Al Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo

Signor Presidente, nella storia delle nazioni le ragioni e i torti non sono facili da stabilire, ma in Italia l'Unità coincide con la nascita di un Paese vagheggiato nei secoli come un sogno quasi impossibile da realizzare: da Dante e Machiavelli ai “patrioti” meridionali del 1799, da Foscolo e Manzoni a Mazzini e al nostro Michele Amari che la sostennero a oltranza.

Per essa ogni italiano fu cittadino e nei diritti della cittadinanza uguale politicamente e moralmente agli altri: l’estensione dei diritti politici, la conquista della democrazia poterono realizzarsi solo entro il quadro nazionale. E oggi non dobbiamo dimenticare che, pur con gli irrisolti problemi da tutti ben conosciuti, questa nostra Italia è fra le nazioni più importanti del pianeta e la Sicilia ne fa parte come segmento forte e attivo. Non disconosciamo affatto i giusti motivi di rivendicazione di una migliore considerazione della Sicilia e del Mezzogiorno nella gestione della vita italiana; ma, nonostante tutto, Sicilia e Mezzogiorno si sono trasformati in questo secolo e mezzo e, grazie all'Unità, hanno partecipato alle vicende europee e del mondo ben più che nella loro storia precedente. È vero, la Sicilia, signor Presidente, ha pagato un prezzo perché l'Italia nazione fosse unita dalle Alpi al mare. Un prezzo è stato pagato da tutto il Meridione e, in varia misura, anche dalle altre regioni: per decenni, anche grazie alla qualità del suo ceto politico e all’originalità dell’apporto culturale, il nuovo Stato crebbe e si affermò tra grandi difficoltà nel contesto europeo, con una forte identità che non fu solo frutto della tradizione. Poi venne il fascismo: e ci volle un miracolo perché un paese sconfitto operasse la propria rinascita politica ed economica. Ma adesso, mentre il prossimo federalismo minaccia di portare un pericoloso allentamento dei vincoli di solidarietà nazionale, e delle acquisite uguaglianza e cittadinanza, è il caso di chiedersi se l’origine dei presenti mali sia da ricercare nell’unificazione italiana; o non sia necessario riflettere seriamente anche sul ruolo degli stessi meridionali che nei centocinquant’anni hanno rivestito cariche di governo a livello locale e nazionale. Perché se continuiamo a scaricare su altri, italiani al pari di noi, responsabilità che sono nostre, non potremo uscire definitivamente dal sottosviluppo e dalla rassegnazione al declino cui saremmo destinati. Riteniamo perciò che il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia debba costituire, nelle attuali difficoltà del rapporto tra Regioni meridionali e Stato centrale, e nonostante le sue note convinzioni al riguardo, l’occasione per una seria e oggettiva riflessione su cosa abbiano effettivamente significato e l’ingresso e la presenza della Sicilia nello Stato unitario. Premesso quindi che il rapporto con la patria italiana è nodo fondamentale del nostro presente, che non può sottovalutarsi in nome di un'autonomia strumentalmente usata in maniera oppositiva, i sottoscritti storici e intellettuali che nella Sicilia operano o hanno operato e che comunque con la Sicilia mantengono un profondo legame intellettuale, culturale e affettivo, Le chiedono di promuovere nel centocinquantesimo anniversario dell'Unità d’Italia una riflessione sulle nostre radici e sulla nostra identità, attraverso manifestazioni e iniziative di studio organizzate dalla Regione da Lei presieduta in uno spirito costruttivo e non eversivo di un rapporto che resta fondamentale per quel tanto di modernizzazione che la nostra Isola ha realizzato negli ultimi centocinquant’anni.

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