CARACAS - "Io credo che questo Governo stia ripensando negativamente tutti gli aspetti che riguardano la vita degli italiani all’estero. Secondo me non si deduce altro, perché, a parte i tagli, c’è una noncuranza di tutte quelle che sono le proposte di riforma che riguardano la nostra realtà. C’è un disconoscimento, un calo di attenzione verso gli italiani all’estero.

Questi sono i fatti. Di questo risente ovviamente anche il Ministero degli Esteri, perché è l’organo che ha la responsabilità di guidare la politica verso gli italiani all’estero. In questo momento in cui il Governo non ha una grande considerazione delle nostre realtà". A dimostrare la sua disapprovazione per l’attuale situazione in cui versano le comunità italiane all’estero è l’onorevole Franco Narducci, in una intervista rilasciata a Maria Chiara Nicotra e pubblicata oggi dal quotidiano di Caracas La Voce d'Italia. "Dopo aver visitato Messico, Nicaragua e Guatemala la delegazione parlamentare della Commissione Esteri, composta dal suo presidente Stefano Stefani, dal vice-presidente Franco Narducci e dall’onorevole Micaela Biancofiore, ha visitato il nostro Paese", scrive Maria Chiara Nicotra, che ha incontrato Narducci "nell’elegante salone vip del Centro Italo-Venezolano di Caracas, dove sabato mattina si è tenuto l’incontro con la collettività". Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera e presidente dell’Unione Nazionale Associazioni d’Immigrazione ed Emigrazione, "l’onorevole Narducci è da sempre in prima linea per quanto riguarda le tematiche legate ad emigrazione ed immigrazione. E si dimostra realmente preoccupato per la situazione attuale. "I tagli sono stati pesantissimi, sicuramente sproporzionati alla manovra complessiva", ha commentato l’onorevole. "Perché è più facile colpire gli italiani all’estero e la cooperazione allo sviluppo che, invece, dovrebbero essere armi fondamentali della politica italiana. Credo che dobbiamo assolutamente valorizzare meglio la nostra proposta culturale nel mondo", ha aggiunto. La cultura, l'immigrazione, il futuro di Comites e Cgie e quello del Mae e degli italiani all'estero: questi i temi affrontati nel corso del colloquio, che riportiamo di seguito integralmente. "La cultura sepolta. Uno dei settori che sta risentendo maggiormente di questa crisi è proprio l’ambito culturale. Duole vedere il nostro patrimonio abbandonato a se stesso. Quella cultura che aveva fatto grande il nostro Paese sembra, oggi, un dettaglio non importante della politica italiana. Basti pensare che, attualmente, il nostro Istituto Italiano di Cultura è sprovvisto di direttore. E ancora non si sa quando questa situazione verrà sanata. "Tutti i Paesi che hanno un patrimonio culturale, come Spagna, Germania, Francia ed Inghilterra", sostiene, "accompagnano le loro strategie commerciali ed economiche con la promozione della loro lingua e della loro cultura. La Spagna è stato un esempio lampante di questa strategia. Il Cervantes ha un bilancio di 60 milioni di euro contro gli Istituiti Italiani di Cultura che hanno un bilancio di 23 milioni di euro che sono stati ulteriormente tagliati", afferma Narducci. "Si dice "dovete trovarvi le risorse", ma oggi in un momento di crisi è molto difficile trovarle. Allora vuol dire che non si ha accortezza del fatto che la nostra cultura è un capitale e bisogna giocarselo anche riformando. Io ho proposto una riforma di legge degli Istituti Italiani di Cultura, perché è evidente che anche lì ci sono delle cose che non vanno bene. Nella mia proposta di legge introduco "l’alto rappresentante della cultura italiana all’estero" e ne porto addirittura il numero a 20. Ma non sono super stipendiati, sono persone dell’alta cultura italiana di riferimento per una determinata strategia. Se con il governo Prodi avevamo avuto un aumento delle risorse di attenzione, devo dire anche grazie al fatto che al Senato gli eletti all’estero contavano numericamente, oggi la situazione non è uguale. Noi abbiamo avuto diversi incontri con Prodi, mentre non mi risulta che i parlamentari eletti all’estero oggi li abbiano avuti con il loro presidente del Consiglio. Queste sono situazioni che, anche tralasciando le appartenenze politiche, dobbiamo superare, per il bene dell’Italia e degli italiani