ESISTE ANCORA LA QUESTIONE MERIDIONALE? /1

Non è una boutade, ma una domanda pertinente che sollecita una verifica della realtà attuale di questa grande area poco sviluppata che comprende 8 regioni, suddivise in 28 province, che rappresentano il 75% delle acque territoriali, il 41% della superficie e il 35% della popolazione italiane. Un territorio carico di storia e di cultura,

ma segnato da acute contraddizioni sociali ed economiche che parevano insanabili per via ordinaria. Tanto che, agli inizi degli anni ’50, la politica italiana decise di affidare il Sud alle cure di un ministero ad hoc istituito e agli interventi operativi speciali della Cassa per il Mezzogiorno (Casmez). Da allora ad oggi qualcosa è cambiato in meglio, tuttavia la questione meridionale resta come palla al piede dell’Italia. Se non altro perchè è rimasto immutato il divario col Nord. Recenti dati Istat ci dicono che l’apporto del Sud alla formazione del PIL italiano è stato nel 2007 del 23,8% mentre nel 1979 era del 24,0%. Addirittura una leggera flessione che segnala il permanere di una difficoltà di fondo che acuisce il disagio sociale e scoraggia gli investimenti italiani e soprattutto stranieri. Secondo l’ultimo rapporto Svimez, nel 2006, solo lo 0,66% degli investimenti diretti esteri sono stati allocati nel Sud mentre il 99,34% si é orientato verso il centro nord. All’interno del dato globale di segno negativo, si registrano significativi progressi a macchia di leopardo, concentrati specialmente nelle 4 regioni più piccole che stanno “fuoriuscendo” dal Mezzogiorno. La svolta riguarda Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna che, nel 2007, hanno fatto registrare un Pil pro-capite superiore alla media meridionale attestatasi su 17.552 euro. I fattori di tale performance sono molteplici: innovazione, prossimità con i mercati, efficienza dell’infrastrutture e dei servizi, ecc. Tuttavia, il fattore più influente, e unificante, sembra essere l’assenza del predominio mafioso sui loro territori. L’esatto contrario di quanto si verifica nelle rimanenti regioni Calabria, Sicilia, Campania e Puglia, tutte al di sotto della media del Pil, segnate da una soffocante presenza della criminalità organizzata (rispettivamente: Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita) che condiziona l’economia, l’amministrazione e, in una certa misura, la società civile. Un Mezzogiorno dentro il Mezzogiorno Una vistosa divaricazione interna che ha creato un mezzogiorno dentro il mezzogiorno. In Calabria, Sicilia e Campania non c’è un vero mercato, non c’è libera concorrenza, ma prevalgono forme di produzione e di accumulazione pre- moderne, basate sulla violenza e sull’illegalità, che consentono alle mafie di produrre un “fatturato” stimato (forse per difetto) in 130 miliardi di euro, corrispondente al 40% del Pil meridionale e al 10% di quello italiano. Un’incidenza davvero ragguardevole, ben oltre i limiti fisiologici tollerabili, maggiore di quella derivata dal fatturato di alcuni grandi gruppi industriali italiani. Un fiume di denaro che, oltre a sfuggire in gran parte al fisco, fa della criminalità uno dei soggetti principali dello scenario economico e finanziario del Paese, con articolazioni importanti in diversi Stati europei, dell’est e dell’ovest. A ben pensarci, senza questo 10% d’origine malavitoso forse l’Italia non potrebbe sedere nel club del G8. Molti, soprattutto all’estero, si chiedono: perchè lo Stato democratico, i diversi governi succedutisi non hanno mai intrapreso una lotta seria, definitiva contro le organizzazioni criminali? Il pensiero corre ai voti che le mafie convogliano sui partiti di governo. Ma il voto, da solo, non basta a spiegare un fenomeno così potente e radicato. In realtà, la motivazione principale credo stia in questi enormi flussi di capitali che, per vari canali, anche leciti, affluiscono nel sistema economico e nel circuito finanziario nazionale ed internazionale. Insomma, senza questo apporto, ormai consolidato, verrebbe a mancare un pilastro finanziario importante, difficilmente sostituibile con risorse lecite. (continua / 1)