(di Andrea Amaro*) La gravissima crisi mondiale si traduce in una recessione economica, che si preannuncia non breve, e determina una crescita drammatica della disoccupazione e la riduzione del reddito dei lavoratori e dei pensionati, aggravato anche dal taglio, in tanti paesi compreso il nostro, delle politiche pubbliche di sostegno dei redditi.

Tutto ciò produce un crescente allarme sociale e la mobilitazione delle organizzazioni sindacali come è dimostrato dalle iniziative di sciopero nazionale già realizzate in Grecia e Francia e preannunciate in Gran Bretagna , in occasione del prossimo vertice dei G20 che si terrà a Londra, ed in Italia dove la Cgil ha promosso una campagna di mobilitazione che, passando attraverso gli scioperi di categoria e territoriali ( i metalmeccanici e la funzione pubblica hanno già dichiarato sciopero nazionale per il 13 p.v.) , si concluderà il 4 Aprile con una manifestazione nazionale a Roma. In questo quadro di tensione si collocano anche le reazioni di quei lavoratori , come nel nord della Gran Bretagna, che si sentono minacciati dalla crisi e dalle politiche governative a sostegno delle banche e delle imprese, senza una parallela attenzione ai bisogni delle loro prioritarie esigenze di difendere reddito ed occupazione. Come avvenuto tante volte nel passato le tensioni si scaricano contro altri lavoratori, individuati a torto come coloro che sottraggono posti di lavoro e risorse ai cittadini dei paesi dove sono chiamati ad operare. Ai lavoratori italiani impegnati nel Lincolnshire messi a torto sotto accusa per essere stati chiamati alla ristrutturazione di una impresa britannica nel quadro di un appalto vinto dalla loro impresa, va tutta la nostra solidarietà. Alla stessa maniera siamo solidali con tutti i lavoratori immigrati in Europa, spesso vittime di ondate di sciovinismo e di paura orchestrate da Governi che cercano alibi per le loro politiche antipopolari e soffiano irresponsabilmente sul fuoco, trasformando il problema delle immigrazioni in un problema di sicurezza. In questo si distingue il Governo italiano e la maggioranza che lo sostiene, malgrado gli appelli delle alte cariche istituzionali. La risposta ad una crisi che è mondiale e di sistema può essere soltanto una nuova politica economica e sociale che , rifiutando le scelte protezionistiche, ricerchi le condizioni di un diverso ed equilibrato modello di sviluppo e di divisione internazionale del lavoro capace di rilanciare le attività economiche e produttive e voltare pagina rispetto alla globalizzazione neoliberista che ha prodotto il fallimento e le ingiustizie che abbiamo drammaticamente di fronte. I milioni di lavoratori italiani nel mondo che vivono nei paesi di accoglienza e rappresentano una risorsa importante, debbono essere difesi non a chiacchere ma coordinando una politica comune a livello mondiale capace di realizzare le condizioni di una ripresa economica fondata non solo sul profitto di pochi ma sulla necessità di migliorare la capacità di produrre ricchezza e reddito per tutti. In particolare l’Unione Europea corre il rischio di una grave crisi della sua coesione e delle sue istituzioni, di fronte al riemergere di divisioni e contraddizioni fra gli stati una risposta vincente può essere soltanto una politica di nuovi investimenti e di ripresa economica comune accompagnata dal miglioramento di un sistema di welfare capace di difendere effettivamente le condizioni materiali dei cittadini e dei lavoratori che stanno oggi pagando un prezzo pesante ed inaccettabile. * Vice segretario generale del CGIE