(di Andrea Geremicca e Gianni Pittella -nella foto- ) - Il successo che ha registrato il “decalogo” da noi proposto per la rigenerazione della politica e il suo rilancio soprattutto nel Mezzogiorno è andato oltre ogni aspettativa. Senza la pretesa di indicare certezze, ma col desiderio di promuovere il confronto su qualche idea e qualche ipotesi di lavoro, il nostro intervento solo attraverso la piattaforma digitale di facebook

 in pochi giorni ha riscosso più di mille adesioni e numerosi commenti che hanno ulteriormente allargato lo spettro della discussione e delle proposte. Se ne sono occupati giornali, riviste, siti telematici. Da ultimo il "Sussidiario" ha lanciato un dibattito online a cui stanno contribuendo in tanti, tra cui Linda Lanzillotta a Alfonso Ruffo. Proprio da quest'ultimo viene una lucida, incisiva provocazione: chi deve mettersi all'opera per realizzare queste idee? Insomma il tema del "manico" o se si vuole essere più eleganti, della classe dirigente. Condividiamo l'affermazione di Ruffo: le mani degli incapaci non potranno edificare nient'altro che illusioni. E dunque, come selezionare una classe dirigente all'altezza? Dal nostro punto di osservazione, tre suggerimenti e una considerazione finale. 1) Il profilo. Non è solo questione di età. Benissimo, ovviamente, che vi sia una dose robusta di giovani e donne. Lo ha anche ricordato il Presidente Napolitano nel suo recentissimo incontro in Calabria col mondo dell'Università. Il problema è che siano posti al primo punto, negli interessi di tutti e col contributo di tutti, competenze, qualità, passione autentica, onestà, totale disponibilità a donare alla politica, alla polis, cioè alla propria comunità, una parte significativa del proprio tempo. La politica come missione, come servizio civile e sociale, non come perseguimento di interessi personali, di parte, di ceto e di ‘casta’. C’è il rischio di apparire astratti e velleitari a pensarla così? Forse. Tuttavia, fortunatamente, tanti la pensano così. A tutti i cittadini, e ai giovani anzitutto, noi diciamo: se “questa” politica non vi piace, se volete cambiare il modo di fare politica, fate politica! Fatela, attivamente. Non lasciate che siano altri a farla, senza o contro di voi. I ruoli non si chiedono, si conquistano. Con autonomia, impegno e fatica. 2) Chi sceglie e come si sceglie. I partiti devono tornare ad essere una fucina di risorse umane oltre che di idee. Non ci scandalizza il ritorno alle nobili e rigorose scuole di un tempo. Ma tocca anche a fondazioni, associazioni, centri studi, mondo del volontariato, movimenti giovanili, formare personale politico eccellente. Come si sceglie. Rifiutando con fermezza il metodo della cooptazione che in questi anni ha fatto il paio con le liste elettorali bloccate, incanalando la democrazia italiana verso una deriva plebiscitaria, dove pochi decidono e molti sono chiamati a ratificare. Ogni sistema che restituisca il diritto sacrosanto al cittadino di scegliere i propri rappresentanti va favorito e sostenuto. Per evitare la consunzione della partecipazione, la separazione degli eletti dagli elettori, l'attenuazione dei controlli che è tra le cause della degenerazione e del prevalere di un ceto mediocre e autoreferenziale. 3) La valutazione ex ante, in itinere, ed ex post, sulle cose fatte o non fatte e sui risultati conseguiti o mancati, è essenziale. Riprendiamo una buona prassi europea: le primarie per valutare ex ante il profilo e i requisiti dei candidati, un filtro rigoroso sul profilo etico degli stessi (il codice etico che si è dato il PD è uno strumento importante), l'obbligo di rendicontare permanentemente sull’attività svolta (anagrafe degli eletti, utilizzo di strumenti telematici per dialogare ogni giorno con i cittadini, rendiconti dei problemi affrontati, dei risultati conseguiti, delle difficoltà incontrate, presenza fisica sui territori), la sanzione della non ricandidatura, o il sostegno e la riconferma, come esito della valutazione ex post.Nel Mezzogiorno serve come il pane un nuovo spirito pubblico. Serve ripristinare onestà, trasparenza e rigore perché la politica torni ad essere fattore essenziale di sviluppo. Ma non basta. Servono persone perbene (pre-condizione di tutto) e al tempo stesso capaci, competenti, efficienti. In grado di trasformare le idee in azioni, le proposte in leggi, programmi, iniziative concrete.Non è acile, lo sappiamo, ma la sfida è questa.