Sulle intercettazioni è in corso da alcuni giorni una polemica molto bizzarra. Il premier Berlusconi e la sua maggioranza stanno palesemente agendo per confondere le acque, sparando numeri grossolani (350.000 intercettati in Italia) e costruendo presunti “nemici pubblici” (l’agente Genchi). In realtà lo scopo del governo è di produrre una contro-riforma che proibisca l’uso dello strumento delle intercettazioni per le indagini giudiziarie.

Lo dimostrano le parole dello stesso Berlusconi quando afferma candidamente di non volere fermare le intercettazioni, ma di circoscriverle “ai casi di reato già provato, per aumentare le prove a carico”. In pratica le intercettazioni non potranno più essere utilizzate per accertare un reato, ma solo per incrementare le accuse a carico dell’imputato. Il Partito Democratico ha presentato un ddl che include tutti i gravi reati per i quali il ddl del ministro Alfano non prevede l'uso di intercettazioni: sequestro di persona, violenza sessuale e atti sessuali con minorenni, prostituzione, rapina, estorsione, truffa ai danni dello Stato, circonvenzione di incapaci, usura, ricettazione, traffico illecito di rifiuti, associazione per delinquere, adulterazione contraffazione e commercio di sostanze alimentari, incendio e incendio boschivo, bancarotta fraudolenta. Il ministro, poi, vuole impedire del tutto la pubblicazione dei testi delle intercettazioni. Il PD ha proposto invece che quelle irrilevanti vengano distrutte, eliminando all’origine la materia del contendere, e che tutte possano essere pubblicate solo dopo le indagini preliminari. Inoltre, il governo vuole limitarne l’uso fino a un massimo di 45 giorni. Che un limite debba esserci, siamo tutti concordi. Ma se fosse così basso condannerebbe le intercettazioni all’inutilità. È bene ricordare che se fosse stata in vigore la riforma del centro-destra un criminale come Bernardo Provenzano sarebbe ancora latitante. On. Marco FEDI Segretario III Commissione Affari Esteri e Comunitari