Crescono di oltre 43.000 unità i residenti stranieri: romeni, filippini, polacchi, albanesi e peruviani gli immigrati più numerosi Una nuova occasione per riflettere sul fenomeno migratorio in Italia è stata offerta stamani dalla presentazione, presso l’Auditorium di via Rieti, del V Rapporto dell’Osservatorio romano sulle migrazioni, promosso dalla Caritas diocesana in collaborazione con la Provincia e la Camera di commercio di Roma.

Un’ analisi che si pone come obiettivo una più pacata valutazione dei fatti, al di là di un clima politico e sociale sempre più esacerbato al riguardo. “Per vincere l’atmosfera di indesiderabilità nei confronti dei cittadini stranieri – ha detto Franco Pittau, coordinatore del Dossier statistico immigrazione della Caritas/Migrantes – vi mostriamo oggi l’altra faccia dell’immigrazione: le virtualità positive che la stragrande maggioranza di coloro che provengono dall’estero, silenziosamente, contribuisce a tessere, incrementando la ricchezza e il benessere del nostro Paese”. “Non dobbiamo tradire la nostra storia di Paese che in un secolo e mezzo ha contato oltre 28 milioni di emigrati in tutto il mondo – ha ammonito Pittau – creando sentimenti di preoccupazione, paura e sconforto tra gli immigrati che provano un affetto nei nostri confronti, troppe volte non ricambiato”. Roma e la sua provincia si confermano tra i principali poli di attrazione dell’immigrazione in Italia, stando al quadro delle cifre fornito da una dei caporedattori del Rapporto, Ginevra Demaio. Qui i residenti stranieri sono 321.887 al 1° gennaio 2008, secondo i dati Istat (una quantità che l’Osservatorio, includendo i residenti che non hanno permesso di soggiorno, valuta intorno alle 400.000 unità), 43.347 in più dell’anno precedente. L’incremento nel comune di Roma si attesta al 9,5% in un anno, mentre 15,6 è la percentuale di incremento dei residenti stranieri nella provincia. I minori incidono per il 20% sulle presenze registrate (63.539 in tutta la provincia); 45.524 sono i minori nati in Italia da genitori stranieri, una seconda generazione che dal punto di vista giuridico, al pari dei loro genitori, non viene considerata di cittadinanza italiana (il 73,4% di essi risiede a Roma). Seguono la capitale, per presenza numerica di popolazione immigrata, i comuni di Guidonia Montecelio, Fiumicino, Ladispoli, Pomezia, Tivoli e Anzio. Sono località che spesso registrano una percentuale di residenti stranieri sulla popolazione più alta della media nazionale (5,8%): la provincia di Roma ha una percentuale del 7,9%; la città del 9%; Ladispoli, per esempio, arriva anche al 14,9%. L’Osservatorio stima che nel 2050 la percentuale della popolazione straniera a Roma potrebbe arrivare al 18% sul totale e aggirarsi intorno a 1.200.000 unità. Nel 2007 sono stati 38.000 coloro che sono divenuti cittadini italiani; di essi, 2.210 risiedono nella provincia di Roma e 1.578 in città. Si calcolano inoltre 45.800 alunni stranieri nelle scuole della provincia, mentre gli studenti iscritti nelle tre università statali sono 7.252 e altrettanti si stimano quelli inseriti nelle strutture pontificie. Oltre 13.000 è il numero degli iscritti ai corsi di italiano per stranieri dal giugno 2007 al giugno 2008. La provincia conta inoltre 200.000 lavoratori stranieri (il 12% degli occupati), 100.000 nella capitale. Il tasso di occupazione dei cittadini stranieri è anche più alto di quello degli italiani (di 12 punti percentuali). 6 su 10 lavoratori stranieri svolgono mansioni scarsamente qualificate; 6 su 10 sono in possesso di un diploma; 2 su 10 una laurea; 1 su 10 lavoratori immigrati svolge però un lavoro altamente qualificato nella provincia di Roma – percentuale più alta rispetto al dato nazionale. Gli infortuni sul lavoro penalizzano fortemente questi immigrati: nel 2004 erano 3 al giorno; nel 2007 sono cresciuti ad 8 al giorno. Sulle 3.000 denuncie relative ad infortuni sul lavoro in provincia un quarto coinvolge cittadini romeni. 