La proposta presentata di recente dal Sottosegretario Mantica sulla chiusura dei consolati è un altro gravissimo attacco al sistema dei rapporti tra l’Italia e le nostre comunità all’estero, un ulteriore passo avanti, dopo i tagli e le ipotesi di “razionalizzazione” della rappresentanza, verso quella che si delinea ormai come una soluzione finale. Senza

un’analisi e un ragionamento complessivi, senza una precisa ipotesi di efficiente riorganizzazione dei servizi, senza un’accettabile valutazione dei costi e dei benefici di tali misure, l’unica ragione che sembra guidare il governo è quella del risparmio ad ogni costo. Ma, poi, quale risparmio? Qualcuno ha calcolato le spese di spostamento del personale a contratto e i disagi e i costi che i cittadini dovranno affrontare per usufruire in sedi distanti dei servizi indispensabili? Nell’elenco delle chiusure la perla è rappresentata da quelle riguardanti i consolati di Filadelfia e Detroit. Filadelfia è uno degli epicentri dell’immigrazione italiana in tutto il Nord America. L’area è stata storicamente, dopo quella di New York, il punto di maggiore concentrazione di italiani. Attualmente è ancora un’area densissima di presenza italiana motivata da ragioni economiche, professionali e di studio, come dimostrano l’intensa vita associativa che in essa si svolge e il fatto che per due volte consecutive è riuscita ad eleggere un proprio rappresentante nel Parlamento nazionale. Demenziale, poi, è l’indicazione di Detroit, dove sono in arrivo poco meno di duemila italiani, che si aggiungono a quelli già presenti, dopo la conclusione dell’accordo FIAT-Chrysler. Insomma, arrivano gli interessi italiani, le aziende italiane, gli specialisti italiani, i lavoratori italiani, le famiglie dei lavoratori italiani e lo Stato italiano chiude i battenti e se ne va. Ripetiamo: semplicemente demenziale. Per scongiurare danni irreversibili e, soprattutto, per non farci ridere dietro a livello internazionale, c’è una sola cosa da fare: ritirare la proposta di chiusura presentata dal Governo e ricominciare da capo a discutere del modo come rendere più efficiente la rete dei servizi per gli italiani all’estero, partendo dai bisogni e dai diritti e non dalle cifre fasulle degli uffici ministeriali.

On. Gino Bucchino / On. Amato Berardi