IMMIGRAZIONE E FEDERALISMO EGOISTICO /2

Ma torniamo al Meridione dove al permanere di dinamiche così perverse si registra l’attivazione di alcune più virtuose che hanno favorito l’emancipazione economica di talune regioni. Tutto ciò è successo nel corso degli ultimi tre lustri (1992-2007), ovvero durante la lunga e confusa (e non conclusa) fase della transizione politica italiana,

apertasi con l’esplosione di “tangentopoli” (1992) che ha travolto il sistema politico della ”prima Repubblica” e capovolto i termini del tradizionale rapporto nord-sud. Nel senso che, anche grazie alle pressioni ricattatorie della Lega di Bossi, nell’agenda politica e di governo non figura più la “questione meridionale”, ma quella “settentrionale”, accompagnata dalla rivendicazione di un “federalismo fiscale” caricato di un significato punitivo verso il sud “sprecone”. Il progetto di riforma federalista, già varato dal governo Berlusconi, se attuato rischia di perpetuare, di acutizzare il divario fra nord e sud e quindi d’innescare una contrapposizione fra regioni ricche del centro nord e regioni meno sviluppate del sud che potrebbe disarticolare l’autorità dello Stato e l’unità della nazione. Si creerebbe, così, il clima perfetto per consentire alla Lega di far passare la sua idea costitutiva di secessione del nord, mai veramente abbandonata. Un progetto subdolo, disastroso per l’Italia e per l’Europa, che non si nutre soltanto dell’egoismo razzista di taluni gruppi improvvisamente arricchitisi, ma che fa leva su alcuni fenomeni sociali nuovi che stanno modificando il tradizionale rapporto fra nord e sud del Paese. Fra questi, grande importanza assume l’immigrazione extracomunitaria. L’afflusso, piuttosto recente, nelle regioni del centro-nord di milioni d’immigrati ha fatto venir meno uno dei presupposti del “patto scellerato” sul quale si è fondato, dall’Unità in poi (1860), il difficile equilibrio fra nord e sud. Com’è noto, quel “patto”, mai ufficialmente ammesso, assegnava al Sud una doppia funzione subalterna verso l’industria del nord: di fornitore di braccia e cervelli e di grande mercato di consumo. Oggi, il nord, giunto ad uno stadio di saturazione del suo sviluppo e in forte competizione con altre realtà industriali europee e mondiali, alle braccia meridionali preferisce quelle provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’America latina. Meglio se clandestine poiché costano meno e non hanno diritti da rivendicare. Tuttavia, il Nord non può fare a meno del Mezzogiorno che resta pur sempre un importante mercato (circa 20 milioni di consumatori) e luogo strategico di deposito, trasformazione e distribuzione di prodotti energetici. Soltanto in Sicilia si raffina il 40 % delle benzine, mentre sulle sue coste approdano due giganteschi metanodotti provenienti dall’Algeria e dalla Libia. Nei nuovi programmi, in corso di attuazione, è prevista, sempre in Sicilia, la realizzazione di due grandi impianti di ri- gassificazione e almeno di una centrale nucleare. Insomma, il sud sempre di più acquisterà un peso decisivo nella strategia di approvvigionamento energetico del Paese. (continua / 2)