15.000, infine, sono gli imprenditori stranieri qui attivi (12.000 a Roma città). Si conferma così la vocazione al lavoro della presenza immigrata nel nostro Paese e anche il contributo che attraverso ad esso arriva ai Paesi di origine (le rimesse sono stimate per un totale di 1,5 miliardi di euro nel 2007). Proprio in base a queste cifre, Lorenzo Tagliavanti, presidente della Camera di commercio di Roma, ha rilevato nel suo intervento quanto l’immigrazione costituisca un tassello indispensabile alla crescita economica del nostro Paese. “Considerando che i cittadini della fascia d’età tra i 20 e i 40 sono sempre meno numerosi e coloro che superano i 75 anni invece sono sempre di più, l’economia italiana sarebbe condannata al declino se non ci fosse l’immigrazione – ha detto Tagliavanti. – Essa produce il 10% del nostro Pil e la possibilità stessa di un futuro per la grande tradizione artigianale italiana passa attraverso la valorizzazione che sapremo fare del contributo e dell’impegno dei lavoratori immigrati che oggi apprendono spesso i lavori manuali, portano nuova linfa e creatività alla nostra economia”. Mentre Clara Vaccaro, vice capo gabinetto presso la Prefettura di Roma ha espresso il suo apprezzamento per l’apporto in termini di conoscenza che il Rapporto fornisce, “primo passo verso la gestione consapevole dei flussi migratori”, mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas, ha sottolineato che è proprio attraverso il dato scientifico che l’immigrazione si manifesta quale specchio dei problemi strutturali già presenti in un contesto sociale, piuttosto che portatrice di problematiche. “Le classi disagiate non devono essere considerate un peso – ha detto. Di Tora – o un pericolo da cui difendersi. Piuttosto la riflessione deve volgersi a cosa possiamo fare affinché il futuro sia per tutti migliore. Condividiamo quindi l’impegno per il rispetto delle regole e per la sicurezza, ma ciò non vuol dire escludere o isolare l’immigrato che progetta qui una nuova vita nel rispetto delle nostre stesse leggi”. Per il Comune di Roma è intervenuta l’assessore alle politiche sociali Sveva Belviso, che ha chiesto ai rappresentanti delle associazioni di volontariato presenti di farsi portavoce presso le comunità di immigrati con cui sono quotidianamente a contatto per dichiarare “la disponibilità dell’amministrazione locale al dialogo. Tutti i cittadini – ha puntualizzato – devono potersi sentire rappresentati dall’amministrazione e questo non può avvenire se non c’è disponibilità al confronto, alla collaborazione e al dialogo da entrambe le parti”. Per la Provincia, l’assessore Claudio Cecchini (politiche sociali e famiglia) ha rilevato come l’amministrazione non debba essere considerata come semplice distributrice di risorse: “i progetti finanziati sono quelli condivisi, in base ai valori che ne stanno alla base. La mia preoccupazione è che, in questa logica, la politica alimenti un clima che non facilita il nostro lavoro, lanciando messaggi inadeguati al compito che è chiamata a svolgere”. In proposito l’assessore ha stigmatizzato la norma adottata nel pacchetto sicurezza che elimina il divieto per i medici di segnalare gli immigrati clandestini che si rivolgono alle strutture ospedaliere, augurandosi la sua revisione nel corso dell’iter parlamentare. “Gli enti locali non devono considerarsi rappresentanti – ha poi affermato Cecchini – ma piuttosto interlocutori degli immigrati, che sanno rappresentarsi da sé”. Contro la norma contenuta nel pacchetto sicurezza ha insistito anche l’intervento di Foad Aodi, presidente dell’Associazione dei medici di origine straniera in Italia, che registra il crescere di un clima preoccupante nei confronti degli immigrati nel Paese. “E’ indispensabile lanciare una campagna di informazione che contrasti il timore di rivolgersi alle strutture sanitarie – ha detto Aodi – che già ad oggi registrano il 30% di affluenza in meno di cittadini stranieri”. Teodoro Ndjock Ngana, del Forum dell’intercultura della Caritas, ha espresso disappunto per l’assenza delle istituzioni all’ascolto delle istanze degli immigrati, evidenziando l’attesa paradossale che oggi riguarda il rinnovo dei permessi di soggiorno: “che invece di giungere dopo 20 giorni – ha detto – sono pronti mediamente dopo 20 mesi”. Ngana ha insistito infine sulle necessità che gli enti pubblici investano nelle scuole “che per prime devono formare degli essersi umani incapaci di crimini come quelli a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi; primo fra tutti, il dar fuoco ad un altro essere umano”. (Viviana Pansa – Inform)