(di Rodolfo Ricci) Lo svolgimento e l'esito della plenaria di maggio del CGIE ha lasciato perplessi e attoniti diversi rappresentanti istituzionali e anche diverse (non tutte) agenzie di stampa, le quali ultime, secondo un costume in vigore da qualche tempo in Italia, hanno semplicemente evitato di fare informazione. Siccome alcune di esse forniscono servizi non propriamente agli italiani all'estero, ma al MAE e per ciò vengono pagate,

è probabile che abbiano dedotto che il servizio migliore loro richiesto era, in questo caso, appunto quello di non informare. Siccome per la prima volta nella storia del CGIE un Sottosegretario è stato platealmente sfiduciato quasi all'unanimità e fortissime critiche sono state fatte all'operato della Direzione Generale dell'Emigrazione del Ministero Affari Esteri, questa plenaria del CGIE va invece ricordata e costituisce un elemento di svolta di questo organismo dello Stato che rappresenta, lo si voglia o meno, le comunità italiane nel mondo. Al contrario di quanto frequentemente si legge, infatti, non sono i 18 parlamentari eletti nella circoscrizione estero a rappresentare nello specifico queste comunità, poichè, come ogni altro parlamentare in Italia, ciascuno dei 18 dell'estero, come le altre centinaia, rappresenta la nazione senza alcun vincolo di mandato. A rappresentare, se e quando gli riesce, i 4 milioni di italiani nel mondo, sono invece i Comites e il CGIE. Questa volta, si può dire che questa capacità di rappresentanza è stata espressa in modo chiaro, forte e inequivocabile. Al di là delle differenziate posizioni politiche dei singoli membri del CGIE, nei diversi documenti presentati dalle singole commissioni, come nella relazione del Segretario Elio Carozza e nella totalità degli interventi che si sono susseguiti, è emersa una unità di fondo del mondo dell'emigrazione italiana che ha reso pienamente visibile l'incongruità e l'ipocrisia di una politica che mentre taglia tutto il tagliabile delle scarse risorse destinate alle poche misure, pretende di presentarsi come innovativa e moderna. Il re è risultato così nudo, di una nudità quasi grottesca, che chiunque abbia provato a sostenerne la validità è caduto facilmente nel ridicolo: è accaduto a Mantica e a diversi altri esponenti parlamentari di maggioranza e di opposizione accomunati da una vasta incompetenza e arroganza. Il fatto che contro questi tentativi il CGIE abbia ritrovato una totale unità, fornisce una ulteriore conferma, stavolta con valenza politica, a quanto emerso già in occasione delle precedenti plenarie in cui il CGIE si è misurato con rigore sui mutamenti intervenuti nella composizione della nostra emigrazione, sui suoi nuovi fabbisogni, sui cambiamenti nell'insediamento e nell'integrazione nei paesi di residenza, sull'evoluzione delle sue forme organizzate, - associazionismo e giovani - sulla sua costitutiva interculturalità e quindi sui nuovi approcci richiesti dal livello istituzionale e di Governo per consentirne una migliore e ampia valorizzazione per l'oggi e per il futuro, a meno che non si voglia disperdere definitivamente ogni legame con questa significativa realtà inter-nazionale. E' importante capire che proprio questa interculturalità è emersa con forza nella plenaria di maggio 2009. Diversamente da quanto affermato in quegli stessi giorni dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi rispetto ad un'Italia "che non è e che non dovrà essere multiculturale", i componenti del CGIE hanno contrastato, dalle loro singole dislocazioni, una politica tutta italocentrica, che non riesce neanche a capire con chi ha a che fare, con chi sta parlando. Siano essi di destra o di sinistra, la grande maggioranza degli italiani all'estero (e i loro rappresentanti nel CGIE), hanno figli e nipoti meticci, plurilingue, come minimo biculturali. Un'attacco alla multiculturalità è un attacco a loro stessi oltre che ai quattro milioni di immmigrati presenti nel nostro paese. Siano essi di destra o di sinistra, adeguarsi alla politichetta nazionale e ai suoi argomenti obsoleti, con tutta la buona volontà, è ormai impossibile. Anche perchè grazie a Dio, il loro vissuto ed un'informazione non embedded, hanno consentito loro, in genere, di sviluppare una visione critica e non faziosa dei fatti italiani. Nelle conclusioni della sua relazione di apertura, Elio Carozza ha affermato che "è finito il centralismo democratico nazionale", quello che Zoratto, storico esponente della destra, ed altri anche di sinistra, definivano "romano" alcuni anni fa. Sta qui l'elemento di discrimine che si è affermato per sempre con questa plenaria. E' un elemento di autocoscienza della rappresentanza più alta del mondo dell'emigrazione che già presente, ma compresso per molti anni, ha trovato l'occasione di esprimersi in modo definitivo. L'arrivo nella Sala delle Conferenze internazionali del MAE, dell'anziano Tremaglia, ha sugellato questo semplice fatto: che egli abbia "preferito essere lì e non alla Camera" a votare un provvedimento (quello sulla cosiddetta sicurezza, ma in realtà contro gli immigrati) che ha definito "proprio di un Governo razzista", senza alcuna pietà e riconoscimento dei diritti di gente che vive oggi la drammaticità dell'esodo che noi abbiamo vissuto fino a ieri, la vergogna di minimizzare sulle migliaia di morti in mare, è qualcosa di grande rilievo e un contributo ad un'Italia più civile che viene dal mondo degli italiani "che vivono il mondo"; di ciò,come affermato da Narducci, dobbiamo essere grati al vecchio Tremaglia. In altri tempi, queste dichiarazioni e la discussione avvenuta nel CGIE poteva arrivare in qualche pagina dei giornali nazionali; oggi, purtroppo, no; neanche sulle agenzie specializzate... Questa "diversità" del CGIE, che ha raccolto la completa adesione anche della cosiddetta componente nazionale nominata dal Governo, dice che un tempo è terminato. E che questa diversità (che altri chiamava risorsa) è invece un problema per buona parte della classe politica italiana. Non solo della destra rappresentata da Mantica & C., ma anche di parte del centrosinistra. Certamente dell'Italia dei Valori, che abbisognerebbe, in questo settore, di un potente surplus di informazione e di formazione dei suoi parlamentari. Ciò che viene visto come problema è ancora una volta l'alterità della nostra emigrazione rispetto ai paradigmi nazionali, cosa non nuova, perchè si era già vista nelle precedenti legislature, ma non in questa dimensione e con questa chiarezza. Abolire il CGIE, ridurre i Comites, marginalizzare chi, nel Parlamento, recepisce e tenta di rappresentare questa specificità, è il compito che alcuni si sono dati. Per poi proseguire con la cassazione della circoscrizione estero. Anche se riuscissero ad eseguirlo, ne uscirebbero sconfitti. Sarebbe infatti una perdita colossale, un ennesimo e recidivo errore storico, privarsi delle parti transnazionali e multiculturali della nazione. Ridiventare autarchici. Razzisti. Ignoranti