all’estero". Immigrazione come opportunità. Le comunità italiane all’estero sanno perfettamente cosa vuol dire lasciare la propria terra per cercar fortuna in un Paese lontano. Conoscono sulla propria pelle cosa vuol dire essere discriminato per il solo fatto di essere straniero, di avere una formazione culturale diversa. Ed è per questo che la politica attuale sull’immigrazione in Italia viene vista come inaccettabile. Il controllo sull’immigrazione è una realtà attiva in molti Paesi. Un giovane italiano che volesse andare a studiare o lavorare in Australia, ad esempio, deve fornire documentazioni dettagliate per poter avere un permesso di soggiorno. Deve dimostrare, quali sono i suoi precedenti e le sue aspettive nel Paese ospite. In Italia, benché esistano leggi che regolarizzano l’accesso al nostro Paese, si cade nell’illegalità anche a causa della realtà geografica, che rende difficile il monitoraggio degli accessi. "Sull’immigrazione in Italia si sta giocando una partita vergognosa. Ho vissuto sulla mia pelle le discriminazioni", racconta preoccupato l’onorevole del Pd, che risiede da tempo in Svizzera, "e non posso assolutamente tollerare questa situazione. Per combattere gli aspetti criminogeni dell’immigrazione, si deve fare qualcosa di più per governare il processo. Cosa significa questo? In Italia, attualmente, a differenza degli altri Paesi, non abbiamo nessun criterio di valutazione dei flussi migratori regolari che vengono nel nostro Paese. È quindi facile anche esporsi al fatto che arrivino delle persone che non abbiano una fedina penale pulita. La nostra proposta di legge, di Bobba primo firmatario, di Pezzotta, Damniano e mia, è rivolta a dare la possibilità agli immigrati di avere un permesso per venire in Italia a cercare il lavoro. Quindi di presentarsi, di guardarci negli occhi e di studiare la documentazione per agire di conseguenza. Bisogna presentare anche delle garanzie, perché chi chiede il permesso di venire in Italia deve anche potersi mantenere economicamente. Questo significherebbe uscire dalla cultura dell’emergenza, che regna in Italia, e fare una politica programmatica e di governo per l’immigrazione. Perché sull’immigrazione noi rischiamo veramente non solo di perdere la faccia, ma di far scoppiare delle tensioni altissime nel nostro Paese. Le ronde, al di là di quello che potranno fare o non fare, evocano tristi esperienze realizzate da altre parti. Non possiamo andare in giro dando l’idea di un Italia razzista e xenofoba". Comites e Cgie: un punto di svolta. "I Comites sono assolutamente un organo utile", specifica subito l’onorevole Narducci, "ma devono essere più progettuali, più innovativi. Hanno anche bisogno di elevare il tasso culturale. Ecco perché c’è grande necessità di giovani nel Comites. Ma non bisogna strumentalizzarli, bisogna lasciarli fare ed avere delle idee chiare. Poi devono avere anche qualche potere in più. La legge attuale non è stata applicata perché per esempio le personalità diplomatiche dovevano accreditare presso le autorità locali i membri eletti dal Comites. Questo non è stato fatto ovunque. Per quanto riguarda il Cgie è evidente che c’è bisogno di una riforma. Ma è un anello di congiunzione fondamentale tra il Comites e noi. Siamo 18 eletti all’estero e nel parlamento ci sono forze del governo che cercano di ridurre il nostro ruolo a pura rappresentanza legislativa. Da questo punto di vista il Cgie è un organo molto importante. Però credo che vi sia una stanchezza, una sfiducia di fondo, dovuta al fatto che le riforme di cui abbiamo bisogno non vanno avanti". Un futuro incerto. "Come faremo nel 2010 e come sopravviveremo nel 2011?", chiede con grande preoccupazione l’onorevole. "Nel 2010 la manovra economica, non la legge finanziaria, prevede il taglio più pesante proprio al Ministero degli Affari Esteri. Si tratta di 340 milioni di euro, una decurtazione ben più grande di quella del 2009. In questo quadro la finanziaria 2010, per quanto riguarda gli italiani eletti all’estero, che direzione prenderà? Visto il precedente c’è da essere poco ottimisti", conclude l’onorevole che guarda preoccupato l’orologio. Non c’è più tempo. Alla Camera di Commercio lo attendono per esporgli le preoccupazioni degli imprenditori. E non sono poche". (fonte aise)