può essere determinante la preziosa esperienza partecipativa e democratica della collettività italiana in Europa e nel mondo. Vanno garantiti e rafforzati gli organismi istituzionali di rappresentanza delle comunità all’estero, ai quali va confermato il ruolo di interlocutori con le istituzioni locali. Le politiche dei soli tagli verso gli italiani all’estero adottate da questo Governo, prive di un progetto di riforma e valorizzazione delle nostre comunità, vanno nella direzione opposta a quella da noi auspicata. Esse colpiscono soprattutto le generazioni più giovani nate in loco e che cercano un legame con l’Italia, gli strati sociali più deboli e gli anziani che più hanno dato all’Italia in termini di sacrifici, rimesse economiche, tragedie sul lavoro e dignità internazionale e che oggi, per questi motivi, meriterebbero un welfare certo rinnovato e sostenibile economicamente, ma sicuramente rafforzato sul piano della protezione sociale. Maggiore attenzione, poi, meritano scuola e cultura all’estero; settori avviati all'azzeramento dai tagli in Finanziaria sui già modesti contributi per il triennio 2009-2011. Il mantenimento, la trasmissione, la promozione e diffusione di lingua e cultura nel mondo fanno perno in misura rilevantissima sulla presenza di italiani, di nascita e oriundi, nei confronti dei quali lo Stato ha praticamente rinunciato a una politica di recupero linguistico e culturale. In un periodo di grave crisi economica globale, poi, nel quale vengono meno migliaia di posti di lavoro e le imprese stentano a trovare spazi e aprirsi a nuovi mercati, il ruolo attivo degli italiani all’estero va rivisto anche sul piano economico, nel quale possono fare da battistrada all’Italia. Le nostre imprese, infatti, oggi fanno ancora fatica, per dimensione e capitali, ad affacciarsi ai mercati internazionali. Perché manca un terziario d’appoggio: istituti di credito, società di servizi che li prendano per mano e li accompagnino nei nuovi luoghi, nei quali c’è da capire come si avvia un’attività produttiva, quali sono i regimi fiscali, come si chiedono le autorizzazioni, come si trovano partner che abbiano una rete commerciale per possibili sinergie. Avere in ogni luogo, nei paesi stranieri ove si vuole aprire nuovi mercati, un italiano che da tempo fa l’imprenditore o che semplicemente conosce il funzionamento dei meccanismi commerciali o amministrativi, un Comites che rappresenta a livello istituzionale di base l’Italia e suoi cittadini, i rappresentanti di un rinnovato e riformato CGIE, sedi dell’ICE, delle Camere di commercio, di patronati e associazioni messi in rete tra loro e capaci di scambi di informazioni e database comuni, faciliterebbe l’inserimento delle imprese italiane e lo sviluppo del sistema Italia nel contesto internazionale in un’ottica di rinnovamento di tutto il Paese. Per tutto questo il Partito Democratico dovrà promuovere un serio e approfondito confronto, capace di coinvolgere forze che vanno anche oltre il Partito stesso. Dovrà prevedere luoghi e occasioni di studio, dialogo e confronto di idee. Sedi permanenti, interne, ma aperte, caratterizzate da pluralismo culturale e civile. Il Partito Democratico, infine, dovrà riprendere e sostenere l’azione di rinnovamento e rilancio dell’associazionismo all’estero, che rappresenta da sempre una ricchezza plurale in ambito sociale, economico, politico e culturale.